Bambini di periferia, senza spazi verdi e opportunità

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Vivere in periferia significa spesso non poter usufruire adeguatamente di quegli strumenti educativi e sociali che possono aiutare i bambini a crescere e migliorare il proprio futuro. Le condizioni economiche della famiglia non sempre infatti sono l’unico fattore che pesa sul futuro delle giovani generazioni, perché anche l’ambiente ha un enorme impatto sulle opportunità di crescita. In molte città d’Italia, qualche chilometro di distanza può rappresentare addirittura un riscatto sociale o l’impossibilità di uscire dal circolo vizioso della povertà.È assurdo che due bambini che vivono a un solo isolato di distanza possano trovarsi a crescere in due universi paralleli. Rimettere i bambini al centro significa andare a vedere realmente dove e come vivono e investire sulla ricchezza dei territori e sulle loro diversità, combattere gli squilibri sociali e le diseguaglianze, valorizzare le tante realtà positive che ogni giorno si impegnano per creare opportunità educative che suppliscono alla mancanza di servizi”, ha dichiarato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children. Ed è Save the Children che in questi giorni ha presentato il IX Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini” a mettere in luce quel divario educativo che allarga sempre di più la forbice delle disuguaglianze, in particolare nelle grandi città.

periferie_3Nell’Atlante, pubblicato per il terzo anno consecutivo da Treccani, si legge che sono quasi 3,6 milioni i bambini e adolescenti che vivono nelle 14 principali aree metropolitane del Paese (2 su 5 del totale in Italia), e che crescono spesso in zone o quartieri sensibili che possiamo definire “periferie” da tanti punti di vista differenti, non solo rispetto alle distanza dal centro città, ma in base ai diversi deficit urbanistici, funzionali o sociali dei territori.
La periferia diventa quindi metafora della distanza tra diverse risorse economiche e culturali, accessibilità dell’istruzione e dei servizi, qualità degli spazi urbani, verdi, ricreativi che espongono maggiormente bambini e adolescenti al rischio di vulnerabilità, ma dimostra, al tempo stesso, come essi siano il potenziale su cui puntare.
Save the Children allarga il concetto di periferia a “periferie funzionali” che rappresentano quei luoghi privi di opportunità e povere di relazioni sociali. Ma soprattutto di spazio. Si stima infatti che 94 bambini su 100 tra i 3 e i 10 anni non hanno modo di giocare in strada, solo 1 su 4 trova ospitalità nei cortili, e poco più di 1 su 3 ha la fortuna di avere un parco o un giardino vicino a casa dove poter giocare. E lo spazio fisico, l’aria e il verde a disposizione dei bambini possono avere anche un impatto e una corrispondenza sullo spazio mentale e creativo dei giovani.

periferie_2Ma se è vero che è nelle periferie urbane che spesso si assiste alle più profonde ferite sociali, è vero anche che la possibilità di curarle si possono trovare proprio sul territorio sottoforma di comitati di quartiere, orti urbani, reti di scuole e associazioni giovanili. Alcuni positivi esempi di cambiamento dal basso sono rappresentate da reti territoriali come il Movimento dei giovani Sottosopra, i Punti Luce, così come gli Spazi Mamme. Ma spesso questo non basta a compensare la mancanza di politiche coraggiose e risorse adeguate per diminuire la forbice, sempre più crescente, delle disuguaglianze.