Congedo di paternità e parentale: due diritti ancora poco utilizzati

Pochi li chiedono per paura di veder compromessa la propria carriera, e c’è persino chi non sa nemmeno di averne diritto. Congedo di paternità e congedo parentale: due diritti che ancora non vengono considerati tali da molti papà che preferiscono persino rinunciarci a causa del timore di compromettere il proprio percorso lavorativo come accade da decenni alle donne.

È quanto è emerso da un’indagine su congedi e conciliazione condotta da 4e-parent: un progetto che fa capo all’Istituto superiore di sanità, ed è finanziato dalla Commissione europea con l’obiettivo di promuovere il coinvolgimento concreto dei papà fin dalla gravidanza, sostenere una genitorialità equa e responsabile e decostruire gli stereotipi di genere. L’indagine ha cercato di far uscire la voce dei papà sottoponendo loro due questionari.

Il primo era rivolto ai genitori con figli nati tra 2018 e 2023, ed è stato diffuso sui social negli ultimi quattro mesi del 2023 coinvolgendo 4.500 intervistati – di cui 3811 mamme e 720 papà – da tutte le regioni italiane. L’altro questionario, rivolto ai dipendenti (genitori e non) di 6 aziende italiane è stato somministrato tra la fine del 2023 e l’inizio del ’24 e ha coinvolto 1000 persone.

L’indagine online

L’indagine ha rivelato che due terzi dei padri hanno effettivamente usufruito del congedo di paternità (10 giorni lavorativi retribuiti al 100%) ma solo il 20% ha scelto di utilizzare il congedo parentale (o genitoriale) perché poco pagato (solo il 30% della retribuzione media giornaliera). La maggior parte di loro ha infatti dichiarato che sarebbe più incentivata a richiederlo se venisse pagato almeno all’80%. A frenare ben il 35% degli intervistati è inoltre l’idea che chiedere il congedo parentale creerebbe loro problemi sul posto di lavoro.

Dall’indagine online è emerso inoltre che sono ancora tantissimi – il 55,3% – i papà che non hanno potuto usufruire del congedo di paternità perché non ne avevano diritto in quanto liberi professionisti a partita Iva. Il 12,7% non ha potuto usarlo pur avendone diritto mentre il 15,2% non ha voluto usarlo. Un dato preoccupante riguarda chi non l’ha usato perché ignorava l’esistenza di questo strumento: ben il 6,6% dei papà.

Per i padri che avrebbero voluto usare il congedo di paternità ma non hanno potuto, la motivazione sembra essere la presenza di resistenze da parte dei datori di lavoro. Un intervistato ha ammesso infatti di aver sentito «una pressione sociale che mi ha portato a non prendere più dei 10 giorni che venivano offerti. Avevo l’impressione che sarei stato penalizzato in futuro per la mia carriera».

Chi invece ha scelto di non avvalersi di questo strumento l’ha fatto, nella maggior parte dei casi, perché ha ritenuto sufficiente la presenza della mamma e/o dei nonni. Un pensiero che rivela come il congedo di paternità sia visto ancora, in maniera molto superficiale, come un mero strumento per dare aiuto pratico e non come l’opportunità per la nuova famiglia di costituirsi come tale e soprattutto per creare fin da subito un forte legame tra padre e nuovo nato.

L’indagine nelle aziende

L’indagine all’interno delle aziende ha visto il coinvolgimento di 1000 persone, dipendenti di 6 aziende. Di questi 207 erano madri e 418 padri che hanno dichiarato di aver usato il congedo parentale rispettivamente nel 59% dei casi e nel 36%.

Le mamme hanno chiesto circa 90 giorni, mentre i papà solo 10. Due terzi degli intervistati hanno dichiarato che se questi giorni fossero stati meglio retribuiti ne avrebbero presi di più e gli uomini hanno persino dichiarato che sarebbero arrivati a chiedere fino a 30 giorni di congedo.

Dall’indagine è emerso anche che sono ancora pochi i papà che usano il congedo di paternità: secondo il questionario solo il 45%. Un dato che fa riflettere se si tiene conto del fatto che le aziende che hanno partecipato all’indagine sono considerate “family friendly”. Il motivo? Per il 14% degli intervistati la ragione è il timore di avere problemi sul lavoro, il 33% non sapeva di averne diritto, e il 53% ha ammesso di non averlo chiesto perché era la partner a stare a casa con il neonato.

Cambiare cultura per fermare la denatalità

La grande maggioranza dei genitori intervistati in entrambe le indagini si è detta d’accordo con il principio del congedo paritetico. Tutti inoltre hanno evidenziato la necessità che i manager e, più in generale, tutta la cultura aziendale diventino più attente al tema della conciliazione e del sostegno della genitorialità. Ma ad essere estremamente carente secondo i neogenitori è anche il sostegno da parte della politica. Un problema che unito alla mancanza di risorse e alle resistenze all’interno del mondo del lavoro trasforma la vita dei genitori in una corsa ad ostacoli quotidiana.

Una sfida impari dove spesso gareggia solo chi può permetterselo come raccontano bene gli ultimi dati del report Istat sulla natalità e sulla fecondità: in Italia nei primi sei mesi del 2024 sono nati ancora meno bambini. Ci sono state, infatti, 4600 nascite in meno rispetto allo stesso periodo del 2023 (-2,1%). Una flessione che sembra non arrestarsi e che secondo i papà intervistati troverebbe invece un argine proprio nella genitorialità condivisa, come ha dichiarato uno di loro: «La politica a livello alto deve capire che siamo già in crisi di nuove nascite. Già siamo in ritardo per agire. Servono politiche rischiose e che faranno perdere voti ma che invertiranno il calo delle nascite».

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