Cellulari e adolescenti: non solo una questione del “tempo” online

Un’ora. Cinque. Novanta minuti. Un orario fisso o momenti diversi durante la giornata. Detox durante le vacanze o uso indiscriminato al di fuori dagli impegni scolastici. Esiste, e se sì, qual’è un limite temporale “sano” nell’uso degli smartphone?

La letteratura scientifica abbonda e i pareri sono molteplici, ma la realtà di fondo è che da una parte gli studiosi stessi, data la velocità di evoluzione, si trovano a tracciare gli effetti sui corpi e le menti della tecnologia e delle abitudini a questa relative, quasi in tempo reale. E dall’altra, lo sviluppo dei prodotti e dei loro usi è tale che è impresa ardua arrivare a un’indicazione valida unitaria nel tempo.

I dati indicano che un uso massivo di device mobili influenza la salute mentale e fisica dei ragazzi. Eppure non è (ancora?) possibile tracciare oggi dei confini precisi. E, in generale, le evidenze non restituiscono scenari binari, bianchi o neri. Di base, comunque, molti studi concordano sugli effetti più diffusi di un uso prolungato di smartphone e social media: tra gli altri, affaticamento oculare, visione ridotta. Maggiori difficoltà nell’apprendimento. Aumento dei livelli di obesità, legato tra le altre cose, alla sedentarietà conseguente l’uso di strumenti digitali, alla passività dello scrolling continuo. E una riduzione importante di interazioni sociali nel mondo reale.

Va più nello specifico, poi, uno studio pubblicato in agosto sul Journal of the American Heart Association, rileva come uno screentime prolungato si associa a più alto rischio di malattie cardiovascolari – alta pressione, colesterolo elevato e resistenza all’insulina. E, inoltre, come il legame tra tempo passato su un device e pericoli di malattie cardio-metaboliche appare più forte nei ragazzi che dormono meno ore. Secondo i ricercatori, l’uso di schermi potrebbe danneggiare la salute dei giovani “rubando” tempo al sonno.

I contenuti oltre il tempo online

Quando si parla dell’impatto della tecnologia sulla salute fisica e mentale, i ragazzi sono osservati speciali. Tanti esperti concordano sull’esistenza di effetti del loro uso anche a lungo termine sulle menti “in formazione” dei più piccoli. Ma se il tempo in cui consumano contenuti è un dato da tenere ben presente, con cosa e come interagiscono ha un impatto altrettanto cruciale.

In quest’ottica, allora, le innovazioni non sono per forza sempre tutte da demonizzare. Si legge sulle pagine della American academy of pediatrics (App): «Nel complesso la relazione tra tempo trascorso sui media e gli effetti negativi sulla salute e sul benessere è complessa e dipende da molti fattori». Ad esempio l’età specifica: alcuni periodi di crescita infatti risultano più a rischio di altri. Ma anche il tipo di dispositivi usati e fattori come la residenza geografiche e le condizioni familiari.

Risulta importante allora considerare il contesto personale e le competenze sociali. Tanto che, si legge poco oltre, «con il progredire degli studi di ricerca, gli esperti (che si occupano) di social media devono andare oltre la misurazione del tempo trascorso davanti allo schermo per comprendere meglio l’impatto sulla salute e il benessere degli adolescenti». Non più solo quante ore passano davanti agli schermi, quindi. Ma come utilizzano la tecnologia. E a cosa sono esposti.

Consumare contenuto non appropriato all’età specifica, infatti, viene associato nei bambini a difficoltà nell’attenzione e ritardi nel potenziamento del linguaggio. Inoltre, la visione passiva di prodotti online risulterebbe legata a iperattività, peggiori risultati in matematica e lo sviluppo ridotto del vocabolario. Senza contare poi tutti gli stati emotivi negativi spesso associati ale attività online. Eppure, nel mondo digitale in cui siamo immersi, le innovazioni possono anche avere effetti positivi e, se usati appropriatamente, contribuire alla crescita dei giovani. Specialmente, indicano gli studi, se sono affiancati a una corretta interazione – con i coetanei, con gli adulti e con il mondo offline.

Una ricetta efficace, allora, includerebbe: appropriatezza dei contenuti, movimento oltre il tempo degli schermi, interazione sociale e utilizzo attivo degli strumenti. Questo non significa che, nonostante il potenziale, smartphone e social media possono o debbano sostituirsi al gioco libero nel mondo reale, all’attività fisica e all’incontro con gli altri. Ma, questo premesso, non mancano  esempi che indicano alcuni aspetti positivi della tecnologia per l’età scolare. Soprattutto quando integrata in modo efficace e attenta alle attività offline.

Alcuni esempi? Oltre alle tecnologie specifiche per l’insegnamento, interagire con oggetti smart che aiutano a sviluppare le facoltà motorie. O giocare “pervasive games”, esperienze ludiche che si estendono nel mondo reale. Oppure ancora le avventure augumentate proposte in mote città che, sfruttando il Gps, permettono di scoprire angoli sconosciuti magari sotto casa. Stimolano il movimento e, in parte, l’interazione con altri giocatori.

Gli adulti, tra notifiche e detox digitale

Guardando alle indicazioni degli esperti, allora, è imprescindibile un incontro consapevole e usi intenzionali del digitale, buone abitudini da imparare sin da piccoli. A partire dagli ambienti che i ragazzi frequentano di più –  casa e scuola.

Ma, ammettiamolo, non si tratta certo di un passaggio facile. Noi adulti per primi abbiamo costantemente gli occhi puntati su uno schermo, veniamo interrotti dalle notifiche e richiamati dagli alert dei nostri cellulari. Tempi spesi sui device che spesso giustifichiamo con le responsabilità di lavoro. Le incombenze della gestione casalinga. Le necessità delle relazioni sociali.

A fare un quadro della situazione sulle abitudini del terzo millennio, un’indagine effettuata negli Stati Uniti a inizio anno. Secondo i dati, un adulto guarda il proprio telefonino in media 205 volte al giorno – un incremento di oltre il 40% rispetto alle rilevazioni 2023. In termini di tempo questo significa controllare lo schermo quasi una volta ogni cinque minuti nelle ore di veglia. Per un totale di più di cinque ore quotidiane davanti a uno schermo.

Il 43% degli intervistati conferma poi di sentirsi dipendente dal proprio smartphone. Per quanto queste ultime rilevazioni risultano il 24% inferiori rispetto a quelle dell’anno precedente – forse ci siamo stancati dell’infinita disponibilità di contenuti o, più probabilmente, siamo tutti un po’ prosciugati dalla necessità di essere sempre “on”, connessi, up-to-date? – si continua a far fatica a disconnettersi. Secondo i dati raccolti da Reviews.org il 51,3% dei rispondenti dorme con il cellulare a portata di mano. L’80,6% lo controlla nei primi dieci minuti di sveglia la mattina. Il 76% guarda le notifiche entro cinque minuti dalla loro ricezione. E quasi il 40% usa il telefonino durante un appuntamento sentimentale. Se poi il 41,5% è propenso a evitarlo durante la cena, solo il 26,8% non lo fa guardando la tv.

Uso del cellulare tra adulti negli Stati Uniti

In termini anagrafici, secondo i dati della ricerca, ad oggi restano i giovani nati tra il 1997 e il 2012 a trascorrere più tempo su un device. Con 6 ore e 18 minuti, precedono i Millennials (1981-1996) che arrivano a 6 ore e 2 minuti al giorno. E la GenX (1965-1980) con quasi 5 ore. Non sorprendentemente, lo screentime più corto è quello delle generazioni più anziane: i nati tra il 1946 e il 1964 (3,18 ore) e quelli che hanno tra gli ottanta e i novant’anni (1,16 ore).

Dall’Australia al Regno Unito

Ridurre. Limitare. O proibire del tutto. Se i ragazzi appaiono i più esposti ai rischi di periodi prolungate passati scrollando i social, orde di genitori, medici e governi sono alla ricerca attiva di una risposta a quella che è per molti una vera crisi per la salute. Al momento, la maggior parte delle iniziative sembra preferire approcci restrittivi.

Ultima in ordine di tempo “l’invito” della città di Toyoake, in Giappone, agli utilizzatori di smartphone di ridurre a due ore al giorno l’uso degli smartphone. L’ordinanza, che non è vincolante né prevede sanzioni, punta a «prevenire l’uso eccessivo dei devices che causano problemi fisici e mentali…tra qui problemi al sonno». In particolare per gli studenti delle elementari gli smartphone sarebbero da evitare dopo le 9 di sera. Criticata come “irrealizzabile” da più parti, l’iniziativa segue un’indicazione simile (la prima nel suo genere) introdotta sempre in Giappone nel 2020 nella regione occidentale di Kagawa. In quel caso si suggeriva di ridurre per i bambini il tempo per i videogiochi a un ora durante la settimana e 90 minuti nel weekend.

UN esempio vincolante è invece la legge australiana, prima al mondo, che entrerà in vigore a fine anno, sull’uso dei social media tra gli adolescenti. In queso caso ne viene limitato l’accesso agli under 16. Per quanto non sia ancora chiarissimo come verranno impostate le restrizioni, il governo australiano conferma che «le piattaforme devono fare “passi responsabili” per cancellare profili creati da minori di 10 anni». E impedire loro di aprirne nuovi account attraverso sistemi di verifica dell’età.

Interventi specifici sui blocchi da introdurre a parte, da qualche anno si moltiplicano poi le leggi che intervengono direttamente sull’uso dei cellulari negli edifici scolastici. Dai Paesi Bassi a parti del Regno Unito, da Buenos Aires a molte provincie del Canada e alcuni distretti degli Stati Uniti, cresce il numero di regolamenti che vietano l’utilizzo degli smartphone in classe.

Alcuni studi preliminari confermano quanto alcune di queste restrizioni stanno funzionano – con performance scolastiche migliorate e una certa diminuzione nei casi di ansia peggiori. Senza entrare qui nel dettaglio, la proibizione non è l’unica via. Ma al momento, un uso più controllato, consapevole e pro-attivo sembra confermarsi la tendenza preferita e preferibile. Soprattutto nell’immaginare uno sviluppo della tecnologia più efficace e utile per le persone. Con questa tecnologia, volenti o nolenti, ci troviamo e troveremo da qui in avanti sempre più a (con)vivere.

In Italia stop ai cellulari a scuola

Dopo il primo ciclo, scatta anche alle superiori il divieto di utilizzo del telefono cellulare durante lo svolgimento dell’attività didattica e più in generale in orario scolastico.  A prevederlo è una circolare che il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, e per recepire il divieto del cellulare gli istituti devono aggiornare i propri regolamenti e il patto di corresponsabilità educativa prevedendo per gli studenti del secondo ciclo di istruzione il divieto di utilizzo dello smartphone durante l’orario scolastico anche a fini didattici, nonché specifiche sanzioni disciplinari per coloro che dovessero contravvenire a tale divieto.

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