Emozioni, come sta il mondo: ecco i più arrabbiati e i più gioiosi

Per la prima volta dal 2014, diminuiscono le emozioni negative a livello globale. È quanto emerge dal “Global Emotions Report” di Gallup, che coinvolge 142 Paesi, mappando le esperienze emotive delle persone nel giorno precedente al sondaggio. Sebbene il quadro generale sia in miglioramento, non risulta trasversalmente incoraggiante: il 40% delle persone, infatti, ha dichiarato di provare molta preoccupazione. Rimangono invece mediamente contenuti i livelli di tristezza (26%) e di rabbia (22%), ma cosa succede nei singoli Paesi?

Due premesse di metodo

Prima di prendere in esame diverse nazioni e le loro emozioni prevalenti, sono necessarie alcune premesse.
La prima è relativa alla raccolta dei dati del report Gallup, che si sofferma sui vissuti emotivi sperimentati il giorno precedente alla somministrazione del questionario. I risultati sono pertanto necessariamente influenzati dalla contingenza. È infatti facile pensare che, se la ricerca fosse stata condotta in un altro momento, le evidenze sarebbero potute essere differenti. A prescindere da ciò, il report restituisce comunque una fotografia preziosa dello stato emotivo globale, che, come tale, va considerata.

La seconda premessa è relativa alla dicitura “emozioni negative” con la quale Gallup identifica i vissuti che le persone esperiscono come spiacevoli e in particolar modo rabbia, tristezza, preoccupazione, solitudine, stress. In psicologia si preferisce non parlare di “emozioni negative”, nell’idea che nessuna emozione, di per sé, lo sia. È il vissuto soggettivo ad essa associato che può invece essere percepito come tale. Motivo per cui si predilige l’espressione “emozioni piacevoli/spiacevoli”. 

All’interno del report, inoltre, vi sono condizioni – come lo stress – che sono descritte come emozioni sebbene tecnicamente non lo siano. La ragione è senz’altro di sintesi e semplificazione, ma è importante ricordare che le emozioni primarie sono gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto. Come sa chi ha visto Inside Out. 

Rabbia, preoccupazione, gioia, tristezza

Pensa a come ti sei sentito ieri. Hai riso? Eri arrabbiato? Ti sei sentito triste? Preoccupato? Sono queste le principali domande su cui si basa il report Gallup, evidenziando interessanti differenze non solo tra singole emozioni, ma anche tra diversi Paesi. Per quanto riguarda la rabbia, ad esempio, emerge una sua prevalenza a Cipro del Nord e Iraq, dove viene sperimentata da una persona su due. Vietnam e Finlandia, invece, risultano le nazioni che meno la esperiscono, rispettivamente nel 5% e nel 7% dei casi. L’Italia non si discosta di molto, ottenendo un 12%.

Rabbia

La situazione è differente per quanto riguarda la preoccupazione: nel nostro Paese è sperimentata dal 48% delle persone. Un’evidenza che risulta un monito, sebbene si posizioni tra il picco dell’Afghanistan (67%) e alla condizione del Kazakhstan (12%). Particolarmente interessanti sono i dati relativi alla gioia: Indonesia e Senegal, con il loro 90%, si rivelano i Paesi dove questa emozione è più diffusa, ma anche l’Italia raggiunge ottimi risultati, attestandosi al 73%.

Gioia

Infine la tristezza: sperimentata da una persona su due in Guinea e in Ciad, è decisamente residuale a Taiwan e in Kosovo (rispettivamente 6% e 7%). Nel nostro Paese viene comunque tenuta a bada, attestandosi al 27%. Alla luce di queste evidenze, che spesso stonano rispetto all’idea – pregiudizievole – che si può avere nei confronti di un singolo Paese, una domanda sorge spontanea: esistono differenze culturali nell’espressione delle emozioni?

Tristezza

Le differenze culturali

Come gli studi di Ekman ci insegnano, le emozioni e la loro espressione – in primis facciale – sono sì universali, ma sono tuttavia mediate culturalmente. Al di là dell’universalità delle emozioni primarie, infatti, esistono una serie di “display rules” – ossia regole sociali – culturalmente apprese, che possono inibire, attenuare, intensificare o mascherare le emozioni. 

Questo meccanismo culturale di regolazione non impatta solamente a livello espressivo – e quindi sociale – ma anche a livello psichico e quindi personale. Culture che, ad esempio, inibiscono l’espressione della rabbia, renderanno anche più complesso alle persone che appartengono a quel cluster culturale entrare in contatto con quel tipo di emozione e, dunque, riconoscerla su di sé e sugli altri. Andando inevitabilmente a influenzare la risposta alla domanda: “Pensa a come ti sei sentito ieri: eri arrabbiato?”.

Ecco dunque che parlare di emozioni a livello globale dovrebbe sempre essere accompagnato da una disamina culturale, al fine di comprendere il rapporto che un singolo Paese ha con un determinato vissuto emotivo. Sebbene questo processo sia complesso e sfaccettato, in un mondo sempre più multi-culturale come quello in cui viviamo, è necessario comprendere le regole base del gioco. Solamente in questo modo potrà essere possibile far convivere – con consapevolezza – le differenze.

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