Prima lezione del nuovo anno accademico. Aula stracolma, alcuni studenti seduti a terra davanti alla cattedra.
“Prof, siamo troppi!”
No no, voi siete pochi, molto pochi … è l’aula che è piccola!
I ventenni di oggi sono la metà degli attuali cinquantenni, e solo uno su quattro, di questi pochi giovani, studia fino alla laurea … Ci sono Paesi, come il Canada, in cui più della metà dei giovani si laurea, o come la Corea, in cui il 70% dei giovani si laurea … solo il Messico fa peggio di noi tra tutti i paesi dell’OCSE. Quali pensate che saranno le conseguenze di questa scarsità di giovani laureati per il nostro Paese? Quale sarà il nostro ruolo nella divisione internazionale del lavoro dell’economia globale? Faremo la pizza per tutti?
“Eh, prof, allora perché non troviamo occupazione?Mancano i posti di lavoro nella nostra economia come le sedie in quest’aula?”
In teoria, nelle imprese for profit c’è sempre un posto di lavoro per chi rende più di quel che costa, e non c’è mai un posto di lavoro per chi costa più di quel che rende …
“Come dire che noi costiamo troppo? Nooo!”
No, non credo … i salari dei neolaureati italiani sono i più bassi d’Europa … ma il vostro costo è certo, mentre il beneficio è difficile da valutare al momento dell’assunzione … in un contesto di informazione incompleta e asimmetrica la presenza di incertezza da un lato e la mancanza di fiducia dall’altro rappresentano un serio ostacolo alla stipulazione di un contratto, specialmente se di lunga durata, anche quando l’accordo sarebbe vantaggioso per entrambi i contraenti … Persino aver fiducia in se stessi è difficile, se il contesto è molto incerto … Di certo, e per prima cosa, dobbiamo migliorare il segnale che i vostri titoli di studio mandano al mercato del lavoro. Attualmente è un pessimo segnale.
Nell’indagine OCSE che rileva le competenze cognitive necessarie per partecipare all’economia e alla società del XXI secolo (PIAAC) noi siamo i peggiori della graduatoria. I nostri giovani (25-34 anni) sono ultimi sia nella classifica della comprensione verbale di base (mean literacy score) sia in quella delle competenze più avanzate. Solo il 6% dei giovani italiani possiede le competenze cognitive di quarto e quinto livello (cioè quelle che richiedono la selezione delle informazioni, l’elaborazione di sintesi, la valutazione di evidenze e dell’affidabilità delle fonti), contro il 18% della media OCSE e il 37% della Finlandia.
Ed è proprio la valutazione delle competenze dei laureati che porta a questo esito sconfortante (Fig. 1), perché i non laureati, pur classificandosi sotto la media, non si posizionano proprio all’ultimo posto della graduatoria come i laureati. E’ importante sottolineare che le prove di literacy non servono a rilevare abilità tecniche specifiche, ma a valutare quanto un individuo comprende delle informazioni contenute nei materiali proposti nel test (quotidiani, manuali o siti Internet), e quanto sa ricercare ed usare le informazioni che servono per partecipare alla vita economica e sociale. E’ dunque davvero così scarsa la nostra capacità di comprendere, sviluppare e trasmettere informazioni?
Parliamone, perché “l’informazione rappresenta una risposta all’incertezza” (Arrow 1988).
“Prof, ma c’è scritto [sulla lavagna, ndr] Etica ed Economia …”
Sì, anche l’etica è importante, perché sostiene la fiducia (Arrow 1974).
Quindi ci servono sia l’informazione per ridurre l’incertezza sia l’etica per sostenere la fiducia.
E cominciamo subito, che c’è tanto da fare …