Le storie individuali disegnano e cambiano il mondo: nel fare la differenza, riescono ad aprire strade prime inaccessibili. Il 13 maggio 1960 Rosanna Oliva, esclusa dalla partecipazione ad un concorso pubblico perché donna, vinse il suo ricorso in Corte di appello aprendo l’accesso per le donne alle carriere della pubblica amministrazione riservate agli uomini: da quella prefettizia alla magistratura.
Sessantacinque anni dopo, le donne iscritte alla Cassa forense sono 111.500 (il 47,1% del totale, come riporta il rapporto Censis-Cassa forense 2024) e l’avvocatura, in tutti i suoi ambiti, non è più un’utopia per le donne. Ma una realtà concreta che amplia ulteriormente i suoi confini: oggi diventare avvocate è un’ambizione rinnovata e “reinterpretata” dalle giovani professioniste che, in continua formazione, fanno crescere i loro talenti in ambiti d’indagine sempre più specifici. In Italia e all’estero.
Roberta Ibba è una di loro: avvocata, 29 anni, è nata in Sardegna e dopo gli studi a Milano e una prima esperienza negli Stati Uniti con il dottorato, oggi frequenta un programma di master – dalla durata di un anno – presso la Duke University School of Law a Durham, in Carolina del Nord.
«Quando ho finito il dottorato all’università di Bergamo, con l’esperienza di un anno negli Stati Uniti, mi sono detta “questo non basta, devo capire il sistema giuridico americano per poter poi migliorare il nostro”. È difficile migliorare il “nostro” mondo se non ci apriamo all’altro, se non si allargano le visioni. Bisogna vedere tutto per valutare il sistema interamente e provare a migliorarlo» racconta Ibba ad Alley Oop.
In America con la borsa di studio BonelliErede
Chiarito l’obiettivo, ogni opportunità diventa strada: per Ibba, l’occasione di tornare in America a studiare, si presenta con una delle due borse di studio messe a disposizione da BonelliErede e rivolte a «giovani laureati in giurisprudenza che intendano perfezionare i propri studi all’estero».
Un’iniziativa necessaria che risponde a un’esigenza concreta: «Intraprendere la carriera accademica ed essere indipendenti economicamente è veramente difficile: anche la borsa di dottorato, di cui ho usufruito durante il mio percorso, non basta a coprire i costi per vivere ad esempio in una città come Milano» spiega ad Alley Oop la giovane avvocata, sottolineando le difficoltà di una generazione nel perseguire i propri obiettivi senza un privilegio economico di partenza: «Tante volte mi sono trovata nella situazione di dover ripensare alla mia scelta: le giovani ricercatrici non hanno sicurezza di vincere l’assegno di ricerca. Quando finisci il dottorato vivi in un contesto di grande precarietà, soprattutto se mancano concorsi a cui partecipare o assegni a cui ambire. E, senza un riconoscimento economico adeguato, è difficile poter vivere e stare in tranquillità nel fare quello che si fa».
Scegliere gli obiettivi, trovare la strada
Le borse di studio, come quelle aperte da BonelliErede, diventano uno strumento di accesso capace di contribuire in modo fondamentale alle carriere dei giovani talenti. «È una testimonianza del nostro continuo impegno nella società civile, in questo caso favorendo la formazione di giovani studiosi e futuri avvocati» hanno commentato Eliana Catalano e Massimiliano Danusso, rispettivamente managing partner e presidente di BonelliErede.
Ibba, supportata dalla borsa di studio e determinata nei suoi obiettivi, sta proseguendo il suo percorso specializzandosi sui temi della responsabilità sociale delle imprese e investimenti di venture capital.
Un ambito d’indagine preciso che diventa particolarmente arricchente se osservato anche oltre i confini nazionali: «Un master come questo, se torni in Europa, apre tante possibilità: se il tuo sogno è lavorare in un grande studio internazionale, un master negli Stati Uniti aiuta tanto» afferma Ibba che, pensando ai suoi colleghi e colleghe, continua: «Il mio consiglio è innanzitutto capire qual è l’area della legge e il settore giuridico che veramente è nel proprio interesse. Una volta individuato, direi loro di andare all’estero per approfondire e capire meglio il sistema italiano. Ma non lo farei immediatamente dopo aver concluso l’università. È davvero utile fare un master internazionale una volta che si è individuato quello che ci interessa davvero: a quel punto si possono selezionare corsi specifici del settore che si desidera approfondire. Nel mio caso corsi di venture capital, private equity. Ma ci possono essere tanti altri temi».
Il valore aggiunto di un master internazionale
Il percorso di Ibba racconta una generazione poco “sdraiata” e molto ambiziosa: 29 anni, parte da Oristano e arriva a Milano unendo sogni e pragmatismo. «Quando ho scelto l’università ero indecisa tra lingue e giurisprudenza. In tanti mi dicevano che studiare lingue mi avrebbe dato meno prospettive lavorative e ho iniziato a fare giurisprudenza con l’idea di combinare le due cose: diventare un’avvocata ma in ambito internazionale» spiega Ibba ad Alley Oop, raccontando le tappe che l’hanno portata a raggiungere sempre nuove consapevolezze.
«Mi sono iscritta alla Bocconi perché volevo usufruire dell’opportunità di fare un semestre all’estero: durante il quarto anno ho fatto il semestre all’estero negli Stati Uniti e da lì ho capito che avrei voluto approfondire ancora. Sei mesi sono troppo pochi per imparare la lingua e conoscere davvero una cultura diversa: così ho deciso di intraprendere il dottorato a Bergamo».
Durante il dottorato, tiene fede al suo obiettivo: «Nel corso di una conferenza a cui ho partecipato, ho conosciuto Alan Palmiter, professore della Wake Forest Law: ho subito riferito al mio tutor che mi sarebbe piaciuto tantissimo andare in America a studiare per cui abbiamo immediatamente attivato i contatti con il prof. Palmiter che ha velocizzato le procedure di iscrizione alla Wake Forest così da permettermi di inoltrare richiesta per tempo. Arrivata alla Wake Forest ho sentito parlare del master che adesso frequento e per cui la borsa di studio BonelliErede mi supporta: vedere i miei coetanei che andavano avanti con grande energia e passione mi ha spronata a non fermarmi. Così mi sono detta “Vai ancora più a fondo” ed eccomi qui, in questa nuova avventura con il master alla Duke University School».
Rotta per il futuro
«Ti spronano a tirare fuori il 100% di te» racconta Ibba riguardo le università americane, ricordando quello che le è stato detto in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico: «Questa giornata rappresenta quello che voi farete nella vita: imparare e mettervi a disposizione della società».
Nel racconto della sua esperienza universitaria in Usa, spiccano più flessibilità e maggiore attenzione alle soft skills da parte del sistema accademico americano: «Negli Stati Uniti c’è una maggiore propensione nel mettere alla prova le tue capacità in modo diverso: ad esempio, se vuoi fare il “litigator” – ovvero l’avvocato che va in udienza – le università rafforzano le tue capacità in quel settore lì, in modo molto specifico».
Ad ispirare la giovane professionista, chi le sta insegnando chi essere e come: «Se penso a chi mi ha ispirata nel mio percorso, non mi viene in mente una persona precisa. Ma tante. Quando frequentavo l’università notavo l’impatto che un insegnante ha sugli studenti: a seconda del professore che seguivo, notavo una caratteristica che avrei voluto coltivare anche io: empatia, persuasione, capacità di leadership» racconta lbba che, proprio nell’insegnamento, vorrebbe realizzarsi: «Vorrei continuare a studiare quello di cui mi sto occupando adesso e vedere sempre più da vicino i temi che approfondisco. Il mio sogno è diventare professoressa di diritto, in Italia e negli Stati Uniti, partecipare a conferenze internazionali: non voglio abbandonare il mio Paese, ma migliorarlo».
Figli e lavoro di cura ostacolano la carriera delle avvocate
E in Italia come stanno le avvocate? Come emerge dai dati, se è significativa la presenza delle professioniste di età più giovane iscritte alla Cassa forense (il 57,5% degli iscritti sotto i 34 anni e il 55,3% tra i 35 e i 44 anni è donna), diversamente accade tra i 55 e i 64 anni: in queste fasce gli uomini toccano il 59,9%; con la percentuale che sale negli over 65, raggiungendo il 75,3% del totale.
A rinunciare alla professione sono soprattutto le donne. Tra i motivi spiccano figli piccoli e lavoro di cura, soprattutto in carico alle madri lavoratrici. Il Rapporto Istat 2023 sulla distribuzione del carico familiare fotografa, per il 2022, un tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni pari a 55,5%. Se si guarda a quello delle donne della stessa età ma senza figli, quel tasso sale al 76,6%.
«Conciliare gli orari dei grandi studi legali con quelli familiari è difficilissimo: non solo in Italia ma anche negli Stati Uniti. Il sistema è quasi sempre tossico, per cui la reperibilità richiesta è massima» sottolinea Ibba, che a riguardo riconosce un aspetto importante: «In parte il mio desiderio di iniziare la carriera accademica nasce anche da questo. Davanti a me avevo due strade: da una parte entrare in uno studio internazionale sacrificando il resto. Dall’altra la carriera accademica che, a un certo livello, riesce a garantirti maggiore flessibilità per l’equilibrio vita-lavoro». Le politiche e la cultura del lavoro non cambiano con lo stesso ritmo delle giovani generazioni. Ma le storie individuali, insieme, possono ancora una volta aprire la strada.
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