Sempre connessi, tra social media e app di comunicazione istantanea. Schiacciati da pressioni scolastiche e sociali. A rischio di depressione e ansia. Ma incapaci spesso di chiedere l’aiuto necessario. Essere adolescenti oggi appare molto più difficile di come lo era 20 anni fa. Secondo una ricerca del Pew Research Center, sarebbe questa una visione condivisa dalla maggioranza degli adulti e da quasi la metà dei teenagers interpellati. E per la maggior parte inoltre, l’imputato principale citato in qualche come determinante nelle posizioni espresse, sarebbe la tecnologia.
Il centro ricerche basato a Washington ha tracciato in due occasioni recenti un’immagine della situazione che vivono i giovani americani tra i 13 e i 17 anni. In una prima occasione, a fine agosto, guardando alle opinioni di genitori e figli sul confronto tra la situazione vissuta dai teenagers oggi e quella per chi aveva questa età a inizio anni 2000. E in un secondo momento, qualche giorno fa, pubblicando i risultati di un’indagine delle visioni dei ragazzi sulla loro vita, le loro aspettative per il futuro, la salute mentale e le relazioni personali.
Vediamo qualche numero. Stando ai dati raccolti*, per il 69% degli adulti e il 44% dei giovani è più difficile essere adolescenti in questi anni ’20 di quanto lo fosse vent’anni fa. Solo il 15% dei primi e il 12% dei secondi sostiene il contrario. A prescindere dalle posizioni mantenute e dall’età, la maggioranza dei rispondenti, nell’esprimere le sue posizioni, menziona in qualche modo la tecnologia, e i social media in particolare. La citano circa due terzi degli adulti (il 41% additano i social) e quattro giovani su dieci giovani – con un quarto di loro a sottolineare il ruolo delle piattaforme sociali – tra quelli che vedono maggiore difficoltà nell’adolescenza contemporanea. E sono sei su dieci dei pochi che ritengono essere più facile essere teenager oggi, a riconoscere un ruolo alla tecnologia nel definire o influenzare la quotidianità.
Con parole loro
Ormai è una idea diffusa e condivisa: l’esplosione dei nuovi media e la disponibilità di strumenti sempre più veloci ed economici ha un effetto sullo sviluppo delle (giovani) generazioni. E altrettanto riconosciuto dai più il 2013 come “l’anno zero” di questa nuova epoca, il momento in cui siamo tutti diventati mobili. Sia grazie alla maggiore accessibilità degli strumenti che per il cambio del paradigma della comunicazione e del consumo. Individuare un responsabile primario, o un capro espiatorio che si voglia, non è più sufficiente per provare a capire dove stiamo andando. Diventa quindi pressante il bisogno di tratteggiare meglio la realtà degli adolescenti, provando per esempio a cambiare prospettiva e guardando alla realtà con i loro occhi. Che piani hanno per il futuro? Quali desideri? E come vedono la realtà dei loro coetanei?
Spostando l’attenzione oltre gli scenari preoccupanti e cupi sulla salute mentale dei ragazzi, comunque molto concreti e allarmanti, si riesce a tracciare il ritratto di una generazione variegata e vibrante. Certo intrappolata in un’epoca di crisi continue, ma che mostra anche pensieri pragmatici sul futuro e non è monolitica nelle sue visioni. Nè per forza solo sull’orlo di un baratro di disperazione. Il recente studio del Pew, “The Gender Gap in Teen Experience”, evidenzia certo, per esempio, che secondo gli adolescenti statunitensi le problematiche principali più tipiche tra i loro coetanei siano ansia e depressione. Ma anche che, un aspetto molto comune e fonte di pressione maggiore, riguarda il successo accademico. Circa 7 su 10 (il 68%) affermano infatti di sentire molto o abbastanza il peso di ottenere buoni voti.
Se il tema del risultato scolastico è comune a entrambi i genere, ragazze e ragazzi non sentono però gli stessi condizionamenti attorno agli stessi ambiti. Le adolescenti infatti indicano come più pressante la necessità di “look good”, avere un bell’aspetto (55% rispetto al 38% dei maschi). E di essere inserite nella vita sociale (45% rispetto al 37% indicato dai ragazzi). Mentre gli adolescenti si sentono spinti soprattutto a essere fisicamente forti (43% rispetto al 23% delle ragazze) e bravi negli sport (36% contro il 27% delle giovani).
In tema di differenze di genere, dallo studio emerge una diversa percezione anche rispetto alle caratteristiche considerate tipiche per maschi e femmine. Secondo l’analisi, infatti, il 42% di tutti gli interpellati ritiene che le studentesse prendono voti migliori. E il 27% che ottengono più posizioni di leadership rispetto agli studenti. Il 63% ritiene sostiene poi che i ragazzi disturbano di più in classe. Mentre le ragazze sono quelle più propense a parlare e dire la propria in confronto ai compagni (34% contro 18%). Guardando alle relazioni sociali, la quasi totalità dei teenager conferma di avere almeno un amico intimo (98%) e il 34% di averne cinque o più.
Rispetto al futuro e alle vite da adulti che vorrebbero, aspetti come il matrimonio o l’avere figli sono per gli adolescenti intervistati meno importanti se paragonati alla soddisfazione lavorativa, gli amici o il successo finanziario. Senza distinzione tra ragazzi e ragazze, l’86% dei rispondenti sostiene infatti di volere lavori o carriere che piacciano. Il 58% mira ad avere molti soldi. Diverse per i ragazzi e le ragazze appaiono però le vie per arrivare a questi traguardi. È maggiore la percentuale delle adolescenti (60% rispetto al 49%) che pensano di iscriversi a percorsi di studio superiori di almeno quattro anni. Al contrario, sono di più gli adolescenti che dopo il diploma pensano di frequentare scuole di specializzazione professionale, all’ingresso nel mondo del lavoro o di arruolarsi nell’esercito.
Tra soddisfazione e preoccupazione in Europa
Com’è la situazione oltreoceano? Tra gli altri, l’annuale Good Childhood Report offre uno spaccato di alcuni aspetti dell’adolescenza vissuta dai ragazzi in europei. Questo progetto della non-profit inglese The Children’s Society, per quanto focalizzato sulla situazione degli adolescenti inglesi, evidenzia alcune caratteristiche specifiche attraverso il confronto con la soddisfazione generale della propria vita registrata tra gli altri 15enni del continente.
Fissato a 10 punti il massimo, nel Vecchio Continente la media si attesa a 6,86. Si va dal punteggio più alto in Romania, dove i ragazzi sono “i più soddisfatti” tra gli stati considerati (7,53), al regno Unito, che, con 6,07 punti, occupa l’ultima posizione in classifica. Ribaltando la prospettiva, i 15enni inglesi sono i primi, ancora in senso negativo, per le alte percentuali di quanti indicano una bassa soddisfazione della loro vita. La punta massima di insoddisfatti registrata al di là della Manica è del 25,5%, quasi 10 punti percentuali sopra la media europea del 16,6%. Lontanissima dalla quota minima indicata dagli adolescenti nei Paesi Bassi, primi in questo elenco con una quota del 6,7%.
Soddisfazione o insoddisfazione generale a parte, anche nella UE i giovani vivono una situazione di difficoltà. A dimostrarlo, tra gli altri, i tanti indicatori di un evidente peggioramento della loro salute mentale. I dati più recenti di Eurobarometro in questo senso riportano come uno su due europei tra i 15 e i 20 anni (il 46%) ha dichiarato di aver avuto problemi psicologici durante i 12 mesi precedenti.
Osservando un esempio nazionale, uno studio Jama Network pubblicato a gennaio ha rilevato che in Francia la quantità di ragazzi alla ricerca di servizi di supporto psicologico aumenta a ritmi più elevati che negli anni pre-pandemia. E cresce significativamente in contemporanea il numero della richiesta di visite specialistiche, prescrizioni di antidepressivi e stabilizzatori dell’umore.
In Italia un quadro è disegnato dall’indagine “Adolescenti in una società incerta”, condotta dal Laboratorio adolescenza. La raccolta dei dati segnala, tra le altre cose, per esempio, l’aumento indicato dai ragazzi di momenti di tristezza. Lo confermano il 35,4% degli interpellati, con una chiara differenza di genere: percepiscono e segnalano questo tipo di aumento il 51,5% delle giovani. Lo fanno il 21,2% dei ragazzi.
Alla domanda, poi, se e come sono cambiati questi momenti bui, sono ancora soprattutto le adolescenti a confermarne la crescita. Lo indicano infatti il 48,5%, mentre solo il 30% dei loro coetanei. Al contrario, solo il 18,6% delle italiane indica una diminuzione. Di contro, lo fa invece il 32,5% degli italiani. Lo stesso report rileva anche che il 79% delle adolescenti e il 52,4% degli adolescenti ha provato almeno qualche volta tristezza. E rispettivamente il 56,3% e il 42,6% ha sperimentato difficoltà a dormire qualche volta o spesso.
L’impatto dei social, secondo l’OMS
Segnalavamo in apertura il ruolo in qualche modo impattante della tecnologia e dei social media sugli adolescenti e il loro benessere. Per quanto sicuramente tra le prime responsabili del calo dei livelli di salute mentale, condannare solo le innovazioni tecnologiche come uniche accusate della situazione sarebbe una semplificazione che non approfondisce la loro funzione nel definire le sfide attuali per le giovani generazioni. Dal 2018 al 2022 per esempio è cresciuto di 4 punti percentuali il numero di giovanissimi che hanno un rapporto problematico con i social. Un incremento tale da portare gli autori di un importante ed esteso studio del OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) a «sollevare urgenti preoccupazioni sull’impatto della tecnologia digitale sulla salute mentale e sul benessere dei giovani europei». Anche a fronte della quantità di tempo passato online.
Ma davanti alle evidenze, il report OMS stesso specifica che le ore davanti agli schermi non hanno per forza solo risvolti negativi. Gli adolescenti che fanno uso intenso ma non problematico dei social media riferiscono di avere un maggiori contati sociali e anche sostegno da parte dei coetanei. Ha spiegato Hans Henri Kluge, direttore generale dell’OMS per l’Europa, riportato dalla BBC qualche tempo fa: dato che i social possono avere conseguenze sia positive che negative, occorre una «maggiore educazione all’alfabetizzazione digitale» per sviluppare un approccio sano. «È chiaro che abbiamo bisogno di un’azione immediata e sostenuta per aiutare gli adolescenti».
Non possiamo pensare quindi a un intervento che prescinda dal contributo di tutti gli attori – dai governi, alle scuole a noi genitori. Per quando lo sforzo possa essere difficile, nuovo e da compiere in un terreno inesplorato e in continua evoluzione ha riscontri sulla crescita e lo sviluppo mondiale.
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* I risultati sono raccolti in “Why Many Parents and Teens think It’s Harder Being a Teen Today”, Pew Research Center.
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