Overqualified. Troppo qualificato per il lavoro che fa. Capita a quasi un dipendente su cinque. Il fenomeno, che riguarda tutta Italia, penalizza soprattutto donne, stranieri e giovani laureati. È quanto emerge dalla ricerca 2015 «Le azioni di social investment a Milano» della Camera di commercio di Milano attraverso il Politecnico di Milano, dipartimento di Architettura e studi urbani.
A livello nazionale, il fenomeno della sovra-qualificazione della forza lavoro occupata interessa il 15% degli occupati, per un totale di circa 3,2 milioni sui 22 milioni di lavoratori occupati nel 2012. Gli over-qualificati italiani hanno perlopiù un diploma di scuola superiore (53%), ma una quota importante riguarda anche le persone con laurea (40%). Dove lavorano? Per la maggior parte si concentrano nel mondo dei servizi e dell`industria.
Un primo fattore che discrimina fortemente i lavoratori sovra-qualificati è l’età; infatti, il fenomeno tende a interessare maggiormente le persone con età 25-34 anni (21,58%) andando a ridursi con il crescere dell’età degli intervistati fino a circa l’8% dei lavoratori over 55.
Nello spaccato di genere, le donne, che si trovano ad affrontare quotidianamente un lavoro al di sotto delle loro competenze, sono il 14% dei casi contro il 12% degli uomini. La situazione peggiora poi per gli stranieri, la cui percentuale sale addirittura al 37,5%.
«Questa ricerca mette in evidenza una nuova forma di difficoltà nel mercato del lavoro – ha dichiarato Massimo Ferlini, membro di giunta della Camera di commercio di Milano – accanto alla mancanza di una occupazione, che però ad essa si affianca. Si creano situazioni di disagio sia per qualità del lavoro che per remunerazione, rispetto alle aspettative delle persone. Si tratta di situazioni che spesso non riescono a durare a lungo e che quindi nascondono forme di precarietà. C’è in questi dati il risultato degli ultimi anni di crisi».
I lavoratori sovra-qualificati italiani si concentrano prevalentemente nelle professioni tecniche (23,3%) e nelle posizioni impiegatizie (16,6%), mentre per gli stranieri c’è una prevalenza delle posizioni manuali non qualificate (54,6%) o come operai e artigiani specializzati (17,3%). Gli stranieri sono concentrati nelle attività di cura della persona, della ristorazione e del settore alberghiero, mentre gli italiani si concentrano prevalentemente nel settore manifatturiero e del commercio, ma anche l’istruzione, la sanità e la pubblica amministrazione, la finanza, le assicurazioni e la comunicazione, spesso come primo accesso da parte di giovani laureati.
Una fotografia desolante. Resta da capire se è dovuta alla mancanza di posizioni qualificate o piuttosto alla carenza di preparazione specifica per poter occupare più qualificanti. Solo studiando le motivazioni del fenomeno si può mettere a punto un piano di lavoro che sani la situazione.