Al parco gironzolando fra altalene e scivoli. In spiaggia schivando pallonate e asciugamani stesi per terra. Fuori da un ristorante aspettando che arrivi l’ordinazione. La scorsa estate erano ovunque e non si poteva fare a meno di notarli: erano i papà e le mamme che cellulari alla mano trascinavano i figli in una stravagante ricerca virtuale di bestioline strane, fra puntate a fare rifornimenti strani e battaglie in palestre multicolore. La mania di Pokemon Go aveva risparmiato pochi e ingabbiato i più in un confronto a distanza con amici e parenti per una collezione di figurine impalpabili.
A distanza di meno di un anno i ricercatori della University of Washington tirano le somme di questa mania collettiva. Diseducativo? Controproducente per lo sviluppo intellettivo? Limitante rispetto alla realtà reale? Tutt’altro. Chi gioca a Pokemon Go con i propri figli fa molto di più che giocare, secondo i ricercatori. I benefici, infatti, sarebbero molteplici: maggior esercizio fisico, più tempo speso all’aperto e maggiori opportunità di rinsaldare i rapporti familiari.
La ricerca sarà presentata ufficialmente alla conferenza Chi 2017, organizzato dalla Association for Computing Machinery a Denver, ma qualche evidenza è già stata diffusa. Il videogioco di origine giapponese ha aiutato soprattutto nei rapporti “!incrociati: madre con figlio e padre con figlia. Per non parlare del maggior dialogo con i teenager. I genitori, inoltre, hann notato una maggior propensione dei loro figli ad uscire per portare fuori il cane o per camminare, al posto di andare in auto, in occasione di uscite di famiglia. Tanto che è nato il neologismo: Poke-walk.
Certo i risultati non sono stati tutti e completamente positivi: Alcuni fra i genitori presi in esame hanno espresso sensi di colpa per aver fatto giocare i figli a Pokémon Go, molti hanno detto di aver posto dei limiti al gioco per evitare che i bambini fossero assorbiti dal gioco a tal punto da ignorare le auto o altri pericoli “del mondo reale. Per questo i genitori hanno concesso un tempo determinato per il gioco a patto che i bambini avessero prima svolto i lavori di casa e i compiti di scuola. Nella maggior aprte dei casi, poi, i genitori hanno comunque mantenuto il controllo dello smartphone durante i momenti di gioco.
Pokemon Go sdoganato se non santificato quindi? Tutt’altro. Perché le ricerche tocca leggerle fino in fondo se si vuole che abbia un senso parlarne. E così si scopre che la ricerca in realtà è basata su sondaggio con un panel di 67 genitori e su 20 intervista a genitori che giocavano con i loro familiare a Pokemon Go nel parco di Seattle. Mentre sono stati esclusi dalla ricerca i genitori che non hanno permesso ai loro figli di giocare al famoso videogioco. Ma un panel di ricerca così ridotto e con caratteristiche omogenee di comportamento, può davvero essere significativo? E soprattutto può avere una valenza accademica, se non scientifica?
La ricerca in sé mi lascia molto perplessa e credo che i genitori che hanno giocato a nascondino al parco, a costruire castelli in spiaggia e al gioco delle associazioni di idee aspettando la pizza al ristorante con i loro figli l’estate scorsa hanno ottenuto gli stessi (se non maggiori) benefici dei genitori pro Pokemon Go. La soluzione per far uscire i bambini non può essere quella di dar loro in mano un video da seguire, come novello pifferaio magico. Così come le relazioni genitori-figli (soprattutto se adolescenti) non possono essere affidate al fatto che i genitori entrino in una realtà virtuale che già troppo spesso sta fagocitando le nuove generazioni.
E poi mi resta un sospetto: non sarà che per i genitori i figli sono stati solo una scusa per lasciarsi andare a una caccia al pupazzetto che non avrebbero potuto giustificare altrimenti?