114 milioni di spettatori, in media, per la partita più importante dell’anno negli States. Proprio per questo il Super Bowl è molto di più di un evento sportivo. Diventa, soprattutto per le aziende che riescono a conquistare uno spazio pubblicitario, una vetrina di dimensioni inimmaginabili. Una vetrina che costa 5 milioni di dollari ogni 30 secondi.
Nell’edizione di quest’anno Audi ha investito per dar spazio a uno spot affatto scontato. Dopo la pubblicità di dicembre, realizzata in Spagna, che vedeva una bambola scegliere un’Audi al posto della classica carrozza tutta rosa, la casa automobilistica torna a scegliere la parità di genere come tema centrale per una propria campagna pubblicitaria. E lo fa davanti ad un pubblico a prevalenza maschile (54%). Proprio agli uomini è rivolto il messaggio e fa leva sul loro “punto debole”, le figlie. Un papà accompagna la propria figlia a una corsa di cart e mentre la vede gareggiare si chiede: “Cosa dovrei dire a mia figlia? Che nonostante la sua educazione, il suo impegno, le sue abilità, la sua intelligenza sarà automaticamente valutata meno di ogni uomo che incontrerà? O forse potrò raccontarle qualcosa di diverso”. Ma la rete non ha gradito.
Sui social non sono mancati gli attacchi, tanto che il video su Youtube, su 5,3 milioni di visualizzazioni, ha registrato quasi 45mila “dislike” contro i ben più esigui 9.700 like. D’altra parte basta fare un giro sui siti corporate della casa automobilistica: nel board neanche una donna e nel su 14 executive solo due sono donne. Ma Audi non si è sottratta al confronto e ha risposto a quanti l’hanno attaccata sui social media, ribadendo di essere impegnata nel portare avanti una campagna interna per un trattamento retributivo equo fra uomini e donne e per la valorizzazione dei talenti femminili, a partire dalle selezioni all’ingresso dell’azienda.
Certo la strumentalizzazione di certi temi a fini pubblicitari non è accettata, se poi all’interno delle aziende non vi è una coerenza nell’adottare gli stessi principi. Ma c’è da chiedersi se con lo spot del SuperBowl la casa automobilistica abbia fatto più un servizio a se stessa o a chi da anni sta cercando di portare avanti certe campagne di equità a suon di percentuali, statistiche e discorsi di principio. Come abbiamo fatto anche noi diverse volte su queste pagine (anche parlando ai genitori), riscuotendo sempre una percentuale di visualizzazioni bassa rispetto ad altri temi di natura meno “rivendicativa”. Forse in Audi non stanno applicando alla lettera la parità di genere, ma di certo hanno trovato un modo per parlare del tema agli uomini. Un modo che noi donne non avevamo ancora trovato, evidentemente.