No wash movement: quando la moda fa bene all’ambiente (e alla pelle)

viso2Lavarsi o non lavarsi? E quanto? E soprattutto come? Il dubbio non è da poco, se consideriamo il successo sempre più crescente del No Wash Movement. Si tratta, in sostanza, di una nuova tendenza che suggerisce di lavarsi poco, o comunque meno rispetto alle attuali abitudini. Il motivo? Evitare eccessivi consumi di acqua, e limitare la quantità di prodotti detergenti che, se usati troppo spesso, possono essere aggressivi per la nostra pelle.

gwineth-paltrowDiverse celebs hanno sposato la causa: alcune per motivazioni salutistiche (come ad esempio Gwineth Paltrow e Adele, particolarmente attente alla salute dei propri capelli, per i quali usano solo prodotti naturali considerati più rispettosi ed efficaci dello shampoo); altri per semplice pigrizia (come Johnny Depp, o Robert Pattinson che già diversi anni fa dichiarava di non lavarsi i capelli per settimane, perché semplicemente non gli importava); e c’è anche chi lo fa per limitare l’impatto ambientale (come Julia Roberts, Leonardo di Caprio e Brad Pitt).

julia-roberts-sin-cosmeticosI diversi approcci hanno dato origine a varie definizioni, come ‘no wash’, ‘no shower’, ‘low poo’, ‘no poo’, a seconda di quanto e come si scelga di lavarsi. Un segno dei tempi: secondo un’indagine condotta da Kantar Worldpanel e riportata da The Telegraph, in Inghilterra all’inizio di quest’anno che ha registrato come le consumatrici inglesi abbiano ridotto, per la prima volta dopo 10 anni, il numero di shampoo a meno di 3 la settimana.

Queste tendenze sono avallate anche da vari dermatologi tra cui il dottor Joshua Zeichner, assistente di dermatologia presso il Mount Sinai Hospital di New York, secondo cui la doccia fatta troppo spesso (soprattutto con acqua calda) può seccare e irritare la pelle, eliminare i “batteri buoni” e causare piccole escoriazioni che aumentano il rischio di infezione, funghi e allergie.

Inoltre, proviamo a pensare a quanti prodotti, flaconi, barattoli e spray sono presenti sugli scaffali delle nostre toilette. Quanti di questi devono essere sciacquati? Quanti si trasformeranno in schiuma? Quale sarà lo smaltimento delle loro confezioni? Si tratta di domande che i consumatori più attenti  hanno iniziano a farsi sempre più spesso e a cui le aziende stanno tentando di rispondere, come nel caso della start-up americana Akamai. Questa azienda promette, infatti, con soli tre prodotti (una sapone polivalente, un dentifricio ed un olio spray) di sostituire flaconi, tubi, bottigliette e vasetti presenti sul nostro lavandino del bagno. La filosofia dell’azienda è quella di incentivare le persone a “comprare meno” e “lavarsi utilizzando meno prodotti”, come dichiara il co-fondatore Vincent Cobb, secondo cui “le aziende del personal care vorrebbero farci consumare sempre più prodotti e farci lavare sempre più spesso, facendoci credere che è ciò indispensabile per avere pelle capelli e denti sani”. Va nella stessa direzione la decisione degli Usa di vietare, a partire da settembre 2016, i saponi antibatterici dopo che la Food and Drugs Administration aveva stabilito che la loro reale azione non era dimostrabile, mentre poteva esserci un rischio legato a “un eccesso di disinfezione”.

visoE poiché il 5 giugno è stato il World Environment Day, la giornata promossa dalle Nazioni Unite per “incoraggiare sempre più persone ad agire (…) ed evitare di portare l’intero eco-sistema al punto di rottura”,  un atteggiamento più critico e responsabile rispetto a quanto e come ci laviamo non può che giovare all’ambiente.

Si può cominciare con piccoli gesti quotidiani, senza per questo rinunciare del tutto al piacere di farsi belli. Perché, come afferma la scrittrice Katherine Ashemburg, autrice del libro Clean: An Unsanitised History of Washing, “Convincere le persone, e specialmente le donne, a usare meno prodotti o accettare l’idea di non essere perfettamente profumate non è facilissimo, perché crea un senso di insicurezza, e ovviamente la pubblicità delle aziende fa leva proprio su questo.”