Allontanamenti di minori: dodicenne in comunità “in condizioni psichiche precarie”. La madre: torni a casa

In comunità da giugno 2022 dopo un prelievo avvenuto con la forza, Gio’, 12, anni dovrà rimanere in casa famiglia. Anche se ha una madre – insegnante – e una sorella di 18 anni che da anni chiedono di riaverlo a casa con loro e anche se la consulente tecnica d’ufficio, nell’ultima perizia di settembre 2025, ha scritto che le condizioni psichiche del ragazzo sono «estremamente precarie» e che «la sua funzionalità psichica è ridotta al minimo». Ma i giudici del tribunale civile di Lodi, nell’ultima sentenza di dicembre, hanno confermato per l’ennesima volta il collocamento del ragazzo in comunità, «sino a diverso provvedimento», stabilendo che Gio’ resterà affidato al servizio sociale di Casalmaiocco per altri due anni. Il tribunale ha, inoltre, stabilito la riduzione degli incontri con la madre e la sorella a un’ora al mese in spazio neutro, «salvo che emergano elementi dai quali risulti l’assoluta incompatibilità tra tali incontri e l’interesse del minore».  Ma perchè il ragazzo si trova in comunità?

Allontanato da casa con la forza

Nel 2022 il tribunale di Lodi ha deciso l’allontanamento di Gio’ dalla casa in cui viveva con la madre e la sorella per riavvicinarlo al padre, che il bambino non voleva vedere e dal quale la madre, Deborah, si era separata . Allontanamento che è avvenuto per strada, con la forza, tra le urla e i pianti del bambino, che allora aveva nove anni. Secondo i giudici, infatti, il rifiuto del figlio di vedere il padre era da imputare alla madre. Dunque, solo il distacco da lei – secondo i giudici – avrebbe permesso a Giò di accettare la figura paterna.

Tre anni dopo però l’intento non è stato raggiunto, visto che il padre viene ancora ritenuto non idoneo: “«l’indagine peritale ha messo in luce elementi critici che non consentono il ripristino dell’affidamento condiviso – quale regime legale ordinario – né, tantomeno, l’affidamento a uno solo dei genitori, come richiesto dal padre», si legge nella sentenza. Il percorso di ricostruzione e rafforzamento del rapporto padre-figlio «appare ancora in fase iniziale» tanto che «il collocamento presso il padre potrà costituire l’esito di un più articolato percorso, di durata e dall’esito allo stato non pronosticabili». Dunque Gio’, invece di essere rimandato dalla mamme e dalla sorella con cui ha sempre vissuto prima del distacco, resta in comunità, dove si sta lentamente consumando. Come spiega bene l’ultima consulenza tecnica d’ufficio, la ctu.

La relazione di settembre 2025

In tutti gli incontri svolti in corso di consulenza – scrive nella relazione la consulente – la funzionalità psichica di Gio’ «è ridotta al minimo e il pensiero è bloccato, come sospeso». Le condizioni psichiche del ragazzo sono «estremamente precarie». «La struttura del pensiero è frammentata e, conseguentemente, l’identità̀del minore non ha una sua struttura. Sono presenti i tratti emergenti che evidenziano l’elevato rischio evolutivo. Quest’ultimo spazia dal ritiro schizoide alla estroflessione sociopatica e il periodo adolescenziale corrisponderà al momento di possibile definizione». Gio’ è «fermo alla riproduttività del pensiero materno che non consente accesso allo spazio-tempo transizionale», si legge nella ctu. Anche se, ricordiamo, da 3 anni Gio’ si trova in comunità e non vive con la madre, che vede solo in spazio neutro e alla presenza di assistenti sociali ed educatori. Nonostante tutto ciò, la consulente scrive che il collocamento comunitario per Gio’ è stato “salvifico”: «Ha salvato e protetto la sua psiche dalla frantumazione e quindi dalla morte psichica». Eppure prima di entrare in comunità Gio’ era un bambino con una vita sociale e scolastica piena.

Il “possibile” sviluppo di psicopatologie

Gio’ nell’estate 2022 viene allontanato da casa sulla base di una perizia, un’altra ctu, la consulenza tecnica d’ufficio. La perita del tribunale di Lodi evidenzia nel minore la presenza di criticità «che depongono per una prognosi infausta, circa il possibile sviluppo di psicopatologie che possano condizionarne una sana ed armonica crescita». La consulente parla della «presenza di una pericolosa e ingiustificata polarizzazione verso il materno che – quanto meno in superficie – mira alla distruzione del padre, al fine di preservare l’alleanza con la genitrice. Pensieri, idee e percezioni, da cui il piccolo dovrà essere liberato per riappropriarsi di una visione realistica del paterno», aggiunge.

E come liberarlo da quella che in sostanza viene descritta come una manipolazione materna? Staccandolo da madre e sorella e mandandolo in comunità. Un vero e proprio trauma per un bimbo di 9 anni, che da un giorno all’altro viene portato via e strappato con la forza dai suoi affetti per finire in un posto sconosciuto, con persone sconosciute. Ma Gio’ – che ora viene definito con condizioni psichiche «estremamente precarie» – prima era un bambino che aveva amici e andava bene a scuola. Tanto che la ctu nel 2022 evidenzia «la riuscita del bambino in ambito extra-famigliare (scolastico)», spiegando che tale riuscita però «non appare nel caso di specie un indicatore del buon funzionamento del contesto in cui è inserito, ma una difesa psichica messa in atto dallo stesso per salvare parti di sè dalla distruzione totale».

La comunità poi l’affidamento al padre

Sia la consulente sia la curatrice, nominata a ottobre 2024, chiedono per Gio’ il collocamento  in comunità e in futuro l’affidamento al padre, con cui, ricordiamo, il bambino non ha mai vissuto da solo. Inoltre la consulente ritiene che il ragazzo non sia nelle condizioni di sostenere un ascolto davanti al giudice, pur avendo 12 anni.  Tesi sostenuta nella sentenza, in cui si legge che «l’applicazione, alla fattispecie concreta, delle considerazioni sin qui svolte rende evidente, ad avviso del collegio, l’assoluta inopportunità di un ascolto da parte del tribunale, che si è dunque orientato nel senso di escluderne lo svolgimento». Dal canto suo, il padre chiede l’affidamento esclusivo del figlio, la madre chiede il  rientro del minore presso la sua abitazione e un calendario, affinché il minore possa frequentare liberamente anche il padre, prevedendo pernottamenti presso l’abitazione paterna. Ricordiamo che Gio è in comunità da tre anni, pur avendo una famiglia a casa che lo aspetta.

Storie come quella di Gio’ non sono casi isolati ma vicende che si ripetono e su cui la storia della famiglia nel bosco di Palmoli e di Stella, la bimba di Monteverde, hanno riacceso di recente i riflettori. Come il caso di Mattia (nome di fantasia), il bimbo di 9 anni prelevato con la forza e strappato a sua mamma per due volte e ora ammalato di tumore.  Anche la relatrice speciale Onu sulla violenza contro le donne, Reem Alsalem, ha spiegato che «il ricongiungimento forzato dei minori ad uno dei genitori e l’allontanamento forzoso dall’altro al fine di conseguire la riunificazione dal genitore rifiutato è una forma di tortura e maltrattamento istituzionale».

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