Buone notizie per le donne africane. Secondo lo studio “Prospettive economiche in Africa”, appena pubblicato, alcuni Paesi del continente avrebbero raggiunto un livello di sviluppo medio-altro con effetti positivi anche sul fronte del rispetto delle pari opportunità. Il report – realizzato dalla Banca africana dello sviluppo in collaborazione con l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e con il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo – illustra, infatti, i progressi fatti da 18 Paesi su 54 dal punto di vista della sanità, dell’istruzione e, in generale, della qualità di vita. Questo non significa ovviamente che i problemi – più o meno noti a noi europei – del continente africano siano finiti. Lo studio sottolinea infatti che 544 milioni di africani su un totale di 1,2 miliardi di persone “continuano a vivere in condizioni di povertà” e persistono problemi come “il mancato accesso al combustibile per le cucine, all’elettricità e ai servizi igienici”. E tuttavia qualcosa si muove.
Lo studio evidenzia, infatti, come nel corso degli ultimi 10 anni in cinque Paesi africani – Botswana, Namibia, Rwanda, Lesotho e Mauritius – le donne hanno “raggiunto livelli di sviluppo umano praticamente equivalenti a quelli degli uomini”. Un trend che era stato confermato anche dagli ultimi report sul gender-gap del World Economic Forum dove il Rwanda figurava al quinto posto nella classifica dei Paesi più evoluti, subito dopo quelli scandinavi. Mentre rientravano nelle prime 20 posizioni anche Burundi, Namibia e Sud Africa. Un risultato decisamente migliore rispetto a quello dell’Italia che nel 2016 è scesa dal 41esimo posto al 50esimo.
A influire sull’avanzamento dei paesi africani sono sicuramente gli altri tassi di crescita che hanno contribuito a far entrare un numero sempre maggiore di donne nel mondo del lavoro e persino nella politica, come nel caso del Ghana (con Samia Nkrumah). Ma un grande incentivo lo stanno dando anche le azioni delle singole persone che, ognuna nel suo ambito, hanno iniziato a cercare di cambiare la mentalità e la cultura del loro Paese. È questo, ad esempio, il caso di Bruktawit Tigabu, produttrice, assieme all’associazione Whiz Bruktawit Workshop, di un cartone animato rivolto alle bambine etiopi. Tibet Girls, questo il titolo del cartoon, si rivolge infatti a tutte le ragazze ma soprattutto a quelle tra i 15 e i 24 anni che continuano ad essere il principale bersaglio di violenze ed abusi. Le protagoniste sono tre supereroine adolescenti mascherate che in ogni puntata difendono una bambina in difficoltà e raccontano alle giovani spettatrici, attraverso un linguaggio semplice e diretto, che un’alternativa esiste. Lo scopo del cartone è infatti quello di mostrare che, anche in Etiopia, nascere donna non equivale a una condanna. Ma che tutte le bambine hanno diritto a un futuro diverso fatto di istruzione, accesso al lavoro e soprattutto di rispetto.