Sonia F. ( i nomi sono di fantasia) è un’attrice di teatro trentasettenne: ha deciso di non avere figli a causa della precarietà del suo lavoro. Maria R., sua collega e amica, i figli li ha avuti, ma, per non rischiare di perdere il lavoro, ha scelto di non usufruire dell’indennità di maternità e ha portato la neonata alle prove a 10 giorni dalla nascita. La allattava in camerino. La scrittura in teatro è durata 45 giorni, la maternità sarebbe durata cinque mesi. Elena F., invece, si è fatta fare una scrittura falsa nei giorni necessari per poter avere accesso all’indennità di maternità.
In un mondo dove le donne, aggiungerei giustamente, hanno il diritto di essere mamma e sindaco della Capitale d’Italia, ci sono ancora vuoti di tutele, situazioni dove la precarietà si traduce in un bivio tra il lavoro e la vita. Soprattutto per le attrici inquadrate come lavoratrici subordinate intermittenti. In questa ipotesi, infatti, in caso di maternità, l’indennità viene calcolata nella media di retribuzione dell’ultimo anno e non dell’ultimo mese, come avviene, invece, per le attrici con contratto a termine. Ciò vuol dire che una lavoratrice intermittente, equiparata dunque a una lavoratrice parasubordinata, può avere un’indennità di due-tre euro al giorno a fronte dei 50 euro di un’attrice con contratto a termine che ha accumulato gli stessi contributi Inps e che nell’ultimo mese ha svolto lo stesso lavoro.
Secondo la sindacalista della Slc Cgil, Emanuela Bizi, è arrivato il momento di cambiare le norme, equiparando le lavoratrici intermittenti a quelle a contratto: “Inoltre – spiega – molti teatri obbligano le attrici e gli attori a lavorare con partita Iva. Questo ovviamente comporta, ad esclusione di quello previdenziale assicurato dall’Enpals, un azzeramento dei diritti”. E le attrici cosa propongono? “Occorre riconoscere – spiega una di loro che preferisce restare anonima – l’atipicità del nostro mestiere e quindi permettere di interrompere e riprendere il sussidio di maternità qualora si presentasse in quel periodo un’occasione lavorativa”. Insomma l’impressione è che nel mondo dello spettacolo e in particolare del teatro, in fatto di tutele e diritti, ci sia ancora molta strada da fare.