Generazioni alla prova del lavoro: i 35-49enni più penalizzati

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Dal fronte del lavoro buone notizie per i più giovani e i più anziani, meno buone per la generazione di mezzo. A maggio scorso gli occupati ultracinquantenni sono cresciuti di 98mila unità, i 25-34enni di 31mila. Unica nota dolente è quella per i 35-49enni, fascia generazionale che conta, rispetto al mese precedente 11mila occupati in meno.  Lo spaccato di come si evolve l’occupazione a livello generazionale si trova negli ultimi dati diffusi dall’Istat sull’occupazione dai quali emerge, in generale un quadro positivo, con 114mila occupati in più rispetto ad aprile e ben 457mila occupati in più rispetto allo stesso mese del 2017. E’ ancora presto per capire, come spiegano all’Istat, le ragioni di questa perdita di posti di lavoro a livello congiunturale per la fascia dei  35-49enni. Bisognerebbe cioè osservare più a lungo la tendenza per capirne le cause. Certamente la generazione dei 30-40enni è un po’ una terra di mezzo, un po’ generazione X che abbraccia i nati dagli anni ’60 agli anni ’80, un po’ microgenerazione degli xennials che circoscrive ulteriormente quanti sono nati tra il ’77 e l’83. Anche se guardiamo i dati a livello tendenziale, cioè nel raffronto con quanto avvenuto  a maggio dell’anno precedente, vediamo che questa fascia di età è quella che meno ha goduto del miglioramento dell’occupazione certificato dall’Istat.

Crescono di più gli occupati giovani e ultracinquantenni

A crescere sono soprattutto gli occupati ultracinquantenni (+468 mila) e i 15-34enni (+106 mila) mentre calano gli occupati tra i 35 e i 49 anni (-116 mila). Anche depurando i dati dalla componente demografica, visto che man mano che i baby boomer escono dalla fascia d’età in esame diminuisce anche numericamente la popolazione dei 35-49enni, balza agli occhi che sebbene il dato diventi positivo per tutte le generazioni, ci sono sostanziali differenze nella percentuale di crescita. Gli occupati ultracinquantenni aumentano infatti del 3%, quelli 15-34enni del 2,9%; fanalino di coda per i 35-49enni per cui l’incremento è sotto un punto percentuale (+0,9%). Per gli ultracinquantenni, generazione dei babyboomer che copre i nati dal dopoguerra a metà degli anni ’60, è da considerare anche, sottolineano all’Istat, la maggiore permanenza al lavoro legata all’allungamento dell’età pensionabile.

I 30-40enni generazione “sotto scacco”

A sollevare il problema del popolo dei 30-40enni è stato qualche tempo fa, proprio in un’intervista da Alley Oop il sociologo Mario Morcellini che ha definito questa generazione “sotto scacco” e ha invocato per loro misure ad hoc di politica economica.  D’altronde il popolo dei 30-40enni che non è nato né con l’ottimismo e la fiducia dei babyboomer, né con la rivoluzione digitale che proietta i millennials  naturalmente verso le professioni del futuro. Una generazione che, nel momento dell’ingresso nel mondo del lavoro, o nel momento in cui ha provato a trovare nuove opportunità, si è trovata a scontrarsi con gli anni più bui della crisi economica iniziata nel 2008. Con il seguito di ristrutturazioni aziendali, ricorso a ammortizzatori sociali, tagli e delocalizzazioni.

Babyboomer sul banco dell’accusa

Certo i dati Istat sono solo un punto di partenza e vanno guardati nel lungo periodo. Tuttavia è palese che le diverse generazioni si pongono nei confronti del mondo del lavoro con competenze, atteggiamenti, opportunità,  aspettative molto diverse. Una situazione, aggravata dalla crisi, che ha spinto il Censis, già nel 2014, a parlare “del conflitto latente fra le generazioni sul mercato del lavoro”. Non si tratta solo del ricambio generazionale e del deficit di turn over, ma di una concorrenza nelle opportunità tra giovani e over 50 per i quali, già nel pieno della crisi economica, sarebbe scattata “la ricerca affannosa del mantenimento dei livelli di benessere raggiunti e comportamenti conservativi, che alimentano un egoismo difensivo”. Di recente un articolo del Guardian ha sottolineato come quella dei baby-boomers è spesso la generazione sul banco degli accusati, “abbreviazione di avidità ed egoismo che ha negato i benefici alle generazioni future, in particolare ai figli millennials”. “L’accusa – ha dichiarato lord David Willets, presidente  della Resolution Foundation – è che i boomer sono stati colpevoli di un monumentale fallimento nel proteggere gli interessi delle generazioni future”. Generazione X e xennials compresi.  Per Willets  ” è giunto il momento in cui noi Boomers mettiamo mano alle nostre tasche”.

 

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    alla generazione nata negli anni 60 mi pare la più penalizzata su cui ricadono le “colpe” dei padri che andavano in pensione e in prepensionamento con relativa facilità 32 – 35 anni a 54 – 56 anni di età. Credo che bisognerebbe spalmare i disagi.Non solo favorire sempre e solo la generazione degli anni 50, anche quota 100 è per loro , a mio avviso deve essere prolungata per aprire le porte del mercato del lavoro ai + giovani, ciò comporterebbe anche un aumento della produttività.

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