Nel dibattito pubblico si parla spesso di padri, ma solo se separati e si usa il termine bigenitorialità esclusivamente quando le famiglie esplodono. Analogamente la politica cavalca la narrazione del povero padre separato, privato di prole e risorse e ne fa vessillo di un torto da raddrizzare.
Cerchiamo di essere chiari, la povertà dei padri separati esiste, ma a un padre separato e indigente corrispondono quasi sempre una madre e dei figli economicamente fragili. Di questa è povertà, senza declinazione di ruolo, la politica farebbe un gran bene a occuparsene seriamente. Invece la sensibilità diffusa, talvolta esibita, che sta riscrivendo i caratteri della paternità rimane apparentemente sconosciuta alla progettualità parlamentare.
In Italia il congedo parentale dedicato ai padri è di due giorni, prorogati a quattro in forma sperimentale. La trafila per ottenerli dura altrettanto e il fine apparente è quello di evitare ai neo – papà di sprecare ferie. Un giorno per la nascita, il secondo per stare a disposizione in ospedale, il terzo per il rientro a casa, il quarto per le commissioni e la scorta di pannolini.
L’Europarlamento sta da tempo cercando di fissare il periodo di congedo a due settimane, ma intanto fra gli Stati membri quelli più avanzati, come la Finlandia, vantano una paternità fino a 9 settimane volontarie, ma non cedibili. Altri, come il Portogallo, solo cinque, ma con metà del periodo obbligatorio. Questo è centrale, l’obbligatorietà. Perché fatta la paternità bisogna fare i padri, concedendo maggiori diritti e riconoscendo nuovi doveri. Un congedo di paternità obbligatorio vincolerebbe il datore di lavoro, evitando così situazioni di ricatto, ma soprattutto sancirebbe che il dovere di cura risiede nella genitorialità, senza distinzioni di sesso.
L’obbligo è illiberale? Le società progredite soffocano le libertà che recano nocumento alla collettività. In questo caso i danni sono la disoccupazione delle donne – sulle quali grava eccessivamente il welfare familiare – e lo scarso riconoscimento del ruolo paterno. Un congedo di settimane – almeno sei, quattro delle quali obbligatorie – inoltre agirebbe come deterrente alla maternal preference, preconcetto diffuso nelle aule dove si discute di separazioni e presso l’opinione pubblica.
Se vogliamo dei padri, rendiamoli possibili questi padri. Dalla nascita dei figli, magari anche prima, anche solo per il capriccio serissimo di immaginare una società più giusta e progredita.