Alle istituzioni e a tutti voi chiediamo di non lasciarci soli: la storia di Raffaella

abbandono

L’abbandono può avere mille forme, ma lascia un segno indelebile, che non tutti hanno la forza di superare, soprattutto se non trovano qualcuno capace di sostenerli sulla loro strada. Potremmo usare mille parole per descrive il senso di smarrimento, la tristezza, la rabbia e la voglia di riscatto che si celano dietro queste storie, ma è difficile trovare le parole giuste, che arrivino dritto al cuore della questione.

Le parole di Raffaella sono proprio così, incisive, dirette, vere, ci aiutano a sentire quel “senso dell’abbandono”, e noi la ringraziamo per avere risposto alle nostre domande e averci permesso di approfondire il discorso iniziato nelle settimane scorse sui neomaggiorenni fuori famiglia.

Potresti raccontarci brevemente la tua storia?
È la storia di una ragazza di paese, che un giorno ha deciso di mettere fine ad una relazione malata, nella quale un padre aveva smarrito il proprio ruolo ed aveva iniziato a vedere la propria figlia con occhi diversi, non più protettivi ma ricchi di desiderio.

Come ti sei sentita il giorno in cui hai compiuto 18 anni?
Confusa! Un giorno ricco di emozioni contrastanti in guerra fra loro. Felicità perché avevo organizzato una megafesta. Tristezza perché l’avevo immaginata diversamente. Preoccupazione perché sapevo che il pericolo era dietro l’angolo. Frustrata per il mio futuro, ma allo stesso tempo speranzosa.

Ti senti pronta ad affrontare la vita adulta?
Ora ho 27 anni e credo che per tutta la vita non sarò pronta, ma chi si sente davvero pronto? Forse lei? Io credo che, sicuramente, rispetto ai miei coetanei ho riflettuto maggiormente su cosa fare, dato che nel mio caso non sono ammessi errori.

Mi sono sempre prefissata degli obiettivi, che ho raggiunto nonostante le difficoltà. Il prossimo è quello di avere un lavoro, ma non uno qualunque, non sono una che si accontenta e rinuncia ai suoi sogni. Quelli non me li tocca nessuno!

Chi sono i tuoi punti di riferimento? Ci sono delle persone con cui ti confidi se ti senti in difficoltà?
Le persone che ci sono state nei momenti difficili, come i miei educatori, in particolar modo colui che ha guadagnato il soprannome di “Babbo”. Poi c’è la mia nuova famiglia, che mi ha accolto, accettato e sostenuto (ancora oggi) nonostante il mio caratteraccio ed il mio non bisogno apparente di loro.

Come vedi il tuo futuro?
Lo vedo tranquillo, ho sempre voluto una vita semplice e felice. Sarò circondata da persone che mi fanno ridere e che mi ameranno (come io merito).

Cosa ti piacerebbe fare “da grande” e che tipo di persona vorresti diventare?
Mi piacerebbe essere un’insegnante, non una di quelle che va in classe solo per trasmettere agli studenti informazioni riguardanti la propria materia, ma una che permette la nascita del pensiero critico nei propri allievi. Purtroppo oggi non siamo più abituati a chiederci “perché” accadono delle cose, quali sono gli effetti che causano in noi… siamo rivolti verso l’esterno, perdendo di vista quello che è importante per il singolo.
Continuerò, come ho sempre fatto, a dedicare il mio tempo ad attività di volontariato, perché penso che niente ci possa arricchire più delle esperienze degli altri, traendo da esse gli insegnamenti e la forza per affrontare situazioni che fino a quel momento ci sembravano insormontabili.

C’è qualcosa che vorresti dire alle istituzioni?
Di capirci! Spesso chiediamo a loro di mettersi nei nostri panni, ma capisco che non deve essere facile, soprattutto, sentire il senso dell’Abbandono, che accomuna tutte le storie di noi ragazzi, anche quelle più diverse. Ed è un peso che ci portiamo dietro difficile da superare, infatti molti non ce la fanno e pur di non sentirsi soli ritornano in contesti nocivi per la propria persona e salute.

Per questo vi chiedo di mettervi nei panni dei vostri figli e di immaginare di cosa hanno bisogno nel quotidiano, nel percorso scolastico, in quello lavorativo e nel futuro. Se devono rinunciare ai propri sogni o essere sostenuti. Noi siamo figli di nessuno e di tutti, perciò anche vostri e voi come “genitori” ed “istituzioni” avete la responsabilità etica, morale e pratica di sostenerci nel quotidiano e nel nostro futuro.