Cosa succede se Babbo Natale sta male? Niente paura, Mamma Natale sa cosa fare per non deludere i bambini. E non si tira indietro di fronte a nulla: costruire i giocattoli, modificare la bicicletta in versione turbo, viaggiare tutta la notte e calarsi dai camini. Una storia come un’altra nel periodo di feste, quella di “Mamma Natale” scritta da Panny Ives. Perché parlarne allora? Perché nell’ultimo anno i libri “contro gli stereotipi di genere” vanno per la maggiore, a cominciare dal successo internazionale “Storie della buonanotte per bambini ribelli“. Un libro che, per altro, mio figlio diecenne ha trovato per caso e ha voluto che leggessimo insieme ogni sera. Un ribaltare il punto di vista sacro santo, considerato che finora la storia (e non solo) è stata raccontata solo al maschile. Ma mi sono chiesta: è davvero la via giusta per crescere i nostri figli al di là degli stereotipi?
Allora sono andata a riguardare i libri che ho comprato negli anni per i miei bambini, per capire come mi ero comportata io. Ho tovato fra gli altri, appunto, Mamma Natale. Un donnone che sa usare sega e martello, non dimentica il rossetto prima di uscire, non teme lo sforzo fisico di pedalare tutta la notte e non ha bisogno di cartine per tornare a casa. A casa dove la aspetta Babbo Natale, che ha preparato la colazione. Facile, un’inversione di ruoli si presta al ribaltamento degli stereotipi.
Ben più fine, se vogliamo, il messaggio di “Nilo, sei come papà“, scritto da Marcus Pfister. Un elefantino vuole fare quello che fa il papà: farsi la barba, pagare con la carta di credito, fare la spesa, preparare la cena, giocare. L’autore è palesemente non italiano: da noi l’avremmo scritto così, o come nei libri della scuola primaria avremmo avuto un papà che aggiusta l’auto, fuma la pipa e va a lavorare?
Quello che preferisco di gran lunga (e che confesso, avrei voluto aver scritto io!) è “Ti mangio!” di John Fardell. La storia è semplice: fratello e sorella vanno a fare un giro in bicicletta e il fratellino viene mangiato da un mostro, che a sua volta viene mangiato da un mostro, che a sua volta viene mangiato da un mostro e così via. La sorella non si arrende e insegue la serie di mostri per salvare il fratello. Ma per farlo trasfroma di volta in volta la sua bicicletta, facendola diventare subacquea, volante, arrampicante e così via. Non lo si nota subito presi dalla sequenza di mostri dai nomi evocativi. Eppure a guardare quella figurina lì in basso, in un angolo, si scopre l’ingegno e a perizia. E poi la sorella al dunque tira fuori anche una trovata in più. Un esempio di come certi messaggi possano “passare” semplicemente raccontando la normalità, senza metterli nel titolo come “Ada Twist, la scienziata“. Perché che le donne possano essere scienziate (o in questo caso abili ingegneri meccanici) non è così peregrino (o almeno non dovrebbe) tanto da meritare un’affermazione così esplicita.
Ancora più sottile “Julia’s House for Lost Creatures” di Ben Hatke (disegni magnifici!): Julia apre la casa a creature di ogni tipo e ognuna di loro ha esigenze diverse. Tanto che Julia a un certo punto non ce la fa più a stare dietro a tutti, così fa un bel cartellone delle regole e ad ogni creatura assegna un compito. Quale modo migliore per far capire come i lavori di casa debbano essere condivisi? E senza farne affatto una questione di genere.
Certo, poi, ho comprato anche “Sam vola tra le stelle“, la storia di Samantha Cristoforetti da piccola. Come resistere alla tentazione di acquistare un libro su uno dei nostri miti di famiglia. Esplicito sì, ma per niente rivendicativo. D’altra parte i bambini mica hanno bisogno che si sottolinei che una donna può aggiustare il motore di un’auto e un uomo può preparare la cena. Hanno bisogno, sì, che non gli si racconti il contrario. Come purtroppo continuano a fare tanti libri scolastici e tanti programmi in tv. A noi resta cercare pillole di normalità, quelle che raccontano la nostra vita.