La violenza invisibile: l’arma dell’alienazione contro donne e bambini

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C’è un’altra violenza che si consuma sulla pelle di donne e bambini: subdola, strisciante, non codificata nel vocabolario comune degli abusi di genere. Sconosciuta ai non addetti ai lavori è in grado di isolare le donne che ne sono vittima, relegandole in un inferno di perizie, carte, ricorsi. “Rivittimizzandole”, come si dice in gergo: e quindi rispondendo alla violenza con altra violenza. Stiamo parlando della Pas (Parental alienation syndrome), che è stata importata negli anni ’90  da oltreoceano. Il teorico della Pas era Richard Gardner, un medico americano che iniziò a scriverne nel 1985, insieme ad alcuni articoli per i quali fu accusato, per altro, di sostenere la pedofilia.

Si tratta di una teoria che inquadra il rifiuto dei bambini nei confronti di un genitore in una vera e propria malattia psichiatrica o disturbo relazionale, che sarebbe frutto di un lavaggio del cervello da parte dell’altro genitore, spesso la madre in quanto genitore collocatario, affetta  anche lei dalla stessa patologia, dallo stesso disturbo. Le conseguenze sono facilmente intuibili: madri e figli diventano casi psichiatrici da trattare e le loro affermazioni nei tribunali del tutto inattendibili. Se poi il contesto è quello della violenza familiare, come spesso accade nei casi di diagnosi di alienazione, il paradosso è ancor più pericoloso:  la donna che  all’interno delle pareti domestiche abbia subito abusi e maltrattamenti sarà scoraggiata dal denunciare dietro il timore di essere dichiarata manipolante con conseguente perdita della custodia dei bambini. Un ribaltamento della violenza, insomma, in cui la vittima diventa carnefice e viceversa. «Spesso si tratta di separazioni che fanno seguito a un periodo più o meno lungo di violenza in famiglia – spiega Andrea Mazzeo, psichiatra ed esperto di questa teoria – violenza del marito verso la moglie e i figli, violenza assistita nei confronti dei figli o di abusi sessuali del padre sui figli. E quindi in questi casi non esiste nessuna campagna denigratoria di un genitore nei confronti dell’altro ma viene spacciata per denigrazione quella che è la realtà dei fatti denunciata dalle vittime: la violenza». L’alienazione parentale in Italia è stata più volte oggetto di pronunce e prese di posizione, anche da parte della giurisprudenza. Tra le più clamorose una sentenza, nel 2013, della Cassazione che ha sconfessato la dignità scientifica della sindrome. Ancora prima la netta  presa di distanza del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità.

Tra sostenitori e oppositori, favorevoli e contrari, l’alienazione si è fatta strada intanto nei tribunali italiani: non di rado – ma una casistica ufficiale non esiste – vengono presentate consulenze tecniche di ufficio (Ctu) in cui si “diagnostica” una malattia che a oggi non ha mai trovato spazio nel Dsm, la bibbia mondiale delle patologie psichiatriche. Ma il punto di svolta per l’alienazione è arrivato con il ddl Pillon, la riforma dell’affidamento condiviso ora all’esame del Senato: il rifiuto del bambino a frequentare uno dei genitori sarà motivo sufficiente, tra l’altro, per «il collocamento provvisorio del minore presso apposita struttura specializzata per il pieno recupero della bigenitorialità».


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