Una nuova generazione si sta affacciando al mondo del lavoro: 1,8 miliardi di giovani, di età compresa tra 10 e 24 anni, rappresentano la Generazione Z e ogni mese 10 milioni di giovani raggiungono l’età lavorativa, pronti a iniziare una vita professionale.
Otterranno una formazione adeguata? Faranno un lavoro che li soddisfi? O saranno lasciati indietro? Queste domande dovrebbero essere la priorità dei Governi di tutto il mondo perché i ragazzi e le ragazze della Gen Z saranno i leader di domani. Saranno le persone che inventeranno nuovi mezzi di trasporto, nuove cure e cambieranno le nostre economie. Non sono solo i nostri figli di oggi, ma anche sognatori, professionisti e artigiani di domani.
Anche se la maggior parte dei Paesi di tutto il mondo sta investendo sul loro futuro, ci sono ancora duecento milioni di adolescenti che non vanno a scuola e globalmente sei bambini su dieci non raggiungono un livello minimo di lettura e matematica. Anche il lavoro per i giovani resta un problema: ci sono ancora milioni di giovani che non lavorano perché i posti disponibili necessitano di competenze tecnologiche che i ragazzi non posseggono.
Queste sono le ragioni che hanno portato l’UNICEF a lanciare una nuova iniziativa su scala globale, Generation Unlimited, che ha lo scopo di garantire ad ogni giovane in tutto il mondo di ricevere istruzione e lavoro entro il 2030.
Generation Unlimited riunisce il settore privato, i governi, le organizzazioni internazionali e locali e i giovani per identificare e potenziare le migliori soluzioni per tre grandi sfide: accesso all’istruzione secondaria, acquisizione delle capacità per lavorare e empowerment in particolare delle ragazze. Il modello prevede scuole connesse in tutto il mondo, priorità di competenze tecnologiche e partner privati che facilitino l’ingresso dei giovani al lavoro.
Anche in Italia servirebbe un nuovo piano di sviluppo che mettesse i giovani al centro del cambiamento. Non sono i sussidi a dare le speranze per il futuro dei giovani, non sono i contratti a garantire la qualità del lavoro, non sono i centri per l’impiego gli unici attori per trovare il lavoro (se si considera che fra 2003 e 2010, dati Isfol, hanno ricollocato meno del 3% di chi cercava lavoro). I giovani sono il potenziale del Paese e non è giusto che paghino scelte che guardano al passato e non al futuro.