Giovani: 3 strategie per trovare lavoro

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Come sta andando l’occupazione in Italia per i giovani? Gli ultimi dati Istat rilevano nel mondo del lavoro un lieve aumento dell’occupazione ad inizio 2019 (+0,1% rispetto a dicembre 2018) ma se osserviamo questi dati distinti per fasce di età vediamo che tasso di occupazione è in crescita nelle età centrali mentre risulta in calo tra i giovani e gli ultracinquantenni.

I più svantaggiati sono proprio i giovani: il tasso di disoccupazione giovanile è allarmante, uno dei più bassi in Europa. Il 17% dei giovani tra i 15 e i 24 anni sono occupati e il 74% sono inattivi. Questo dato si spiega con il fatto che in questa fascia di età i giovani studiano e quindi non cercano attivamente lavoro. Il dato che fa riflettere è che solo il 62% dei ragazzi tra i 25 e 34 anni lavori, mentre il 16% cerca lavoro ma non lo trova e il 27% è inattivo e ha smesso anche di cercarlo. Con riferimento a questa fascia di età, appare preoccupante come gli occupati siano un po’ di più della metà del totale, quindi è come dire che due giovani su cinque non hanno un lavoro o, ancora peggio, hanno anche smesso di cercarlo.

Stante questa situazione complessa dovuta ad una molteplicità di fattori, economici, sociali, politici, possono essere individuate delle strategie per trovare lavoro, a volte inaspettate: investire nella formazione, nelle competenze digitali e nelle PMI.

In precedenti articoli abbiamo evidenziata l’importanza della formazione del capitale umano nel favorire una migliore dinamica occupazionale e sviluppare l’intero sistema produttivo italiano. Tutti i fenomeni legati al progresso tecnologico, alla trasformazione digitale dei processi produttivi, alla necessità di coordinamento lungo le filiere produttive necessitano lavoratori e lavoratrici in grado di gestire l’innovazione e la complessità. Diviene dunque strategico per ogni lavoratore investire sulla formazione per crescere all’interno del mercato lavoro.

L’Italia non è un Paese altamente istruito, infatti nell’area Ocse siamo il penultimo paese ad avere una percentuale di laureati più bassa, 18%, e anche in calo negli ultimi anni (dati MIUR). Tuttavia non è solo una questione di laurea ma di competenze acquisite che non sono allineate al mondo del lavoro. Nello specifico, il fenomeno del disallineamento formativo ha interessato più della metà (il 53,4%) delle assunzioni delle imprese italiane nel triennio 2014-2016. In altri termini, da un lato la domanda di lavoro sembra essersi indirizzata verso un investimento in capitale umano relativamente più qualificato, dall’altro sembra che l’investimento in formazione non abbia trovato riscontro in una richiesta di competenze qualitativamente adeguata.

Nel libro “Dall’Università al Lavoro“, Pier Giorgio Bianchi, giovane economista ed esperto del mercato del lavoro, ha mappato i migliori percorsi di studio, cioè quelli che garantiscono un’occupabilità e retribuzioni più alte. Questa guida dovrebbe essere consultata da ragazzi e famiglie che si apprestano ad investire nella formazione con maggiore consapevolezza. I percorsi di studio in Italia sono tra i più lunghi d’Europa per cui le scelte devono essere indirizzate tenendo conto non solo di passioni o attitudini ma anche di utilità e applicabilità.

Le professioni digitali sono quelle più ricercate, sopratutto quelle legate al mondo dell’ICT (Information and Communication Technology) con una crescita in media del 26%, registrando picchi fino al 90% per le figure professionali appena nate come, ad esempio, quelle legate allo sviluppo e analisi di database. Non sorprende quindi che i percorsi di studi scientifici sono quelli ad alto valore aggiunto che registrano un aumento di immatricolazione negli ultimi anni. Tuttavia nel panorama italiano dei percorsi di studio si verifica una fortissima iper-specializzazione per cui c’è il rischio di acquisire anche competenze scientifiche ma fin troppo verticali. Per cui bisogna tener sempre presente che le competenze digitali dovrebbero permeare tutte le altre competenze per poter essere applicate nel mondo lavorativo.

Infine, un dato importante e inaspettato che emerge da questo studio è che le piccole e medie imprese italiane sono più attive dal punto di vista delle assunzioni, sopratutto nei settori rivolti al consumatore finale, le imprese che operano in ambito tecnologico e società di consulenza legale e contabile. Il futuro del lavoro è incerto e i lavori del futuro sono più vicini di quanto si pensi ma se i giovani saranno adeguatamente formati hanno la possibilità di scegliere il proprio presente e futuro lavorativo.