Tingere il mondo di arancione per sensibilizzare l’opinione pubblica contro la violenza sulle donne: si chiama “Orange the World” la prima campagna internazionale a cui aderisce il comitato Un Women Italy, costola italiana dell’agenzia Onu per la promozione dell’uguaglianza e dell’emancipazione delle donne operativa da quest’anno nel nostro Paese. Con un hashtag eloquente – #nessunascusa -, una mobilitazione che durerà dal 25 novembre al 10 dicembre e un obiettivo: chiamare istituzioni, politica, imprese e attivisti a uno «sforzo corale» contro quella che ormai non si può più definire un’emergenza. Perché ogni 11 minuti una donna viene uccisa nel mondo da un partner o un familiare e in Italia sono stati commessi 90 femminicidi soltanto dall’inizio del 2024. E perché il circolo vizioso tra scarsa indipendenza economica, lavoro femminile di bassa quantità e qualità, discriminazioni e stereotipi produce mostri: è il nemico da spezzare.
L’iniziativa è stata presentata il 14 novembre alla tavola rotonda “Un Women Italy: costruire insieme un futuro – L’agenda delle Nazioni Unite e dell’Italia”, che si è tenuta a Roma, nella Sala della Lupa della Camera dei deputati. Un confronto voluto da Un Women Italy per ribadire quanto molestie, abusi e femminicidi rappresentino uno dei principali ostacoli al raggiungimento della parità di genere. Combatterla è un pilastro centrale dei 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu 2030.
La fotografia in numeri
Un adolescente su quattro nel mondo subisce maltrattamenti dal partner, il 55% dei femminicidi avviene in casa, e più di 230 milioni di bambine e donne hanno subito mutilazioni genitali. La situazione appare tragica anche in Italia, dove i dati confermano che il 31,6% delle donne ha subito violenza fisica o sessuale, con 2.923 denunce solo nei primi tre mesi del 2024, di cui il 91% riguarda vittime donne. Dei 90 femminicidi conclamati in Italia, 77 erano in ambito familiare o affettivo. Il luogo di lavoro, che dovrebbe essere uno spazio di crescita e rispetto, ha visto un incremento delle denunce dell’81% negli ultimi due anni. La violenza di genere, in sintesi, non è una questione privata, ma va affrontata attraverso un impegno a tutti i livelli, nazionale e locale.
Il lavoro al centro
«La buona notizia è che la violenza si può prevenire», ha scandito nel suo videomessaggio in apertura dei lavori Kirsi Madi, deputy executive director for resource management, sustainability and partnerships di Un Women. «Abbiamo evidenza di cosa funziona: una legislazione antiviolenza, servizi intersettoriali, fondi dedicati». Nella cassetta degli attrezzi c’è prima di tutto il lavoro. «L’Italia, nel 2024 è scesa all’87° posto nel Gender Gap Report del World Economic Forum, perdendo 18 posizioni rispetto al 2014», ha ricordato Darya Majidi, imprenditrice informatica italoiraniana e presidente Un Women Italy. «Un dato che ci colpisce ancora di più se pensiamo all’articolo 1 della nostra Costituzione, che dichiara l’Italia una Repubblica fondata sul lavoro: eppure, oggi solo il 56% delle donne italiane gode realmente del diritto al lavoro, rispetto alla media europea del 70%».
Di lavoro tanto si è discusso nel corso di una mattinata ricca di interventi e testimonianze. La ministra della Famiglia, della Natalità e delle Pari opportunità, Eugenia Roccella, ha sottolineato nel suo saluto a nome del Governo i passi in avanti dell’Italia sia sul piano normativo – l’ultimo intervento, lo scorso anno, approvato all’unanimità dal Parlamento ha rafforzato il Codice Rosso per la tutela delle vittime di violenza e la prevenzione, sul piano dell’ammonimento, del braccialetto elettronico e della distanza minima di avvicinamento – sia i progressi degli ultimi due anni sul fronte dell’occupazione, anche femminile.
Il dramma del ritardo italiano
Moltissimo, però, resta da fare per colmare il divario italiano. Il tasso di occupazione femminile, salito nel 2023 al 56,5% è sicuramente un avanzamento, dietro il quale però si nascondono molte ombre. La distanza dalla media Ue (70,2%) è siderale, così come quella dal tasso di occupazione maschile (76%, contro l’80,5% nell’Unione europea). Ma ciò che preoccupa di più è la tendenza di lungo periodo, evidenziata egregiamente dai dati Eurostat snocciolati da Saverio Gazzelloni, direttore centrale Istat per le statistiche demografiche e il censimento, che ha comparato il miglioramento dell’occupazione delle donne nei Paesi europei tradizionalmente più fragili.
Ebbene, dal 2014 al 2023 il tasso di occupazione femminile è salito del 19,3% a Malta, del 17,7% in Serbia, del 13,8% in Grecia e in Polonia, del 12,7% in Croazia, del 10,6% in Spagna e soltanto del 6,4% in Italia. Fanalino di coda dei progressi. «Gli altri hanno quasi raddoppiato il ritmo, noi no», ha commentato Gazzelloni. «Siamo di fronte a un modello italiano di mercato del lavoro rigido, frutto di un misto di modelli culturali ed economici. Modificarlo è centrale». Anche per tenere conto del drammatico gap territoriale: al Nord lavora il 37,3% delle giovani tra i 15 e i 29 anni che lavorano, al Sud la percentuale crolla al 18,7 per cento.
L’importanza dell’indipendenza economica
L’autonomia economica e finanziaria delle donne come chiave di libertà, anche dalla violenza, è stata sottolineata da molte relatrici: la presidente della commissione d’inchiesta sul femminicidio, Martina Semenzato, la ha messa al centro dell’impegno dei deputati e dei senatori. La presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul lavoro in Italia, Chiara Gribaudo, ha indicato l’occupazione femminile come tassello essenziale per il contrasto alla violenza. La direttrice del Dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio, Laura Menicucci, la ha segnalata come primaria area di intervento, ricordando anche come il lavoro femminile debba essere «di qualità» e non debba essere penalizzato, come di fatto è, dalle eventuali scelte di maternità. Una penalizzazione – ha aggiunto Paola Profeta, prorettrice per la diversità, l’inclusione e la sostenibilità, nonché professoressa di scienza delle finanze all’Università Bocconi – «che si trascina per tutta la vita e che genera un problema, anche in termini di aumento della povertà tra le donne».
Studentesse più brave, ma il gender pay gap si manifesta subito
Cruciale è l’asse con il mondo universitario. «Le università stanno monitorando cosa accade negli atenei», ha detto la presidente della Conferenza dei rettori, Giovanna Iannantuoni, in collegamento da Milano. «Tra gli studenti osserviamo ormai una parità sostanziale, con le studentesse che si laureano prima dei colleghi maschi e con voti medi più alti in tutti i campi. Ma a tre e a cinque anni dalla laurea le donne già guadagnano meno a parità di formazione. È un dato allarmante e ingiusto, su cui bisognerebbe intervenire anche dal punto di legislativo. Perché si guadagna meno soltanto in quanto donne».
Imprese agenti di trasformazione
Fondamentale il sistema delle imprese, riconosciute dall’Onu come agenti di trasformazione che con le buone pratiche possono contaminare il Paese. La spinta della certificazione di parità introdotta dal Pnrr e attuata con la legge 162/2021 si sente. Come ha riferito Menicucci, le aziende con il bollino blu oggi sono più di 5mila. «Mai vista tanta attenzione da parte datoriale al tema», ha riconosciuto la Consigliera nazionale di parità, Filomena D’Antini, che si è detta fiduciosa: «Il mondo del lavoro è stato messo in condizione dall’Europa e dal Governo di assumere più donne. È un buon inizio, perché chi è libera di vivere è libera di salvarsi».
Tante le esperienze di emancipazione, anche nella Pubblica amministrazione, raccontate in prima persona. Per il ministero della Difesa hanno portato la loro testimonianza la vice segretaria generale, Luisa Riccardi, e la direttrice centrale del personale civile, Maria De Paolis, rilevando la forza della complicità tra donne per creare ambienti di lavoro più equi; per la magistratura, la sostituta procuratrice di Santa Maria Capua Vetere Annalisa Imparato, ha evidenziato quanto le donne possano incidere per una giustizia più giusta.
Fare cultura: un’urgenza internazionale
«Viviamo in una società in cui il linguaggio e i gesti di violenza aumentano e non diminuiscono», ha avvertito la deputata Annarita Patriarca, segretaria di presidenza della Camera, lanciando l’allerta su giovani e tecnologie. «La battaglia è di tutti, da combattere non solo attraverso norme e strumenti di repressione, ma con un approccio culturale nuovo, fatto di educazione e rispetto, di consapevolezza a livello internazionale». Lo sa chi lavora in prima linea nella cooperazione, come Laura Aghilarre, vice direttrice generale per la cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri, e Luca Fratini, coordinatore dell’Agenda Donne, pace e sicurezza dell’Onu: entrambi hanno illustrato gli sforzi per promuovere la parità e il lavoro delle donne a livello globale. Lo sa chi conosce bene l’Agenda Onu 2030, come Dora Iacobelli, coordinatrice del gruppo di lavoro Asvis sul goal 5 “Parità di genere”. Lo sanno anche le associazioni, come hanno rilevato Adriana Macchi (presidente Soroptimist International Italia) e Giulia Minoli, presidente della Fondazione Una Nessuna Centomila.
I progetti sostenuti da Un Women Italy
Da qui nascono i progetti che Un Women Italy ha deciso di sostenere, descritti da Caterina Tonini, vicepresidente Un Women Italy: “Orange the World”, che è parte integrante di Unite, l’iniziativa Onu che dal 2008 esorta i Governi ad accelerare l’attuazione delle 4P della Convenzione di Istanbul (prevenzione, protezione, punizione e politiche concrete per la parità) e che terminerà il 10 dicembre, nella Giornata internazionale dei diritti umani, con l’obiettivo supplementare di raccogliere fondi per le donne del mondo più in difficoltà; “He for She”, per il coinvolgimento degli uomini; “Women’s Empowerment Principles”, i sette principi definiti dall’Onu per favorire una cultura aziendale e un management che mirino alla parità tra uomini e donne; la sensibilizzazione dei giovani, target chiave .
«Puntiamo a mobilitare tutti gli attori della società per fare squadra», ha detto Tonini. «Una squadra in cui le aziende, dalle piccole alle grandi, rivestono un ruolo cruciale come agenti di trasformazione. Chiediamo un supporto per una forte sensibilizzazione del mondo aziendale da parte del terzo settore, insieme a normative che incentivino la parità e l’inclusione, per rappresentare un acceleratore concreto verso una società più equa. Solo così potremo creare un impatto reale e duraturo».
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