Cyberbullismo, il papà di Carolina Picchio: «Abbracciate sempre i vostri figli»

«Abbracciate sempre i vostri ragazzi e le vostre ragazze, i vostri bambini e le vostre bambine, fate capire loro che ci siete». Sono le parole di Paolo Picchio, papà di Carolina, una ragazza di 14 anni che la notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013 decise di togliersi la vita, dopo essere stata vittima di bullismo e cyberbullismo. Carolina è stata colpita da una campagna di odio nella vita e sui social, dopo la relazione con un ragazzo, che non ha accettato la fine di quel rapporto. Come successo a Giulia Cecchettin, uccisa l’11 novembre 2023 da Filippo Turetta. Turetta in aula, davanti al giudice, alla domanda: «perché hai ucciso Giulia?», ha risposto: «perché non voleva tornare con me».

Paolo Picchio ha parlato in occasione della presentazione, il 16 novembre al teatro Franco Parenti, del libro “In Trappola. Giovani e linguaggio, come superare stereotipi e modelli sessisti”, edito da Il Sole 24 Ore e scritto da Chiara Di Cristofaro, Simona Rossitto e Livia Zancaner, giornaliste e autrici per Alley Oop. Un libro che ha come obiettivo quello di capire come le radici della violenza contro le donne, gli stereotipi e modelli sessisti si insinuino nella vita delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, spesso senza che ce ne accorgiamo.

Abituare i ragazzi al rifiuto e alla frustrazione

Picchio è presidente onorario di Fondazione Carolina, la onlus dedicata a sua figlia. Il segretario è Ivano Zoppi. Insieme, ogni anno, incontrano decine di studenti e le loro famiglie. «Il ragionamento più importante è quello legato al rifiuto: c’è una mancanza di accettazione del rifiuto da parte soprattutto dei maschi, perché il no non è contemplato, non è accettato. Bisogna ragionare sulla quotidianità, perché è nella quotidianità che i ragazzi sviluppano le proprie problematiche, l’intenzione di ferire e fare del male, spesso senza consapevolezza della portata delle proprie azioni», dichiara Zoppi.

Serve ascoltare di più i ragazzi e le ragazze

Ricordiamo ai giovani uomini che «se una donna dice di no, è no», ricorda Maria Letizia Mannella, procuratrice aggiunta, che a Milano si occupa di violenza di genere, tutela della famiglia, minori e soggetti vulnerabili. Porta la sua testimonianza nelle scuole anche Stefania Spanò, in arte Anarkikka, illustratrice del libro “In Trappola”. «Finalmente parliamo di giovani. Ragazze e ragazzi che non sono più abituati a essere ascoltati. Quando vado nelle scuole capita che i giovani mi guardino e si chiedano: perché mi sta parlando, perché mi sta facendo delle domande, perché mi chiede come sto. Questa è una cosa incredibile, che io, da giovane, non ho mai sperimentato».

Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria, nella sua comunità Kayros a Vimodrone accoglie giovani con procedimenti penali in corso e in uscita dagli istituti minorili. Don Claudio spiega perché i ragazzi, oggi, non si fidino di nessuno e di come fare per avvicinarli. «Sono ragazzi che non sanno amare, considerano l’amore una performance», dice Burgio. Concetto spiegato bene in una canzone di Baby Gang – vero nome Zaccaria Mohuib – artista trap, che ha cominciato a fare musica proprio a Kayros. «Non so dire ti amo. Non me l’hanno insegnato, l’ho imparato da solo ma non ha funzionato», scrive Baby Gang nella canzone Treni. «Ho perso la fiducia negli adulti nel momento in cui sono stato abbandonato la prima volta», racconta Mario, diventato da poco educatore a Kayros. Mario è stato adottato a otto anni. Poi ha vissuto una rottura anche con i genitori adottivi, da cui si è allontanato, trovando le porte aperte a Kayròs, dove ha trovato la propria strada.

Per tutti i giovani, ragazze e ragazzi, bambine e bambini serve un’educazione all’affettività, alle emozioni, ribadisce Diana De Marchi, presidente della commissione pari opportunità e diritti civili del comune di Milano. Perché il cambiamento culturale deve partire dalle origini, dalla scuola dell’infanzia, dalla famiglia, dal linguaggio. «Una parola non ha mai ucciso nessuno», si sente ripetere in continuazione. Ma le parole traducono il pensiero, che determina i comportamenti. E nel modo di parlare di tutti e tutte c’è un proverbio, un modo di dire, una frase ripetuta, che squalifica la donna. Ed è anche da queste frasi che nascono la prevaricazione, il controllo, il possesso dell’uomo nei confronti della donna, dei ragazzi nei confronti delle ragazze.

Giovani, stereotipi, violenza conto le donne, linguaggio, musica trap, social sono temi, dunque, di cui si sente l’esigenza di parlare sempre di più.

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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.

Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.

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