Migranti: nel 2025 in Italia quasi 64mila persone arrivate via mare, il 20% minorenni

Solo nel 2025, sono arrivate via mare in Italia oltre 63.900 persone. Di queste, il 20% sono minorenni, circa 11.700, di cui circa 1.000 arrivati insieme alle proprie famiglie. A questi si aggiungono le oltre 1.700 persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo nel 2025, alcuni dei quali facevano parte di nuclei familiari che non sono mai riusciti a portare a fine il viaggio. Sono alcuni dei dati contenuti nel report di Unicef e Terre des Hommes “Famiglie in Viaggio-Storie di nuclei familiari nei centri di accoglienza in Italia”, un’indagine sull’accoglienza delle famiglie richiedenti asilo in Italia, in occasione della Giornata internazionale dei migranti. Il documento nasce da una raccolta di testimonianze tra Sicilia e Calabria, nei centri di prima accoglienza e accoglienza straordinaria (Cas), dove Unicef e Terre des Hommes operano offrendo supporto psicosociale.

Come la storia di V., che non è mai andata a scuola. Della sua infanzia conserva solo ricordi legati a un passato di violenza. Appena adolescente la ragazza è stata venduta a un uomo più grande, che abusa di lei e la costringe a subire violenze di cui porta ancora le cicatrici. Rimane incinta più volte, ma tutte le volte, perde il bambino. Finché, di nuovo incinta, non riesce a scappare. Una donna le promette salvezza: la porterà in Libia per offrirle un lavoro e una casa. Lascia la piccola appena nata a una cugina e decide di andare. Ma la promessa si trasforma presto in una trappola. Appena arrivata, viene segregata per giorni al buio, senza cibo e costretta al lavoro sessuale. È di nuovo incinta, porta a termine la gravidanza e, tre anni fa, decide di affrontare il mare con la neonata tra le braccia. Approda a Lampedusa e poi viene trasferita in un centro d’accoglienza in un’altra città. V. non ha mai frequentato la scuola, ma sogna questo per sua figlia: una vita normale, la possibilità di studiare. Lei sogna un lavoro dignitoso, e un futuro per le sue bambine, che vorrebbe presto entrambe con lei in Italia. Per la prima volta quell’immagine le strappa un sorriso. «Jessica farà la dottoressa», dice, «Ivonne invece ballerà e canterà, le piace molto, si accende ogni volta che sente la musica».

 I rischi e le difficoltà dei centri di accoglienza

Attraverso dati aggiornati e le testimonianze di mamme, papà, bambini e bambine raccolte direttamente nei centri di accoglienza, il documento racconta le difficoltà vissute da queste famiglie, con bisogni complessi e vulnerabilità specifiche: la mancanza di alternative, aggravata dal bisogno di fuggire da guerre, violenze, persecuzioni o condizioni di povertà, cambiamenti climatici, sono fra le cause principali che spingono ogni anno molte famiglie a intraprendere viaggi pericolosi via terra e mare.

Le famiglie rimangono spesso nei centri di accoglienza straordinaria (Cas) per lunghi periodi, talvolta diversi anni. Il possibile isolamento geografico, la presenza di personale specializzato e l’accesso ai servizi di base quali l’assistenza sanitaria e psicologica o servizi educativi e scolastici possono incidere sui percorsi delle famiglie. Soggiorni prolungati, con percorsi di inclusione sociale fragili, aumentano le difficoltà di accesso a condizioni di vita autonoma e riducono la libertà di scelta del proprio progetto di vita. Questo comporta rischi per la salute mentale, soprattutto per quelle persone che hanno già subito eventi potenzialmente traumatici, legati al percorso migratorio.

Dare visibilità alle famiglie invisibili

«Le famiglie che giungono in Italia, spesso in fuga da conflitti, violenze o spinte dalla mancanza di cure essenziali per i propri figli e figlie, affrontano viaggi segnati da rischi estremi e gravi vulnerabilità. Non basta rispondere con interventi emergenziali: è necessaria una visione di lungo periodo, che consenta ai nuclei familiari di ricostruire la propria vita in condizioni di dignità e autonomia nell’interesse di quanti arrivano, soprattutto di bambine e bambini, e dell’intera comunità» sostiene Nicola Dell’Arciprete, coordinatore della risposta Unicef in Italia a favore dei minorenni migranti e rifugiati e delle loro famiglie. Federica Giannotta responsabile advocacy e programmi Italia di Terre des Hommes aggiunge: «Dietro ogni numero c’è una storia, spesso dolorosa, fatta di bambini e genitori che cercano solo di ricominciare in dignità. Terre des Hommes da oltre 10 anni è presente nei luoghi di arrivo e di sbarco per dare il giusto supporto, soprattutto ai più piccoli, e con questo media brief vogliamo anche dare visibilità a quelle famiglie invisibili, perché possano accedere con facilità a tutti quei servizi essenziali per la loro salute e protezione, dopo un viaggio che li ha esposti a innumerevoli pericoli».

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