“Sarebbe interessante sapere quale fantastico stipendio venga offerto, a questa donna 30enne che dovrà essere anoressica, orfana, nubile e senza figli e senza zii e nipoti, disposta a mettersi a disposizione dall’alba al tramonto. Magari le proporranno qualche voucher di nuovo conio”.
La Cgil commenta così l’annuncio affisso alle vetrine di un centro estetico di Asti (di cui riporto qui accanto la foto, cancellandone il numero di telefono per evitare eventuali azioni di protesta). Il fatto: un centro estetico di Asti cerca un’estetista “senza problemi di famiglia, non in sovrappeso, di oltre 30 anni, senza problemi di orario, dal lunedì al venerdì orario continuato dalle 8:30 alle 19:30”. La Cgil provinciale chiede venga rimosso, poiché “offensivo e denigrante nei confronti della popolazione femminile”.
“Il breve testo si commenta da solo – spiega lo Sportello per i diritti delle persone e la Filcams – Non siamo nati ieri, e quindi non ci stupiscono, purtroppo, le discriminazioni verso le lavoratrici madri (o le figlie di genitori anziani). Neanche le pretese di orari molto ‘elastici’. E sappiamo che per certe mansioni serve la cosiddetta bella presenza. Cosa riesce ancora a stupirci è la rozzezza e la volgarità, l’impudenza di discriminare a viso aperto” prosegue la nota del sindacato, che invita “le ragazze a non rispondere ad annunci di questo tipo e invita le donne a cercare un altro centro estetico”.
Nonostante la disoccupazione, credo proprio che l’invito della Cgil sia superfluo: i centri di estetica faticano molto a trovare brave professioniste, tanto che il turn over del settore è molto alto. I dati Istat indicano che la professione è a vasta prevalenza femminile (96%) , ha un’età media prevalentemente sotto i 40 anni (65%) ed è leggermente dominata dalle lavoratrici indipendenti (53%). Quanto guadagnano? L’Istat ci dice che la media è di 44.500 euro lordi all’anno.
Considerato
l’identikit della professione, la ricerca del centro estetico in questione è perfettamente in linea, non foss’altro che richiede però “caratteristiche specifiche” difficilmente conciliabili con una donna di quell’età. Peccato inoltre che, secondo la legge italiana,
le offerte di lavoro devono prescindere dall’età anagrafica, dal sesso e dall’orientamento religioso e sessuale. In Italia la materia è già regolamentata dal
decreto legislativo 9 luglio 2003 che recepiva una direttiva europea del 1978.
Il cartello appeso alla vetrina è, quindi, illegale. Ma è senz’altro la cartina tornasole di tutto il non detto, che poi si palesa spesso durante i colloqui. Se i sindacati mettono alla gogna il cartello (e chi lo ha scritto), dovrebbero allora farsi un giro fra le disoccupate, di ogni età. A raccogliere le loro storie non si riempie solo un libro, ma una vera enciclopedia di discriminazioni, stereotipi, richieste “non a norma” che colpiscono da chi lavora alla reception alle manager. Lì cartelli da additare, però, non esistono.