“Sono passati tre anni, si sono avvicendati quattro governi, una legislatura si è conclusa e un’altra ha avuto inizio, ma ancora non è stata approvata la riforma del cognome che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 286 dell’8 novembre del 2016 definì ‘indifferibile’. Non solo. Non hanno trovato corretta applicazione gli effetti immediati della sentenza, di competenza dei ministeri della Giustizia, Interno, Esteri, Pari Opportunità e Pubblica Amministrazione. E non è stata neanche fornita piena informazione ai soggetti interessati”.
Lo ricorda Rosanna Oliva de Conciliis, presidente della ‘Rete per la parità’, l’associazione che intervenne nel corso del giudizio davanti alla Corte, nel terzo anniversario del provvedimento, ricorda al Governo e al Parlamento l’estremo ritardo nell’attuazione di quella riforma. “La sentenza 286 del 2016 – prosegue – fu estremamente chiara: la riforma non poteva essere procrastinata e andava realizzata “per disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità“.
In queste settimane la Rete per la parità, il Consiglio Nazionale Donne Italiane e InterClub Zonta Italia, come nel 2017 e nel 2018, stanno organizzando un nuovo incontro pubblico a Roma per fare il punto sulla situazione. “Il nostro obiettivo“, spiega la presidente della Rete per la parità, “preso atto del dichiarato impegno delle ministre Fabiana Dadone ed Elena Bonetti, è di ottenere l’istituzione da parte del Governo di un tavolo tecnico interministeriale, primo e importantissimo passo per una riforma organica che, nel rispetto dei principi costituzionali, garantisca la parità uomo donna e il diritto all’identità di tutte e tutti“.
La materia, d’altra parte, è di grande interesse come dimostra la petizione “La legge sul cognome materno deve essere approvata” di Laura Cima, che ha raccolto a oggi 54.350 mila firme su Change.Org.