A un colloquio di lavoro, è ancora l’aspetto a decidere chi potrà ambire a un ruolo da manager o chi finirà in magazzino. I pregiudizi — etnici, di genere, di età — continuano a plasmare la carriera di molti italiani, anche se nessuno lo ammetterebbe apertamente. A confermare la persistenza di questi bias è la nuova ricerca realizzata da Excellera Intelligence per Tack TMI Italy (Gruppo Gi Group Holding).
I risultati parlano chiaro: più di un lavoratore su quattro dichiara di aver subito discriminazioni, e il 90% le ha osservate sul posto di lavoro. Un fenomeno radicato che rischia di rallentare la corsa delle imprese verso una cultura più inclusiva.
La ricerca: numeri e cause
L’indagine, condotta su un campione di 1.500 lavoratori occupati in Italia, esplora le percezioni, le esperienze e i bisogni legati alla diversità sui luoghi di lavoro, e mette in luce come stereotipi e pregiudizi continuino a influire sulle opportunità di carriera. Il 28% dei lavoratori intervistati afferma di aver vissuto episodi di discriminazione in prima persona, mentre ben il 90% dice di averli osservati tra i colleghi. Un dato che fotografa un mondo del lavoro dove la diversità, troppo spesso, resta solo un tema da brochure.
Secondo la ricerca, l’etnia è ancora la causa principale di pregiudizio (62% delle risposte), seguita dall’orientamento sessuale (49%) e dalla disabilità (48%). Ma a colpire è soprattutto l’esperienza diretta: tra chi ha subìto discriminazioni, il 14% cita come causa il genere, un altro 14% l’età e il 10% l’aspetto fisico. Sono soprattutto donne e under 35 a segnalare maggiori difficoltà, sintomo di un problema culturale ancora radicato.
Il problema non è uniforme sul territorio. La ricerca evidenzia, infatti, anche differenze territoriali e settoriali: Nel Nord Est e nel comparto manifatturiero, ad esempio, i lavoratori stranieri vengono spesso percepiti come meno collaborativi o rispettosi delle regole aziendali. Una conferma di quanto le discriminazioni siano ancora radicate e di come possano tradursi in svantaggi concreti.
Le aziende tra parole e azioni
Nonostante le politiche di diversity & inclusion siano sempre più presenti nei bilanci sociali e nei piani strategici, la realtà spesso resta distante. Solo il 37% dei lavoratori sostiene che la propria azienda metta a disposizione strumenti concreti per gestire le tensioni legate alla diversità. Ancora più allarmante è che il 64% percepisce uno scollamento tra le dichiarazioni d’intenti e le azioni effettivamente realizzate. Una forbice che rischia di compromettere la motivazione e il senso di appartenenza.
«Quando i lavoratori considerano valori fondamentali l’integrità, la trasparenza, la collaborazione e il lavoro di squadra, inclusione ed equità non possono più essere viste come un extra, ma diventano una vera e propria necessità» spiega Irene Vecchione, amministratrice delegata di Tack TMI Italy, che prosegue: «Le discriminazioni esistono ancora, sia in modo evidente sia più nascosto. Fattori come l’aspetto fisico o la somiglianza culturale influenzano ancora le relazioni professionali. Serve formazione, serve coinvolgimento a tutti i livelli aziendali, per costruire una cultura più giusta, motivante e attrattiva».
La formazione, in questo contesto, è la leva più richiesta ma anche la meno diffusa: solo il 21% dei lavoratori ha partecipato ad attività di sensibilizzazione, e la maggior parte chiede interventi mirati su empatia, gestione dei pregiudizi e capacità di comprendere chi ha vissuti differenti. Tra le criticità più sentite, dopo la diversità di genere, spiccano anche le dinamiche generazionali, segnalate dal 29% del campione come area di conflitto.
In definitiva, il rapporto tra diversità e lavoro non è più solo una questione di numeri o di compliance normativa: è un nodo strategico che incide sul benessere delle persone, sull’attrattività delle aziende e sulla capacità di trattenere i talenti. Come sottolinea Vecchione: «Non basta sensibilizzare: bisogna cambiare davvero la cultura delle organizzazioni, per creare ambienti più giusti, dove le persone stiano meglio e siano più coinvolte. La sfida è chiara: la diversità deve diventare una realtà concreta nei luoghi di lavoro, riconoscendone il valore umano e il potenziale di crescita e innovazione».
***
La newsletter di Alley Oop
Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.
Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com