Violenza sulle donne, l’aumento tra i giovani tra modelli che non funzionano e analfabetismo emotivo

ANSA/LUCA VECCHIATO

Analfabetismo emotivo e carenza di educazione sessuale; Covid, con il carico di ansia, depressione, stress sulle nuove generazioni; aumento esponenziale di uso di social e internet;  mancanza di modelli chiari degli adulti; massiccio ricorso ai porno. Le ragioni alla base di un aumento dell’aggressività, della violenza tra i giovani, (di cui nell’inchiesta del Sole 24 Ore del 25 novembre e nel dossier online), di una violenza che spesso ha chiari connotati di genere e sessismo, sono tante, e probabilmente concorrono tutte assieme a definire il quadro di una generazione schiacciata tra modelli maschilisti del passato e il desiderio di parità e libertà. Una generazione di cui gli adulti si devono occupare con urgenza, con azioni strutturate e mirate, se si vuole davvero cancellare la violenza sulle donne in tutte le sue manifestazioni. «Quanto fatto fin ora – ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – non è, tuttavia, sufficiente a salvaguardare le donne, anche giovanissime, che continuano a vedere i loro diritti violati. È un’emergenza che continua».

Scontro di modelli

I dati parlano di fenomeno complesso, preoccupante, sotto tanti versanti. C’è l’aumento dei reati, come mostrano le violenze sessuali sulle giovanissime la cui incidenza, secondo la polizia criminale, è  aumentata dal 2020 da quota 24% al 27 per cento. Secondo i dati del tribunale di Milano, che fotografano le sentenze dal 2021 al 20 settembre 2024, le condanne per i reati orientati al genere (violenze sessuali, maltrattamenti, atti persecutori)  per circa il 60% riguardano la fascia d’età 18-41 anni. Leggendo questi dati assieme al riscontrato abbassamento dell’età nella violenza di genere, la giudice Paola Di Nicola Travaglini rimarca che gli adulti non sono riusciti a costruire dei modelli maschili adeguati. E oggi c’è uno scontro di modelli con i ragazzi che sono stretti nella «lotta tra la struttura millenaria patriarcale tradizionale  e la libertà femminile che non si fa arginare da niente e nessuno». Fabio Roia, presidente del tribunale di Milano, parla della (a volte tanto negata) cultura patriarcale che «giovani adulti continuano a perpetuare come modello di predominio maschile nelle relazioni».

L’effetto Covid

Come si è arrivati a una situazione del genere, nonostante le campagne informative, la maggiore attenzione nelle scuole, il gran parlare che si fa, soprattutto in alcune date rappresentative come il 25 novembre o l’8 marzo, del problema della violenza sulle donne è da leggere assieme a tanti altri elementi che si sono sommati e susseguiti. «La pandemia di Covid- commenta Simona Lanzoni, vicepresidente di Pangea Onlus e già membro di Grevio  – è stata uno spartiacque visto che ha limitato la libertà di movimento, ha accresciuto stress, l’ansia e le tensioni in famiglia. In quel momento è cominciato in maniera pesante l’uso di internet e cellulare da parte dei ragazzi, con un aumento generale dell’aggressività sia sui social sia nelle relazioni». In più Lanzoni registra tra i giovani una certa percezione di impunità, «l’idea diffusa che le istituzioni e i diritti valgano poco».

Mancanza di consapevolezza

Un altro fattore da mettere in luce è rappresentato dalla mancanza di consapevolezza, di conoscenza di come funzionino i rapporti sentimentali, le relazioni sessuali, tra i  più giovani. «Manca completamente – prosegue Lanzoni – l’educazione sessuale nelle scuole, la capacità di gestire conflitti».  A colmare questi vuoti ci ha pensato la pornografia, facilmente accessibile, e ha “influenzato molto le nuove generazioni. Ne deriva che i maschi credono di aver il diritto di fare quello che vedono on line e, d’altro canto, «hanno talvolta bisogno del branco per entrare in relazione sessualmente con una ragazza. E’ la negazione del consenso», aggiunge la vicepresidente di Pangea.  Alcune recenti dimostrano la difficoltà dei giovani a gestire relazioni sane, non improntate al controllo e al possesso: secondo l’ultima indagine di Fondazione Libellula un adolescente italiano su tre ha subito un episodio di violenza e un giovane su cinque non è in grado di riconoscere gli abusi nelle relazioni.  Nelle relazioni amorose, dice Differenza Donna, il 30% dei giovani crede che la gelosia sia una dimostrazione d’amore, percentuale che sale al 45% tra i 14-15enni, mentre il 19% considera la geolocalizzazione accettabile. Il 39% dice di aver subito violenza, con picchi tra le persone non binarie (55%) e le ragazze (43%).

Servono persone che parlino il linguaggio dei giovani

Superare questa situazione non è facile, servono investimenti. Per il giudice Roia, e la sua opinione è largamente condivisa, occorre partire dalle scuole, andando a parlare con i ragazzi, ma facendo attenzione a usare il loro linguaggio, per entrare in connessione con i più giovani. «Bisognerebbe investire molto sul piano educativo, in maniera strutturata e competente, insegnare il rispetto alla diversità di genere nelle scuole primarie, fin dagli asili nido, mandando a parlare persone che sappiano ‘agganciare’ i più giovani sul piano educativo. Servirebbe l’impegno di influencer che si impegnino con l’obiettivo rispetto della diversità di genere. Bisogna, in particolare, avere il coraggio di cominciare  a parlare di sessualità, spiegando che c’è violenza sessuale dove non c’è consenso».  Paolo Mattei, vicepresidente Inc e portavoce di Inc Non profit Lab, ritiene che scuola e famiglia sono i luoghi da cui ripartire, ma che bisogna farlo presto, perché “a 14 anni rischia di essere già tardi». E allora «bisogna dire ai ragazzi – afferma – che possono e devono chiedere aiuto ed essere aperti all’ascolto, con una particolare responsabilità per la scuola e la famiglia, le due cellule della società dove è più facile intercettare questo malessere.  Prima che sia troppo tardi (come recita il titolo della ricerca presentata dall’associazione, ndr), aiutandoli a uscire dalla palude di quell’analfabetismo emotivo che confonde l’amicizia con il sopruso e l’amore con la sopraffazione e la violenza».

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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.

Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.

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