Scriveva Sant’Agostino che «i tempi sono tre: il presente del passato, che è la storia; il presente del presente, che è la visione; il presente del futuro, che è l’attesa». La memoria è l’elemento essenziale perché la storia “cattiva” non si ripeta e la visione di domani diversi spicchi il volo sulle ali delle esperienze già vissute. Un bene fragile e deperibile, come d’altronde Tina Anselmi vedeva la democrazia. Lo abbiamo visto dal massacro del 7 ottobre ad opera di Hamas in avanti. Abbiamo sperimentato quanto deboli sono i nostri anticorpi contro l’antisemitismo, quanto radicati e stolti sono i pregiudizi sugli ebrei, quanto è labile il ricordo delle atrocità commesse nella seconda metà del Novecento.
Molti libri sono usciti in questo anno e mezzo: saggi che hanno provato a riannodare i fili per comprendere quale piaga si sia abbattuta sulla memoria che avremmo dovuto tenere accesa come una fiaccola o che hanno ripercorso la nascita e la vita di Israele attraverso le figure chiave della sua esistenza. Sono utili, perché in mezzo alle fazioni contrapposte che seminano odio – in un Paese in cui la testimone della Shoah e senatrice a vita Liliana Segre (94 anni) è costretta a muoversi con la scorta e a rinunciare alla partecipazione agli eventi pubblici a causa della pioggia di minacce e insulti che la travolge – aiutano a coltivare la pietà. E a chiedersi in ogni istante: potrebbe succedere di nuovo? Le persone intorno a me sarebbero capaci come allora di assistere senza battere ciglio, o addirittura di contribuire attivamente, alla deportazione del vicino, dell’amico, del collega, dell’insegnante soltanto perché ebreo? Un Governo potrebbe pianificare l’uccisione nei campi di concentramento e nelle camere a gas di sei milioni di esseri umani in base alla religione che professano?
Gli ebrei, il nemico ideale
Si intitola “Il nemico ideale” (Rai Libri, 2024) il saggio che Nathania Zevi, giornalista del Tg1 e nipote di Bruno e Tullia Zevi, esponenti illustri della comunità ebraica italiana, ha voluto dedicare alla storia antica dell’odio antisemita, che oggi si ravviva sui social newtork e sul web grazie a casse di risonanza sempre più potenti. Con gli ebrei tornati al centro delle narrazioni complottiste globali e i vecchi intollerabili stereotipi che riemergono dagli anfratti delle coscienze, frutti avvelenati della mondializzazione del rancore che ritrova la necessità di capri espiatori facili. Mentre i venti antisemiti soffiano da destra e da sinistra, la memoria dell’Olocausto scompare, ingoiata dai nuovi odi. Zevi raduna i numeri e gli allarmi suonati dalle comunità ebraiche di tutta Europa e degli Stati Uniti. «Il libro è nato prima del 7 ottobre – ha spiegato Zevi durante le presentazioni – ed è diventato, suo malgrado, di drammatica attualità. Gli ebrei però sono stati per millenni e sono tuttora il nemico ideale perché sono poco conosciuti, ma ben inseriti nella società. Su questo piccolo gruppo, come a un manichino, si possono appendere tutti i tipi di pregiudizi, come è avvenuto nei secoli in maniera trasversale alle classi sociali, all’appartenenza politica e anche alla locazione geografica». Dedicato a chi è accecato.
Golda e le altre: nove ebree che hanno fatto la Storia
Dopo il bellissimo “Golda. Storia della donna che fondò Israele” (Giuntina, 2024) Elisabetta Fiorito, giornalista di Radio24 è appena tornata in libreria con “Eroine della libertà” (Il Sole 24 Ore, 2025) per recuperare dall’oscurità non solo Golda Meir, la prima e finora unica premier di Israele, ma anche altre otto donne ebree che prendono forma e si raccontano. C’è Myriam, unico personaggio immaginario, che abita nel Ghetto di Roma e assiste al rogo di Giordano Bruno. C’è Gracia Mendes, una delle donne più ricche e influenti del Rinascimento europeo, protagonista della diaspora sefardita tra Portogallo, Fiandre e Italia. Poi si torna a Roma, dalla prigione di Anna Del Monte nella Casa dei Catecumeni ai teatri di Amelia Pincherle Rosselli, prima drammaturga italiana. Si scopre l’austriaca Hedy Lamarr, star di Hollywood e genio scientifico profondamente antinazista, che inventò la tecnologia spread spectrum per individuare e bloccare i siluri radiocomandati. E poi scorrono tra le pagine Rita Levi-Montalcini, Premio Nobel per la Medicina, e Ada Sereni, organizzatrice dell’immigrazione clandestina degli ebrei sopravvissuti alla Shoah. Donne diverse per epoca, professione, relazioni, che però insieme tracciano l’epopea ebraica e femminile nel corso dei secoli, con un filo rosso: l’amore per la libertà e l’impegno contro persecuzioni e pregiudizi. Dedicato alle nostre grandi madri.
L’orrore nei diari
Come Anna Frank, furono migliaia gli ebrei italiani che annotarono nero su bianco la cesura operata dalle leggi razziali del 1938 sulla loro vita e l’effetto dirompente sulla loro quotidianità. Grazie allo spoglio di oltre 6mila pagine di documentazione conservate presso l’Archivio diaristico nazionale di Pieve di Santo Stefano, gli storici Umberto Gentiloni Silveri e Stefano Palermo raccontano “Il buio del Novecento” nell’omonimo libro (Il Mulino, 2024), sottotitolo “Diari e memorie di ebrei italiani di fronte alla Shoah”. Una corsa verso l’abisso, culminato nel biennio 1943-1945 con gli arresti, le deportazioni, le fughe all’estero o la ricerca di ripari sicuri in Italia, gli omicidi di parenti e amici. Al progetto genocida della Germania di Hitler fanno da contraltare le storie comuni, le vicende “minime” eppure straordinarie. La persistenza della vita e dell’umanità dentro l’oscurità. Dedicato a chi pensa che quel fondo non si possa più toccare.
Dietro le fotografie della Shoah
La storica della Shoah ed esperta di didattica Laura Fontana aveva 14 anni ed era in terza media quando vide la serie televisiva americana “Olocausto”, con scene di deportazioni e massacri. Lo ricorda lei stessa nel libro “Fotografare la Shoah. Comprendere le immagini della distruzione degli ebrei” (Einaudi, 2025), perché quello shock è stato all’origine della sua infinita ricerca: da allora in poi ha cominciato a conservare ritagli di foto, stralci di articoli, appunti. Una sorta di archivio artigianale nato dal desiderio di comprendere e che ha generato le domande che danno vita a questa raccolta straordinaria: chi sono le persone coinvolte nell’atto del fotografare? Chi ha scattato la foto e per quale scopo? Dove è stata ritrovata e che uso ne è stato fatto? L’approccio si è fatto scientifico: correzioni delle didascalie, raccolta sistematica di informazioni, studio delle immagini custodite nei centri di ricerca e nei musei di tutto il mondo. Con l’amara scoperta che la Shoah, a dispetto della narrazione comune secondo cui sia avvenuta “in gran segreto”, in realtà «è stato uno degli eventi più documentati della storia del Novecento» con milioni di fotografie. Si va dalle nove del centro di sterminio di Belzec scattate da una SS, con un gruppo di cinque elegantissimi prigionieri davanti alle baracche, a quella degli orsi dello zoo di Treblinka dell’album del comandante Kurt Franz, dal figlioletto del sadico Otto Koch che gioca teneramente nella neve con i genitori alle migliaia di scatti ritrovati solo recentemente degli ebrei tedeschi deportati dal Reich. Uno spaccato incredibile che rivela il modus operandi seriale delle autorità naziste: gli arresti, la confisca dei beni, il raggruppamento in punti di raccolta prima della partenza in treno, i trasferimenti forzati, la vita nei campi di sterminio. Tutto, scrive Fontana, come se si fosse trattato di una normale operazione di politica interna. Dedicato a chi si ostina, incredibilmente, a negare o a minimizzare.
Storie di salvatrici e di salvati
In mezzo alle tenebre, sono i piccoli scorci di luce che rincuorano. Alla fine dell’estate del 1938, nello studio dentistico padovano di Franco Borellini lavora un altro collega: Marcello Bergo, il cui vero nome è però Marcello Arturo Abrahamsohn, ebreo ungherese. Bergo è il cognome della moglie Giovanna, con cui mette al mondo due bambini; Roberto e Claudio. Nel libro “Il medico ungherese. Bambini ebrei salvati e donne coraggiose a Este” (Cleup, 2025) Beatrice Andreose narra le sue strategie di sopravvivenza nella città pervasa dall’antisemitismo e poi la fuga a Este, nel 1943, dove una fitta rete di solidarietà permette all’intera famiglia di restare viva e unita. Sono le donne che riescono a nascondere i piccoli e il padre: lo fanno spesso sfidando tedeschi e fascisti, animate soltanto dalla solidarietà. Il volume è corredato anche da un’ampia raccolta di foto inedite. Dedicato agli scettici: il bene esiste.
La nuova caccia all’ebreo
Pierluigi Battista non usa mezzi termini: quello del 7 ottobre è stato un pogrom contro Israele. Eppure, con il contrattacco israeliano a Gaza, ha generato un’ondata di antisemitismo senza precedenti, con la bandiera d’Israele bruciata e calpestata nelle manifestazioni degli studenti dall’Europa agli Stati Uniti, gli ebrei cacciati dalle università o inseguiti negli aeroporti. Scene che non avremmo mai voluto rivedere, né in Occidente né altrove. Con “La nuova caccia all’ebreo” (Liberlibri, 2024) Battista entra nelle ombre e nelle contraddizioni delle democrazie liberali e chiama alla reazione contro quella che a tutti gli effetti appare un’operazione di sdoganamento dell’antisemitismo, camuffato da antisionismo. Una cultura d’odio tossica che pensavamo di aver sconfitto dopo la scoperta della tragedia della Shoah e che invece riemerge testimonia le radici culturale e profonde dell’avversione verso gli ebrei. Dedicato ai sedicenti democratici.
Per una geografia degli ebrei in Europa
Leggere “Le vie degli ebrei” (Il Mulino, 2024) della storica Anna Foa è come viaggiare nel tempo e nello spazio, disegnando una mappa alternativa dell’Europa dal primo millennio al Novecento: quella sulle orme di un popolo che ha rappresentato per secoli l’unica minoranza a cui per secoli sia stato concesso di vivere, seppur tra discriminazioni e ostacoli, in un mondo cristiano. Foa ci guida da Roma, culla della presenza ebraica dopo l’esodo da Gerulalemme, alla Puglia, da Toledo e la Spagna a Colonia e la Germania. E poi Palermo e il Sud, Lisbona, Venezia, Amsterdam fino a Berlino, cuore dell’illuminismo ebraico dell’Ottocento. Ancora da Amburgo a Parigi, con il caso Dreyfus, Odessa e Weimar, l’apice della creatività ebraica distrutta dalla Germania nazista. Il cammino di una lunga, interminabile diaspora. Dedicato a chi non sa cosa significhi vivere in fuga.