Facciamo classifiche di qualsiasi cosa, cerchiamo un ordine che dia una qualche ragione a fenomeni ed eventi. Scorriamo le graduatorie con quella sensazione mista di curiosità, senso di competizione e, magari, un po’ di invidia verso chi fa meglio. Non stupisce allora che con l’emergere della scienza della felicità, si sia arrivati a stilare un elenco preciso della soddisfazione e benessere dei paesi del mondo.
Nato nel 2012 il World Happiness Report è redatto annualmente dall’Happiness Research Institute di Copenaghen e rileva l’evoluzione dei livelli di felicità di 156 Paesi in base ai dati registrati a partire dal 2005-2006. L’assunto di partenza è semplice: si può valutare la qualità della vita delle persone attraverso una serie di parametri condivisi, dal PIL pro-capite, alle aspettative di vita, dai livelli di corruzione alla libertà di scelta dei cittadini. Da qui poi, si può arrivare a leggere il presente attraverso il “ben-essere” e offrire utili punti di riferimento a chi si occupa di proporre, per esempio, politiche di sviluppo. Lo specifica bene il professor Jeffrey Sachs, uno degli autori del report 2019 secondo cui “il World Happiness Report e il Global Happiness and Policy Report offrono […] l’opportunità di ripensare le politiche pubbliche e le scelte di vita individuali al fine di migliorare il livello di felicità e benessere dei singoli. […]i risultati fanno emergere questioni urgenti che devono necessariamente essere affrontate”. Sì perché se le evidenze permettono di trovare ispirazione e modelli concreti a cui rifarsi per migliorare la situazione contingente, i dati raccolti registrano quote di “emozioni negative” (tristezza, preoccupazione e rabbia) crescenti e diffuse, non solo, quindi, nelle aree più tipicamente relegate nella parte bassa della classifica.
I 5 più felici sono, non sorprende, gli abitanti dei tre 3 paesi scandinavi, poi di Islanda e Paesi Bassi. A seguire, e almeno fino alla 11esima posizione, si posizionano nazioni che registrano PIL elevati. Eppure, stando agli autori, non è il solo benessere economico a garantire un migliore grado di felicità dei cittadini. Da due anni, per esempio, il primo posto è occupato dalla Finlandia, non il più ricco tra la compagnie nordica, l’undicesimo dal Costa Rica e il 13esimo da Israele. Gli Stati Uniti, invece, che tra tutti hanno il PIL più alto e conoscono una crescita dei redditi, registrano un’aumento della dipendenza da gioco d’azzardo, abitudini alimentari poco sane, depressione, oltre a un declino nella fiducia sociale e nel governo tali da rendere i suoi cittadini meno felici.
Alla luce delle analisi pubblicate, il Better Life Index dell’OCSE suggerisce che il benessere di cui i finlandesi godono è rafforzato dal senso di sicurezza personale percepito in un mondo inquieto, dal rapporto positivo con l’ambiente e con la comunità circostante, e dalle aspettative e dal credito attribuito ai servizi pubblici e all’istruzione. Le paure segnalate come per loro più preoccupanti – il lavoro e la casa – scalfiscono questo quadro solo in parte. A guardar bene si tratta di elementi che certo dipendono dalle impressioni soggettive, ma sui quali pesano fortemente gli interventi e la presenza di governi e politiche specifiche.
Classificare gli stati secondo il livello di benessere generale dei suoi cittadini aiuta anche a leggere le diverse situazioni di pace e benessere mondiali, che sembrano colpite più duramente dalle guerre civili e dall’instabilità invece che dai livelli di ricchezza (o povertà) raggiunti. Dalla classifica della felicità mondiale emerge oggi per esempio il momento di stabilità che sta vivendo il Benin: la nazione conosce da qualche tempo una crescita costante di PIL e migliori aspettative di vita e infatti è anche quella tra le censite, ad aver acquisito più posizioni. Nella direzione opposta vanno invece, non in modo inaspettato, il Venezuela, la Siria, l’India, il Botswana e lo Yemen, colpite da conflitti interni e incertezza continua.
Certo stilare annualmente un elenco non arriva a spiegare la complessità del presente, e nemmeno ne ha, credo, le pretese, ma è vero anche, e i dati lo confermano, che cittadini più felici partecipano maggiormente al voto e sono più generosi, mentre le divisioni politiche e un declino della fiducia nella società riduce i livelli di soddisfazione di una comunità.