Parvin Afsar, manager nella meccanica italiana

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“La strategia più efficace per trovare la strada giusta nella professione è mettere a fuoco il proprio progetto di vita. Ed è un obiettivo, e una sfida, che deve riguardare tutti i giovani, indipendentemente dal genere”. Così Parvin Afsar, donna di 33 anni, da pochissimo alla guida di Sitindustrie Valvometal, impresa metalmeccanica italiana della Valsesia specializzata nella produzione di valvole tailor-made per impianti energetici.

Laurea in ingegneria industriale, figlia del fondatore dell’impresa, Parvin Afsar è entrata in azienda poco dopo la laurea come project manager in ambito tecnico-commerciale e oggi ha acquisito la maggioranza delle quote ed è general manager. Mahmoud Afsar, dopo la laurea in Ingegneria meccanica, dall’Iran si sposta in Europa tra Italia e Germania. Per amore si trasferisce nel nostro Paese, sposa un’italiana e nel 1997 fonda l’impresa che oggi ha clienti in 59 Paesi del mondo, specialmente in Medio Oriente e conta 35 dipendenti.

”Lo scorso anno abbiamo fatturato 6 milioni e mezzo di euro, le proiezioni per quest’anno parlano di 10 milioni. La nostra attività è legata all’andamento del prezzo del barile, i nostri clienti sono soprattutto del settore oil, gas & power, siamo in un certo senso abituati a gestire le oscillazioni”.

Ma la palestra di Parvin Afsar, quella che le permette di condurre i cambiamenti e non di subirli, viene da più lontano. “Sono l’esito di due culture, quella iraniana e quella italiana. Da subito ho capito che una delle soft skill da coltivare e valorizzare è la capacità di essere aperti al mondo e di evitare i pregiudizi. I miei genitori mi hanno sempre lasciato libera di fare quello che volevo. Sono nata con la passione per la meccanica e la vocazione imprenditoriale, e ho avuto l’opportunità di realizzarmi. Ma per farlo ho dovuto imparare a mettere a fuoco quello che volevo e chiederlo”, racconta.

”Sono donna in un settore prettamente maschile, ma le difficoltà che ho dovuto superare non sono legate tanto al mondo esterno e ai suoi stereotipi sulla femminilità. Mi sono accorta che certi retaggi culturali forse sono talmente profondi che spesso siamo noi donne ad auto-sabotarci. Dobbiamo imparare a chiedere quello che vogliamo”. Una visione che non esclude dall’orizzonte di comportamento un certo pragmatismo. “Tante volte i clienti della mia azienda preferiscono avere un interlocutore uomo, per esempio. E io lascio che sia così. E’ la squadra che deve vincere e io ho voluto circondarmi di un team di persone competenti con una visione problem solving”.

Una visione orientata all’azione che vorrebbe incidere sulle nuove generazioni. “Le famiglie troppo spesso orientano i ragazzi e e le ragazze alla scelta di un percorso formativo e lavorativo che non esiste più. Nel mio piccolo, da imprenditrice, sto lavorando a un progetto che vuole coinvolgere i giovani del nostro territorio per stimolarli a delineare il proprio progetto di vita con le conoscenze giuste per questa epoca. Un’epoca che cerca personale qualificato e specializzazione in settori come il nostro dove c’è molto più spazio di quanto si immagini. Per tutti”.