Le parole sono importanti. Lo ripeteva, anzi lo urlava, Nanni Moretti, seduto a bordo piscina in Palombella Rossa, fino a farlo diventare praticamente un mantra, una regola di vita. Un monito da sbattere in faccia a chi non lo ha ancora capito.
Le parole sono importanti. Fanno esistere le cose, come incantesimi. Le fanno comprendere, le rendono reali ed utilizzabili, solo nel momento e nel modo in cui le cose sono nominate. Da noi e dagli altri. Lo dicevano Heidegger, Wittgenstein, Pierce e tutti quei filosofi, poeti, scrittori che hanno mostrato come nelle parole e attraverso le parole, avvenga la ricerca e la creazione di noi stessi, degli altri, delle cose, e del mondo.
Le parole sono importanti, perchè è nelle parole che noi ci definiamo e definiamo gli altri, nel ruolo e in quello che siamo, nei nostri valori e in quello che proviamo. Ed è sempre nelle parole che diciamo agli altri non solo ciò che già siamo, ma ciò che vogliamo essere. Anche inconsapevolmente, senza renderci conto di quanto possiamo dire di noi stessi e del mondo nel quale crediamo, usando una parola e non un’altra. Specialmente chi ha dovuto, voglia o non voglia, confrontarsi con una parola in particolare, “rivendicazione”, che ne porta con sé sempre tante altre: “diritti”, “dignità”, “amore”, “felicità”, “uguaglianza”.
Ecco perchè, se accade come accade, che qualcuno, chieda che per lui non si usi la parola gay ma uomo, quel qualcuno non sta scegliendo solo un termine a prescindere dal proprio orientamento. Quel qualcuno sta scegliendo un mondo, a cui non appartenere. Una comunità di cui non fare parte. La stessa comunità che quel nome, gay, invece lo ha scelto proprio per rinascere con un ruolo nuovo: politico. Per creare un mondo nuovo: di rispetto.
Ecco perchè, se accade come accade, che qualcun altro dica di non avere un marito, ma bensì un compagno, ed anzi di detestare quella parola, perchè “il marito lo hanno solo le mogli”, non ci sta dicendo solo la sua preferenza o cosa non sopporta. Ci sta dicendo due cose: la prima, che in Italia, non esiste ancora il matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso, (l’unico dove si potrebbe legalmente parlare di coniugi e di mariti o mogli), ma appunto le Unioni Civili, dove esistono le parti, dell’unione. La seconda, che forse in qualche modo dentro di lui, come dentro molti, ancora alberghi una sorta di fastidio. Paura, addirittura, nel vedere “femminilizzato” il proprio ruolo di vita, dando ragione (invece di smentirli) proprio a quegli sfottò e stereotipi machisti, che fanno della femminilizzazione il modo per vessare e ridurre il valore delle persone. A maggior ragione se omosessuali.
Ed ancora. Ecco perchè, se accade come accade, che parlando di due ragazzi scomparsi assieme, una notte, esalando monossido di carbonio, alcuni giornali li definiscano “amici” e non “fidanzati” come invece erano per tutti pubblicamente, non è solo per disattenzione, o peggio “rispetto”. Come se fosse mancare di rispetto a qualcuno essere innamorati e non nasconderlo.
No, dietro quell’inappropriato sinonimo, c’è la precisa intenzione di rendere quel legame socialmente “innocuo” a chi ancora lo percepisce come una minaccia. In quella sostituzione di parole, c’è tutto il disagio di chi evidentemente ancora non riesce ad accettare che i sentimenti e i legami siano gli stessi a prescindere dagli orientamenti. E che a prescindere meritino lo stesso rispetto oltre che gli stessi diritti. Il rispetto di esistere anche nell’ultimo momento per ciò che si è stati in vita e per come ci si è chiamati in vita: due ragazzi innamorati, fidanzati, che non lo nascondevano a nessuno.
Le parole sono importanti. Aveva ragione Nanni Moretti. Sono vita, rivoluzione, politica, conoscenza, affetto, tutto. E tutte le parole sono importanti: quelle che diciamo, e quelle che evitiamo. Perché tutte le parole parlano. Solo che per alcune ci vuole più coraggio. Parole come “amore”, “libertà”, “rispetto”. Parole che una volta dette, non possono più smettere di esistere. Per nessuno e davanti a nessuno. Qualunque cosa accada.