Clima: ricercatore licenziato perché non voleva volare, il risarcimento una vittoria per l’ambiente

Licenziato perché non voleva prendere l’aereo per limitare le sue emissioni, per poi veder riconosciuta la legittimità della sua obiezione di coscienza climatica ed essere risarcito. È questa la parabola che racchiude gli ultimi due anni dell’ex ricercatore del Istituto per l’economia mondiale di Kiel (Germania) e attivista, Gianluca Grimalda. Due anni passati a viaggiare per 27mila chilometri (nel modo meno inquinante possibile) verso casa dall’isola di Bougainville, al largo della costa orientale della Papua Nuova Guinea, ma soprattutto a lottare per far valere il suo diritto a non volare.

Ora la battaglia legale – raccontata anche nel film “Il ricercatore” di Paolo Casalis – si è conclusa con la decisione di attribuire all’attivista 75mila euro. Una «piccola vittoria per il movimento climatico», come l’ha definita lo stesso Grimalda, parlando ad Alley Oop, ma fondamentale «soprattutto in un momento in cui ci sono poche notizie positive e la gente sembra disinteressata».

Un ordine inaspettato

«Ho iniziato a fare viaggi lenti e a ridurre al massimo l’uso dell’aereo dal 2010», racconta Grimalda. Nei suoi dieci anni da dipendente del Kiel Institute – uno dei maggiori centri di ricerca economica a livello globale – l’attivista ha partecipato a 31 missioni, tra conferenze e attività lavorative, mettendo a segno ben 261 giorni di viaggio lento. «Sono andato dalla Spagna a Pechino, in Cina, col treno, o ancora dall’Europa alla Colombia».

In precedenza, non erano mai arrivate rimostranze da parte dei suoi datori di lavoro. Addirittura nel 2019, secondo quanto riferisce Grimalda, il giornale dell’istituto aveva pubblicato un articolo sui suoi spostamenti a basse emissioni verso Tokyo, descrivendolo «come un ricercatore modello». La situazione è però cambiata con il suo ultimo progetto di ricerca nel 2023. «È stato un fulmine a ciel sereno. Mi hanno detto: “devi essere a Kiel in 5 giorni, altrimenti ti licenziamo”», spiega Grimalda. Un’imposizione che il ricercatore ha deciso di non rispettare.

Rispettare le popolazioni

«Tutti i partecipanti alla mia ricerca appartenevano a una popolazione costiera altamente esposta agli effetti del cambiamento climatico e che già avevano subito una delocalizzazione per l’innalzamento dei mari – spiega l’attivista – Nei periodi di siccità l’acqua salata poi entra nelle colture facendo rischiare loro la fame». Prendere l’aereo in questa circostanza sarebbe sembrato irrispettoso per Grimalda, soprattutto considerando che «non c’erano urgenze o attività di insegnamento, nulla che dovessi fare a Kiel e non potessi fare in viaggio. Non volevo aderire a una richiesta che non fosse in linea con i miei principi».

La richiesta è apparsa pretestuosa per Grimalda anche alla luce di un episodio del 2022. Dopo che «ho partecipato a un’azione di disobbedienza civile che aveva avuto parecchia eco mediatica (la protesta di Wolfsburg dove gli esponenti di Scientist Rebellion si erano incollati ad alcune auto come critica al lusso estremo e all’inquinamento) , mi avevano detto: “se continui così ti licenziamo”. Io non ho seguito il loro avvertimento e ho continuato a fare attivismo».

Viaggio verso casa

«Ci ho messo 72 giorni in più di quello che avevo pensato a tornare a casa» da Bouganville, racconta Grimalda. Tra l’attesta forzata di permessi, traghetti e altri mezzi, è riuscito a riunirsi con la  sua famiglia «mezzanotte del giorno di Natale». «Avevo fatto la promessa di passare il 25 con i miei genitori», afferma ancora l’attivista-ricercatore. «Mia madre era malata e poi è venuta a mancare e, al momento, la situazione con mio padre è la cosa che mi pesa di più – ammette – Non capisce il mio attivismo, gli haters che ho raccolto durante il mio viaggio sui social e spesso, durante il mio percorso. mi ha detto frasi come: “vuoi cambiare il mondo, ma il mondo va avanti”».

La sua voce e i suoi messaggi audio, spiega Grimalda, nel film di Casalis «sono stati definiti un basso continuo». I due si sono riconciliati, ma per Grimalda il racconto di questo aspetto «più sentimentale» – come lui stesso lo definisce – è un altro modo per avvicinare il racconto dell’attivismo e della crisi climatica. In ogni caso, lo scienziato non rimpiange il suo lungo viaggio lento: «secondo i miei calcoli, basati sui dati del ministero dell’Ambiente britannico, ho ridotto di 10 volte le mie emissioni. Una stima che potrebbe essere enormemente superiore, anche nell’ordine delle 15 volte, se calcolo tutto il riscaldamento e il cibo che non ho usato in Germania», afferma.

Un’attenzione sorprendente

«Sono rimasto sorpreso dall’attenzione mediatica» che ha raccolto il caso, afferma l’attivista e ricercatore (anche il quotidiano britannico The Guardian ha raccontato la sua storia). «Inizialmente ho passato due giorni in cui ero traumatizzato. Avevo perso il posto di lavoro e vedevo cambiare la mia vita – racconta – Anche alcuni amici attivisti mi dicevano: “hai bisogno della sicurezza economica per fare attivismo. Rinuncia e tieniti il tuo posto di lavoro”». Poi è arrivata la decisione di intentare una causa legale al tribunale di lavoro di Kiel contro l’Istituto. «La richiesta di essere reintegrato non è stata accolta», ma dopo un lungo processo legale – con diverse richieste di patteggiamento con «compensazioni minime» e con un avvocato «che mi ha garantito che mi avrebbe difeso gratuitamente in caso di sconfitta» -, si è arrivati all’accordo finale. Ora può quindi guardare avanti.

Guardare al futuro

Grimalda ha cercato di rendere la sua «piccola vittoria legale non solo mia, ma di tutto il movimento” ambientalista. Con i 75mila euro del risarcimento ha infatti realizzato diverse donazioni a chi combatte il cambiamento climatico in prima persona. «Ho dato oltre 11mila euro alle popolazioni africane direttamente colpite» dal riscaldamento globale e dai suoi effetti. «Penso siano i migliori giudici di cosa fare per il loro benessere» nelle situazioni estreme che stanno affrontando. Un’altra parte delle donazioni andrà a The Fossil Fuel Non-Proliferation Treaty Initiative, per arginare la diffusione dei combustibili fossili. Alcuni fondi sono utilizzati direttamente da Grimalda per sviluppare dei progetti in Papua Nuova Guinea, «con un gruppo di persone che si occupano degli aspetti genetici delle colture», per indagare anche la perdita di fertilità di alcuni prodotti (come le patate dolci, molto popolari a Bouganville) legata alla climate crisis.

Una larga quota del risarcimento andrà infine agli attivisti climatici in Italia, Germania Inghilterra e nel resto d’Europa, così da sostenere i movimenti nelle loro spese legali. Infatti le pene per le azioni di protesta «sono state inasprite ovunque» ingiustamente, spiega Grimalda. Questo sarà «un modo di dare un messaggio di unità a chi lotta contro i regimi e contro il il cambiamento climatico, dai radicali ai moderati, da chi fa disobbedienza civile a chi parla ad altri pubblici». Molto probabilmente «perderemo ecosistemi e vite umane» in una catastrofe rapidissima e distruttiva come quella che stiamo vivendo. Però «rimane ancora tantissimo da salvare del Pianeta e se ci impegniamo abbiamo una possibilità di vittoria». Questo è stato il leitmotiv della rinuncia di Grimalda all’aereo, del viaggio per tornare a casa e arrivare al patteggiamento e lo sarà anche del suo libro, che uscirà a maggio per Feltrinelli.

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