Atletica paralimpica, argento per Monica Contrafatto ai Mondiali di Dubai

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Non era in condizioni perfette, aveva un problema al piede, ma ha dato il massimo. Ha sfoderato grinta, determinazione, fame di vittoria e ha vinto un bellissimo argento ai Mondiali Paralimpici che si stanno svolgendo, in questi giorni, a Dubai, negli Emirati Arabi.

Monica Contrafatto è vicecampionessa iridata nei 100 metri, la seconda donna più veloce al mondo nella sua categoria 100 T63. In pochi anni, questa donna di sport, che ha saputo riprogrammare la sua vita, è diventata una campionessa fortissima, capace di portare l’Italia, il suo Paese sul podio.

7c4ad71c-f03c-40fe-ae78-7b892b9152b5Sono partita sulla pista scattando in avanti. Ricordo le grida di incitamento della mia allenatrice Nadia, l’aria sulla faccia, l’aria tra i capelli. La corsia rossa e le tribune scorrere velocissime sotto e accanto a me. Ogni muscolo del mio corpo era contratto: sentivo le gambe forti, gli addominali potenti, le braccia solide. Era faticosissimo, entusiasmante, era vero: stavo correndo. Come un bersagliere. Mi sentivo di nuovo me stessa. Imbattibile, un supereroe che non ha paura di niente” si legge nel suo libro “Non sai quanto sei forte”, edizioni Mondadori.

Era la fine del 2013. È la prima volta che Monica Contrafatto corre sulla pista di atletica, niente la può fermare. È l’inizio di un’alba elettrizzante e meravigliosa. Un nuovo capitolo della sua vita.

Siciliana di Gela. Determinata, tenace, appassionata. Atleta paralimpica e donna dell’Esercito Italiano, da Caporal Maggiore dei Bersaglieri è diventata velocista: «Ho dato per scontato che sarei stata una soldatessa operativa per sempre. Poi c’è stato l’attacco e mi sono dovuta reinventare il futuro. Non so io ad aver scelto l’atletica, è stata lei a scegliere me». È lo sport che l’ha aiutata a rinascere.

24 marzo 2012.
È il giorno in cui un assalto a colpi di mortaio alla base italiana in Afghanistan, presidiata dal Primo Reggimento Bersaglieri, causa un morto e cinque feriti tra i militari del nostro Paese.

«Era la seconda volta che mi recavo in una terra che, nonostante tutto, avrà per sempre una parte del mio cuore. Per me andare in missione di pace significava aiutare con i colori della mia Patria popolazioni che avevano bisogno di aiuto. Sono stata addestrata a intercettare ordigni, facevo i turni sulla ralla del carro armato. Il mio compito era proteggere le persone e donare loro sicurezza e protezione» racconta Monica.

Si è innamorata della bellezza del cielo stellato di quel luogo lontano: «Porto dentro di me gli occhi dei bimbi che brillavano di gratitudine quando gli porgevo una semplice bottiglietta d’acqua. Lì mi sono resa conto di quanto siamo poveri dentro, perché, a volte, non riusciamo ad accontentarci delle piccole cose. Non voglio dire che tutti siamo fatti in questo modo, ma prima di arrivare in Afganistan, forse, ero anche io così. Ho capito, invece, che non dobbiamo dare nulla per scontato».

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La data Monica l’ha tatuata sul braccio accanto al disegno di una bomba che guizza sul muscolo: «È quella del videogioco di Super Mario Bros! – esclama – me la sono impressa sulla pelle, perché io dimentico sempre le ricorrenze! Quando sono andata dal tatuatore abbiamo dovuto ricontrollare su Google e verificare se ricordavo bene, perché stavo dando la data sbagliata» dice sorridendo. «Io sono così. Ho imparato a sdrammatizzare, a vedere il lato positivo di ogni cosa che mi accadde».

In quell’attentato Monica perde la gamba destra, non smarrisce però se stessa. La bomba ha modificato la sua esistenza, ma è lo sport che ha cambiato tutto. «Quando ero alle superiori ho giocato a basket e pallamano, poi quando mi sono iscritta all’Università, ho scelto scienze motorie. Mi mancavano dieci esami alla laurea, ma ho preferito arruolarmi.
Lo sport è importante. Per me è stato decisivo. Avere una mentalità sportiva mi ha aiutata a elaborare il trauma e a superare i momenti bui. Lo dico ogni volta quando incontro i ragazzi nelle scuole. Fate sport. Vi prepara per la vita». A Monica ha insegnato a non demordere, a non arrendersi, a superare gli ostacoli. A rinascere. «Ho cercato di non buttarmi giù, di trovare dentro di me la forza per farcela. Pensavo di non averla. In realtà mi sono ripresa senza grandi difficoltà».

Non tutto però è stato facile, ammette Monica: «Ho sofferto tanto per non aver più potuto fare il lavoro che amavo. L’idea di non poter condividere una missione con i miei compagni mi ha a lungo tormentata. Entrare nel Corpo dei Bersaglieri è stato un sogno che ho rincorso con tanta determinazione. Non poter più essere operativa, è stato difficile da accettare. Poi però è arrivata la corsa».

5 settembre 2012.
Monica sta guardando la Tv. Mentre fa zapping, si imbatte in una ripresa video di una pista d’atletica. È la gara dei cento metri delle Paralimpiadi di Londra: «Sulle corsie erano schierate nove atlete. L’unica italiana era Martina Caironi, la favorita. Si sono disposte ai blocchi di partenza e l’inquadratura si è allargata. A tutte mancava almeno una gamba. Ho capito cosa volevo fare: correre».

96d53395-97b7-4938-abf6-08f8d601edb8Con l’atletica Monica vede finalmente un futuro in cui poter esprimere un potenziale. Diverso e inarrestabile. Impara di nuovo a camminare, dopo poco tempo è sulla pista. Da centometrista. Entra a far parte del Gruppo Sportivo della Difesa. Partecipa prima ai mondiali di Doha, in Qatar, nel 2015; poi alle Paralimpiadi di Rio del 2016. Sono passati solo quattro anni dall’attentato. «Ogni volta che rivedo la gara è come se fosse un film, non riesco ancora a realizzare che sia successo veramente» confida Monica.

La prima donna della storia dell’Esercito italiano a essere decorata al Valore, per aver messo in salvo altre persone durante l’attacco in Afganistan nonostante la grave ferita, porta a casa anche un’altra medaglia: il bronzo con i cinque cerchi. Monica diventa una delle paratlete più forti del mondo e continua a mietere successi, uno dopo l’altro.

«Non mi sento un esempio. Sono una persona come tante altre. Quando qualcuno mi contatta sui social e mi dice che gli ho dato la forza per fare qualcosa, è una grande soddisfazione! Sono ostinata e ambiziosa. Lo ripeto sempre ai giovani che incontro. Non mollate alla prima battuta d’arresto. Se avete un sogno, lavorate duramente e non fatevi fermare dagli ostacoli».

f324ee85-7cc0-43b4-b27a-cfa6f7548daa limiti non esistono, sono solo preconcetti creati dalla nostra mente, lei lo ripete spesso: «Quando diciamo “non lo posso fare”, ci stiamo costruendo delle scuse per non muoverci dalla nostra zona di comfort. Io non avrei mai pensato di poter correre a livello agonistico, alla fine l’ho fatto con una protesi da corsa».

Non sai quanto sei forte, finché essere forte è l’unica scelta che hai è il suo motto, un tatuaggio e il titolo del libro che ha pubblicato l’anno scorso in cui racconta la sua storia di rinascita: «Ho scritto “Non sai quanto sei forte” perché dentro ognuno di noi c’è una forza che forse non ci rendiamo conto di avere. Dobbiamo cercare di tirarla fuori. Io ci sono riuscita con l’atletica».

946f610c-d866-4e52-8586-e39e581f49aeAnche la disabilità può essere riformulata e trasformata. Grazie allo sport può diventare inclusiva e unire senza dividere. Può essere una forza che cambia il mondo: «La disabilità – dice Monica – è negli occhi delle persone che con il loro sguardo discriminano. Il vero disabile è chi giudica e non chi ha una problematica o, come nel mio caso, “un pezzo in meno”. Quando mi alleno al Centro Sportivo, a volte, si avvicina qualche bambino e mi chiede cosa mi è successo. Io racconto la mia storia e quel bimbo mi propone di correre insieme. È bellissimo. Ma è anche capitato che dei genitori mi abbiano visto e abbiano detto ai figli di non guardarmi. Bisogna insegnare ai più piccoli che la diversità è bellezza».

Ora Monica è già concentrata sul prossimo obiettivo. Le Paralimpiadi di Tokyo, nel 2020: «Sogno di vincere la medaglia d’oro – ammette Monica – mi allenerò senza sosta». Il tempo libero, appena tornerà in Italia, lo trascorrerà con il suo Raul, il cagnolino con cui vive a Roma: «Le prime passeggiate con lui mi hanno sbloccata. Mi ha aiutata a uscire di casa. Gli sguardi della gente mi ferivano. Mi sembrava di poter leggere nel pensiero e vedere chiaramente, che secondo loro, avevo finito di vivere. Adesso invece sono consapevole e sicura di me. È un messaggio che vorrei arrivasse a tutti e a tutte. Il nostro corpo racconta la nostra storia, la nostra unicità, la nostra differenza, dobbiamo amarlo».

Coraggiosa, forte, irriducibile. Monica è inarrestabile.
«Non ho più paura del futuro. Lo devo allo sport. Mi ha insegnato a essere di nuovo felice».