Ci sono bambini, come Sofia, la cui vita inizia decisamente in salita. Nata con idrocefalo congenito e affetta da spina bifida, è stata abbandonata alla nascita. Ha vissuto i primi tre mesi da sola, in un letto di ospedale, senza una carezza, né il calore di un abbraccio.
Ci sono famiglie speciali, accoglienti e amorevoli, che possono fare la differenza per bambini come Sofia, la famiglia di Lucrezia è una di queste. Lei, suo marito Carmelo e suo figlio Giulio hanno donato a Sofia l’amore, il calore, le coccole e le cure che le sono mancate nei suoi primi mesi di vita. L’hanno accolta in affido nella loro vita, hanno dovuto affrontare un primo anno durissimo, in cui la piccola ha rischiato di perdere la vita più volte, dentro e fuori dagli ospedali, sopportando il peso di diversi interventi chirurgici.
Questa la testimonianza di Lucrezia:
“La nostra è una storia d’amore…
Dopo vari mesi che avevamo dato disponibilità all’affido, ci chiamarono per farci conoscere una bimba abbandonata alla nascita.
Appena ho visto la piccola che era nella culla, il mio cuore ha cominciato ad andare a mille, l’ho presa fra le mie braccia e me ne sono subito innamorata. Non pensavo in quei momenti alle sue problematiche di salute, volevo portarla a casa con me perché non fosse più sola, come lo era stata per i primi tre mesi della sua vita.
Dopo soltanto 15 giorni che Sofia era con noi, osservandola, ho cominciato a pensare che necessitasse di essere visitata da uno specialista. Da quella visita in poi la nostra famiglia è stata stravolta da ospedali e interventi, tutto per salvare la sua vita che era appesa ad un filo…
Nel primo anno Sofia è stata sottoposta a ben nove interventi e in tutto questo doloroso cammino la nostra famiglia è stata lasciata sola… non uno psicologo, non un colloquio, nulla che ci aiutasse in quei lunghi mesi di sofferenza. Sarebbe stato giusto che dal tribunale, dato che le istituzioni erano al corrente di tutto, partisse l’iniziativa di mandare a casa nostra qualcuno che ci sorreggesse psicologicamente. Oltre a me e mio marito c’era anche nostro figlio biologico di 6 anni che soffriva nel vedere la sorellina attaccata a tutti quei tubicini. Ma neanche per lui c’è stato sostegno, eravamo soli, completamente soli con il nostro amore e il nostro dolore.
Consigliare ad altre famiglie la nostra stessa esperienza non è facile, conoscendo il vuoto che c’è alle spalle…
Durante il nostro cammino di famiglia affidataria siamo stati chiamati più volte dal tribunale per completare la pratica da affido ad adozione ma io per difendere e proteggere Sofia fino al punto più estremo ho deciso che rimanesse figlia affidata, perché essendo io non più giovanissima, se venissi a mancare, mio marito e mio figlio non saprebbero come fare con la bambina. Quindi affinché venga curata e seguita come il suo stato richiede c’è bisogno di una struttura adatta e ritengo giusto che siano le autorità a prendersene cura. Comunque, anche se questa bimba speciale ci “complica” la vita, Sofia purtroppo non vede non parla e non cammina, a noi basta il suo sorriso per essere felici di vivere con lei.”
Famiglie come quelle di Lucrezia sono una preziosa risorsa per l’intera società e andrebbero sostenute, accompagnate, non lasciate sole dalle istituzioni e da chi dovrebbe tutelare l’infanzia abbandonata.
Oggi Sofia ha 14 anni e, grazie alla tenacia di Lucrezia, frequenta la scuola media come i ragazzi della sua età, e può trascorrere le sue giornate gioiendo delle loro voci e delle loro attenzioni. Nonostante il trascorrere di tutti questi anni, l’affido di Sofia, per una scelta molto sofferta ma lucida, non si è trasformato in adozione. Lucrezia sa che tutto grava sulle sue spalle e che lo stato di Sofia richiede una cura “totale”.
Il sostegno alle adozioni difficili è una delle voci della campagna Donare Futuro che chiede di introdurre l’obbligo per i Comuni di erogazione e facilitazione ai minorenni e alle famiglie che li adottano di percorsi sociali, pedagogici, psicologici, psicoterapeutici e sostegni economici, con particolare attenzione – in attuazione all’art. 6, comma 8, della legge 184/83 – alle adozioni di minorenni con disabilità o di età superiore ai 12 anni.
Se questa proposta oggi fosse già realtà, Lucrezia avrebbe tutto il sostegno possibile e Sofia, molto probabilmente, sarebbe stata adottata. Cosa stiamo aspettando?