Donne in politica, elette nei parlamenti, a capo di stati o governi? “No, grazie” sembrano dire le tendenze.
Chiuso l’anno delle mega elezioni, con la metà della popolazione mondiale andata alle urne, la tendenza è chiara: non c’è affatto stato un ingresso massiccio di elette quasi in nessun Paese al mondo. E, come illustra eloquentemente un grafico della BBC pubblicato a fine dicembre, nel 2024 la percentuale di partecipazione femminile nei parlamenti è cambiata in modo “trascurabile”. L’aumento de numero delle parlamentari elette nel Regno Unito, in Mongolia, in Giordania e nella Repubblica Domenicana, non bilancia affatto il calo registrato altrove. Al punto che la crescita di questi numeri, raddoppiata tra il 1995 e il 2020, lo scoro anno su scala mondiale è stata dello 0,03%. Zero virgola zero, tre percento.
La situazione attuale vede, oggi, la percentuale di parlamentari donne attestarsi sotto il 30% – con solo 15 Paesi su 193 che registrano almeno la parità di genere tra i membri eletti. Solo 6 nazioni al mondo vedono l’equilibrio tra i membri del Governo. Salendo ancora sulla scala della leadership degli stati, sono 26 le nazioni con una donna capo di stato o governo. Ma Intanto restano 114 i Paesi che invece non ancora visto rompere questo soffitto di cristallo, dal 1946, e non hanno mai avuto, quindi, una primo ministro ministro o una presidente.*
A inizio 2025, dei 29 Paesi a guida femminile, sono 10 le premier tra cui Giorgia Meloni in Italia e Evika Siliņa in Lettonia. Le altre sono invece le capo di stato, come ìSalome Zourabichvili in Georgia o Droupadi Murmu in India. Di queste sono sei quelle arrivate al potere nei passati 12 mesi, da Myriam Spiteri Debono a Malta, la “prima” eletta in ordine di tempo nel 2024. A Claudia Sheinbaum, da ottobre la prima donna a capo del Governo messicano**.
Donne ai vertici degli stati: primati ma non solo
Con la sua elezione, Sheinbaum rompe per la seconda volta un soffitto di cristallo in Messico. La 62enne, infatti, era stata già la prima governatrice della capitale. Dopo l’elezione, ha promesso di lavorare sul miglioramento dei diritti delle donne. E di sostenere l’economia, attualmente in crescita lenta. Inaugurando il suo mandato, si è presentata come «madre, nonna, scienziata, donna di fede e ora presidente!». Ha poi commentato di voler ispirare «coloro che hanno sognato la possibilità che un giorno, indipendentemente dal fatto che fossimo nati come donne o uomini, avremmo realizzato i nostri sogni e desideri senza che il nostro sesso determinasse il nostro destino».
Un’altro primato arriva dalla Namibia. Con l’elezione di Netumbo Nandi-Ndaitwah, prima donna a diventare presidente del Paese, viene scritta una nuova pagina della storie locale. Per quanto resterà fino a marzo “presidente eletta”, previa revisione dei risultati, la sua vittoria dovrebbe essere percentualmente superiore anche al risultato del suo predecessore.
Anche lo Sri Lanka da settembre ha una donna al vertice. Non si tratta questa di un primato effettivo per la nazione, il Paese merita comunque una menzione speciale, essendo stato il primo al mondo già negli anni ‘60 a rompere il taboo ed aver eletto all’ora una capo di governo. Con le elezioni di qualche mese fa, la dott.ssa Harini Amarasuiya è diventata la terza donna in Sri Lanka a guidare un esecutivo. Intervistata sulla poca esperienza del suo partito al governo, la prima ministro ha commentato: «Di certo non abbiamo esperienza nel far fallire il Paese, acquisteremo esperienza nel costruire il Paese».
Per quanto, anche in questo caso, non si tratti di una “prima” assoluta, nel 2024 anche la Thailandia si è distinta in tema di vertici al femminile. In agosto Bangkok infatti ha visto per la seconda volta una donna diventare premier (la prima era stata la zia dell’eletta). L?attuale prima ministro Paetongtarn Shinawatra però, fa registrare comunque un primato: è infatti la più giovane a ricoprire questa posizione nella nazione asiatica.
Oltre i vertici nazionali: le percentuali di donne elette
Per quanto pochi, nel mondo lo scorso anno oltre alle elezioni citate e a tutte le altre donne che hanno raggiunto le massime cariche nei loro Paesi, primati sono stati registrati anche in altri ambiti cruciali per la vita pubblica. In aree diverse tra loro.
Su tutte, ricordiamo la fin troppo mediatica corsa verso la Casa Bianca della seconda donna candidata presidente negli Stati Uniti. Certamente rapida e impressionante per i numeri raccolti durante i mesi di campagna elettorale, è stato il percorso di Kamala Harris. Quella che, serve ricordarlo, è stata la prima vice-presidentessa della super-potenza, non è però riuscita a superare il candidato del partito repubblicano, suo oppositore. Non ha quindi potuto diventare la prima commander in chief statunitense. Le elezioni di novembre negli Stati Uniti però registrano comunque un primato: con 13 nuove governatrici elette, viene stato superato il record di 12 registrato quattro anni fa.
Sempre nell’arena del potere pubblico, anche nel Regno Unito si è raggiunto un nuovo record. Per la prima volta infatti la House of Commons ha registrato una quota del 40% di elette. Inoltre, qualche mese fa Eluned Morgan è diventata la prima premier gallese, dopo aver preso da questa estate – anche qui una prima volta per una donna – , la leadership del partito Labour in Galles.
Altro risultato importante, in questo caso relativo alla percentuale di elette, la Mongolia. Grazie all’applicazione della legge che ha introdotto quote di genere nelle elezioni, Ulambataar a inizio estate ha visto salire il numero delle donne in Parlamento di 7,3 punti percentuali.
Al primato della Mongolia, alla conferma del primato del il Rwanda. La nazione si conferma per il 2024 prima al mondo in termini di proporzione uomini-donne membri del parlamento nazionale. Con l’attuale percentuale che sfiora il 64%, il Paese oggi supera addirittura il suo precedente record del 61% di donne elette. Segue lo stato africano per equilibrio di genere tra eletti, il Messico dove si registra la parità di genere. Per quanto non si tratti di una posizione legislativa, in Pakistan lo scoro anno lo scorso anno ha rotto un taboo. Preferita agli altri due candidati uomini, da luglio Aalia Neelum è infatti diventata la prima donna giudice supremo del Paese.
Casi particolari
Ciascuno a suo modo, fino a qui abbiamo parlato di successi e prime volte. Il 2024, come visto in apertura, un anno quantomeno di stallo e che non ha visto grandi numeri di donne entrare in politica o occupare posizioni di guida. In alcuni casi è stato l’anno della fine delle carriere di profili femminili ai vertici, come è successo a Taiwan e in Bangladesh.
Nel primo caso, dopo otto anni al potere infatti, Tsai Ing-wen – che era stata la prima presidentessa nell’isola-stato -, ha lasciato la massima carica al suo successore, il candidato del suo partito (Partito progressista democratico taiwanese) e precedentemente suo vice-presidente. Indicata come una “vittoria per la democrazia”, l’elezione del nuovo premier, un po’ “passaggio di consegne” dalla primo ministro uscente, porta lo schieramento al terzo mandato consecutivo nella nazione.
Mente l’ex-capo di governo taiwanese, conosciuta e ammirata per le sue posizioni forti contro l’autoritarismo cinese, non è tornata al potere, il Bangladesh ha conosciuto negli scorsi mesi una storia complessa. Inizialmente riconfermata in gennaio a guidare la nazione per la quinta volta, in gennaio Sheikh Hasina si confermava la donna premier più “longeva” al mondo. Gli analisti hanno però messo in dubbio l’integrità democratica di queste elezioni. E in agosto, accusata di abuso di potere e di aver ucciso gli attivisti oppositori, Hasina si è dimessa. Aveva guidato il Paese per circa 20 anni dal 2009.
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* Questi dati derivano dal Women’s Power Index del Council on Foreign Relations (CFR) e fanno riferimento ai numero registrati al 1° dicembre 2024.
** Per la precisione, l’ultima in ordine di tempo sarebbe l’elezione in Namibia di Netumbo Nandi-Ndairwah. Ma il suo incarico inizierà effettivamente a marzo 2025 per cui il suo nome non appare nell’indice del CFR.
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