Mutilazioni genitali: in Italia mancano misure incisive di prevenzione

In Italia oltre 87.000 donne – di cui 7.600 minorenni, principalmente di origine nigeriana ed egiziana – convivono con le conseguenze delle mutilazioni genitali femminili (MGF). Si tratta di una grave violazione dei diritti umani e una forma di violenza di genere che colpisce 230 milioni di bambine e donne nel mondo. Questa pratica, vietata da normative internazionali e nazionali, è spesso sommersa e rimane difficilmente tracciabile a causa della scarsa disponibilità di dati (infatti l’ultima indagine risale al 2019, con aggiornamento al 2020, Università Milano-Bicocca).

Per prevenire e contrastare questa forma di violenza di genere, il nostro Paese dispone di strumenti contenuti nella legge 7/2006 e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023. Tuttavia, secondo quanto riportato da ActionAid, non vi sono informazioni trasparenti sulla loro effettiva implementazione.

Ogni anno vengono stanziati fondi al dipartimento per le Pari opportunità, al ministero della Salute e al ministero dell’Interno per interventi specifici, come la gestione del numero verde contro le MGF (800.300558), ma l’assenza di dati pubblici sull’impatto di queste risorse rende difficile valutare l’efficacia degli interventi realizzati, mentre l’esperienza quotidiana degli enti che lavorano con le donne portatrici o a rischio di MGF dimostra la necessità di misure più incisive di prevenzione e supporto.

Il quadro normativo

In Europa, i riferimenti normativi principali per prevenire e contrastare le MGF, nonché per fornire assistenza e protezione adeguate a chi ne è colpita sono due: la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul, 2011, art. 38); la direttiva (UE) 2024/1385 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, in cui si legge: «le mutilazioni genitali femminili sono una pratica vessatoria e di sfruttamento riguardante gli organi sessuali di una donna, ragazza o bambina, attuata allo scopo di mantenere e affermare il dominio su tale donna, ragazza o bambina e di esercitare un controllo sociale sulla sua sessualità».

La trasposizione nell’ordinamento italiano di questa direttiva, votata lo scorso maggio dal Parlamento europeo, è un’occasione importante. Tra i servizi previsti che l’Italia dovrà garantire vi sono infatti un’assistenza specialistica completa facilmente accessibile e consona all’età (terapie ginecologiche, sessuologiche e psicologiche, trattamento post-traumatico), la formazione al personale sanitario che entra in contatto con le vittime e interventi diffusi di prevenzione.

«Serve una forte volontà politica per colmare le lacune esistenti e dare risposte concrete alle donne e bambine che subiscono le conseguenze di questa pratica, garantendo il loro diritto alla salute sessuale e riproduttiva» afferma Katia Scannavini, Vice Segretaria Generale di ActionAid Italia.

«Tra le priorità, ActionAid chiede un’applicazione efficace e trasparente della legge 7/2006, l’avvio di una raccolta dati periodica per orientare politiche mirate e l’integrazione del Numero verde contro le MGF nel Numero antiviolenza 1522, attivo h24 e multilingue, per garantire un supporto più specializzato. È poi fondamentale garantire una presenza stabile delle mediatrici culturali nei servizi e sensibilizzare le comunità migranti attraverso le Community Trainer. Per assicurare un reale accesso alle cure e promuovere l’inclusione sociale, chiediamo infine l’inserimento delle MGF nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e l’introduzione di codici DRG specifici per la ricostruzione chirurgica genitale».

Diffusione della pratica

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce le MGF come “tutte le procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni, o altre lesioni agli organi genitali femminili per motivi non medici”. Ne vengono distinti di quattro tipi: clitoridectomia (parziale o totale rimozione della clitoride e/o del prepuzio clitorideo); escissione (parziale o totale rimozione della clitoride e delle piccole labbra, con o senza escissione delle grandi labbra); infibulazione (restringimento dell’orifizio vaginale tramite escissione e riposizionamento delle piccole e/o grandi labbra precedentemente tagliate, talvolta mediante sutura, con o senza escissione del clitoride); qualunque altra procedura a danno dei genitali femminili eseguita a scopi non terapeutici come perforazione, piercing, incisione, graffi o cauterizzazioni.

La diffusione di queste pratiche deriva da un complesso intreccio di norme di genere, fattori sociali e condizioni socio-economiche: in molte comunità, tale pratica è considerata una tradizione imprescindibile che garantisce l’inclusione sociale delle ragazze e delle donne. Spesso, sono viste come un mezzo per preservare la verginità e la purezza, assicurando la fedeltà coniugale. In alcune aree si crede che le MGF contribuiscano al miglioramento dell’igiene o alla prevenzione delle malattie.

Le conseguenze variano in base al tipo di intervento e alle esperienze individuali. Le complicanze immediate possono includere dolore intenso, emorragia, infezioni, febbre, shock e morte. A lungo termine, possono manifestarsi problemi urinari, vaginali, mestruali, sessuali e psicologici, come depressione e ansia. Inoltre, le donne che subiscono MGF sono più esposte a complicanze durante il parto e rischiano infertilità e necessità di interventi chirurgici successivi. Soprattutto, le MGF privano le donne e le ragazze del diritto di decidere su una pratica che ha effetti duraturi sul loro corpo, violando la loro autonomia e impedendo il controllo sulla propria vita.

Prevenire e contrastare le MGF

Si stima che in Europa siano oltre 600.000 le donne portatrici di MGF e 190.000 quelle a rischio in 17 paesi. Inoltre, UNHCR ha stimato che, nel quinquennio 2015-2020, almeno 20.000 donne e ragazze all’anno, richiedenti asilo in Europa, potrebbero essere state vittime di MGF. La federazione internazionale di ActionAid è da tempo impegnata nella prevenzione delle MGF e nel supporto a chi le subisce nei principali Paesi in cui opera, tra cui Somaliland, Etiopia, Gambia, Kenya, Liberia, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Indonesia, Uganda, Svezia e Italia, dove sono presenti comunità a tradizione escissoria. Nel nostro paese, ActionAid realizza dal 2016 interventi di sensibilizzazione ed empowerment rivolti a donne, ragazze, uomini e leader comunitari sulle conseguenze e i rischi delle MGF.

Il 6 febbraio, giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili, a Milano si svolge il summit organizzato da SICPRE, Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica, in collaborazione con ActionAid con l’obiettivo di riunire il mondo delle istituzioni, delle associazioni e della sanità per la prevenzione e il contrasto di questa pratica.

«Il Summit itinerante sulle mutilazioni genitali femminili – dice Cosmo Maurizio Ressa, presidente della SICPRE – è uno degli eventi con cui la SICPRE si rivolge direttamente alla società civile, come in occasione della giornata per la consapevolezza della ricostruzione mammaria, quella sulla chirurgia post-bariatrica e sul linfedema. Anche in questo caso, vogliamo raggiungere le potenziali pazienti, informandole sulle migliori possibilità di cura e sulle possibilità fornite dalla chirurgia plastica, impensabili fino a pochi anni fa. Grazie alle tecniche ricostruttive e rigenerative, oggi la chirurgia plastica può migliorare radicalmente la vita delle donne che hanno subito una mutilazione genitale, riducendo le cicatrici lasciate da questa pratica e ripristinando il più possibile forma e funzione».

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