La Frontiera di Alessandro Leogrande, per capire cos’è la migrazione

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Mi sono spesso chiesta, negli ultimi tempi, che cosa avrebbe detto Alessandro Leogrande sulle vicende degli sbarchi negati, delle chiusure dei porti, dell’arresto del sindaco di Riace Mimmo Lucano. In questa Italia sconquassata di inizio 2019 manca una voce come la sua, e tanto. I fortunati che hanno avuto modo di conoscerlo e di ascoltarlo sanno bene a che cosa mi riferisco. Chiunque sui social si riempie la bocca sulla questione dei migranti dovrebbe leggere “La Frontiera” (Feltrinelli, 2015) prima di sputare sentenze, improperi, anatemi. Chiunque lavori – a qualsiasi livello – su questa dolorosa e difficile problematica del nostro tempo (e che del nostro tempo propriamente non è) non può prescindere dall’affrontare la lettura, lo studio e l’analisi di un saggio che è anche un autentico trattato che affronta questo tema come pochi – o forse nessuno  – avrebbero saputo fare.

Non mi vergogno a scrivere che nutro una sorta di timore reverenziale nel maneggiare questa materia, sia per rispetto alla memoria di Leogrande e al suo straordinario lavoro e per rispetto delle numerose vite che lui ha studiato, conosciuto e saputo raccontare con una voce autorevole eppure accorata, sincera e priva di retorica.

È passato poco più di un anno dalla scomparsa prematura del giornalista, scrittore e filosofo tarantino che lasciò tutti attoniti. “La Frontiera” rappresenta il suo testamento spirituale, la sua eredità. Ancora oggi, a distanza di più di tre anni dalla pubblicazione, è un libro di un’attualità sconcertante. È doloroso, ma necessario perché va dritto al cuore del tema della migrazione, condensando tutti gli aspetti che occorre necessariamente prendere in considerazione per affrontare seriamente questo tema: da quello più squisitamente giornalistico a quello storico; dal piano sociologico a quello geopolitico, solo per citarne alcuni, senza sfoggio di spocchia retorica. E chissà come avrebbe commentato il Decreto Sicurezza, la propaganda sugli sbarchi e sull’ “invasione”.

Uno dei pregi del testo di Leogrande è il ferreo rigore metodologico che non fa sconti al lettore, e gli racconta la realtà così com’è.

«I racconti peggiori riguardano sempre la Libia. Qui i trafficanti sembrano abbandonarsi ad ogni delirio. I migranti vengono trattati come cani, picchiati per un nonnulla; alcuni ragazzi dicono di essere stati bastonati senza ragione. Violentare le donne di ogni età è la prassi. Uno dei racconti più agghiaccianti che Syoum mi ha riferito riguarda due ragazze prigioniere a Sebha, nel cuore del deserto. Le hanno portate in un magazzino, le hanno cosparse di benzina e le hanno costrette ad avere rapporti sessuali: una delle due l’hanno uccisa» si legge in un passaggio della prima parte.

Dal naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013 alla questione eritrea e alle sue implicazioni storiche che affondano le radici (più che evidenti) nel periodo coloniale italiano. Fino a lambire altre frontiere come quella del Sinai e – en passant – a citare quella interna dell’Alto Adige o Sudtirol, concludendo con l’operazione Mare Nostrum. Leogrande riesce nell’impresa di analizzare ogni vicenda, ricavandone una più piccola al suo interno, come in un gioco di matriosche, restituendo un quadro davvero complesso di cui in pochi hanno vera percezione, intervistando decine di persone, migranti e superstiti, guardando alle fonti. Si fa strada nel lettore e come una bussola lo guida per aiutarlo nell’operazione di mettere insieme i pezzi di un puzzle mastodontico.


«La frontiera corre sempre nel mezzo» scriveva Leogrande. Una linea sottile, impercettibile eppure profonda che scava solchi e separa le vite.

Titolo  La Frontiera

Autore  Alessandro Leogrande

Casa editrice  Feltrinelli

Anno di uscita  2015

Prezzo  17,00 euro