Fotografia, al Calabria Festival il ritratto di un nuovo Sud

Lydia Toivanen – From One Innocent Look

Viaggi spazio-temporali per immagini. Sono gli itinerari del reale che da tre anni costruiscono, sollecitando l’immaginario, i progetti espositivi del Fotografia Calabria Festival, creato e diretto dalla fotografa calabrese Anna Catalano. “A inizio 2022, mentre eravamo ancora alle prese con la coda lunga della pandemia da Covid, mi sono ritrovata in giro per Fiumefreddo Bruzio, in provincia di Cosenza, a scattare foto. Era notte alta. In quel momento, mi sono resa conto che quel luogo poteva essere la naturale scenografia di un evento incentrato sulla fotografia”.

Ritratti di famiglia

Nell’estate di quello stesso anno, l’intuizione ha preso la forma di un festival che nel 2023 si è svolto sia a Fiumefreddo che nel vicino centro di San Lucido, comune che proprio in questi giorni ospita la terza edizione dell’evento il cui tema è Fotografie di famiglia. Fino al 25 agosto saranno visitabili, attraverso i vicoli e le strade del centro cosentino, gli scatti raccolti in 10 progetti di altrettanti fotografi e fotografe da tutto il mondo. A loro si aggiunge la vincitrice del premio che il festival dedica agli emergenti: la finlandese Lydia Toivanen, nata nel 1987 e cresciuta all’interno di una comunità religiosa, autrice di From one innocent look.

“Prima o poi tutti i fotografi passano attraverso un lavoro di racconto del proprio universo familiare: è una palestra per i neofiti e un’opportunità, per chi ha una più lunga carriera alle spalle, per saldare i conti col passato o rendere omaggio alla propria famiglia di origine”. Così spiega Anna Catalano la scelta del tema del 2024 che ha visto tutti i fotografi presenti al festival “mettere a disposizione in maniera documentaristica o artistica i propri ricordi, intimi e privati. Alcuni li hanno semplicemente sviluppati, altri invece li hanno costruiti da zero”.

Filippo Venturi – He looks like you

Come Filippo Venturi che, utilizzando l’intelligenza artificiale, ha modellato un mondo di immagini in cui suo padre, morto dieci anni fa, e suo figlio, nato tempo dopo, si sono immaginariamente incontrati, colmando così il vuoto di un’esperienza mai vissuta. La fotografia diventa una sorta di macchina del tempo anche negli scatti che compongono il percorso di Catherine Panebianco dal titolo No memory is ever alone.

“Catherine – racconta ancora Catalano – è partita dalla raccolta delle diapositive che suo padre scattava quando lei e suo fratello erano piccoli. Matrimoni, viaggi in strada, notti di gioco: tutto veniva minuziosamente documentato dal papà che poi li obbligava a passare in rassegna le varie istantanee, ogni volta che ve ne era occasione. Un’attività che per loro, bambini, risultava noiosa ma che, da adulti, si è rivelata un collettore straordinario di ricordi”. Un bagaglio dal quale è partito un viaggio nel tempo che la fotografa di origini canadesi ha deciso di affrontare riportando quegli scatti negli stessi luoghi – e negli stessi punti – in cui erano stati presi decenni prima. Un viaggio partito nel 2016, anno del ritrovamento delle diapositive, e proseguito rimettendo insieme i tasselli di una intera esistenza con la quale riconciliarsi.

Fotografia: un’arte meritocratica

La scelta del tema familiare per questa edizione del festival nasce sicuramente dall’universalità di una dimensione che offre però importanti spunti sul mestiere del fotografo. Una professione “meritocratica”, secondo la fondatrice e direttrice dell’evento. “Se vali, sei capace e tenace – spiega – vieni riconosciuto e premiato”. Anna Catalano lo ha sperimentato sulla propria pelle: l’obiettivo non fa distinzioni di genere e, anzi, una donna che impugna una macchina fotografica viene accolta con profondo rispetto. “L’ho sperimentato nel mio viaggio a Beirut, due anni fa, per la realizzazione di un reportage: non sapevo cosa aspettarmi, cosa avrei dovuto affrontare. Mi sono ritrovata in un contesto di profondo rispetto per la mia persona, tanto più perché donna”.

Le differenze è piuttosto la vita a farle, in virtù di una certa inevitabilità che connota i ruoli che ognuno assume o sceglie di assumere. “A ben guardare, molti dei progetti esposti quest’anno sono di donne. Ritengo che non sia un caso: noi donne, soprattutto quando diventiamo madri, siamo limitate nella mobilità e finiamo perciò per rivolgere lo sguardo agli universi a noi più prossimi. Io stessa sono madre e per quanto abbia abituato mia figlia, fin da subito, ai miei viaggi, è inutile negare che il modo di spostarmi è cambiato. Le donne sono più legate alla dimensione domestica e familiare che impatta, invece, molto meno sulla mobilità degli uomini”. Un gap che per Anna Catalano andrà colmandosi perché non è possibile immaginare che le donne, soprattutto quando sono delle brave professioniste, debbano o vogliano rinunciare ai propri obiettivi: al contrario, lavoreranno sempre di più per raggiungerli.

Bambini senza colpe

Prima di questa edizione del Fotografia Calabria Festival, Anna Catalano ha già, in certa misura, esplorato il tema familiare nel suo progetto del 2018 Senza colpe. Un racconto della vita dei bambini reclusi, insieme alle loro mamme, negli istituti a custodia attenuata per detenute madri (ICAM). “Partita dall’ICAM di Lauro, in provincia di Avellino, la raccolta fotografica di Senza Colpe è frutto di un lavoro progettuale lungo e complesso perché complesso è l’iter di accesso a questi istituti che, per quanto presentino delle attenuazioni rispetto alle carceri ordinarie, restano delle strutture detentive”.

Non bastano, quindi, gli agenti in borghese e senza divisa e le altre misure che disciplinano la vita degli ICAM per tutelare la serenità di bambini che vivono in un rigido sistema di controlli e sono quotidianamente immersi in situazioni, come i litigi tra detenute, molto al di là della loro portata.

La cosa più difficile è stata porre una distanza, necessaria, tra me e questi piccoli che, semplicemente, non dovrebbero vivere in simili strutture, per quanto la legge lo preveda nel caso in cui le condizioni familiari non consentano di lasciarli a casa. Allora, il magistrato di sorveglianza può autorizzare la madre detenuta a tenere con sé i figli di età compresa tra i quattro e i sette anni, che possono arrivare a dieci in caso di proroga della misura”. Bambini che chiedono di tornare a casa e che a ogni permesso di uscita rientrano negli ICAM sempre più tristi e atterriti, fino a smettere, in qualche caso, addirittura di parlare.

Storie di infanzie recluse, pur senza colpa, che hanno fatto fatica ad emergere fino all’incontro tra Anna Catalano e il medico, primario al Santobono di Napoli, Paolo Siani, fratello del giornalista Giancarlo, ucciso dalla camorra nel 1985. Il progetto ha allora preso la forma di una mostra itinerante accolta in particolar modo da sedi universitarie particolarmente attente a questi temi.

Sud: una nuova storia?

L’episodio dell’incontro fortuito col medico e attivista anti-camorra racconta delle sinergie che sempre più animano un Mezzogiorno consapevole e in cerca di riscatto. Anna Catalano lo sperimenta da oltre due anni: da quando, cioè, è iniziata l’impresa, faticosa ma avvincente, di basare in Calabria un festival internazionale di fotografia. L’evento, infatti, oltre a avere incontrato il favore delle istituzioni locali e nazionali, ricevendo il patrocinio del ministero della Cultura e sviluppando una collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà, che allestisce mostre tratte dai propri archivi storici, continua a riscuotere il convinto supporto di imprese del territorio.

“La Calabria sta vivendo una interessante fase di fermento e rinascita grazie all’impegno di nuove generazioni di imprenditori e professionisti. Persone qualificate che hanno studiato e che vogliono fare la differenza. Da Caffè Guglielmo, al Gruppo Carlomagno fino alla lungimiranza di Fortunato Amarelli, questo festival vive grazie ai suoi sponsor che lo hanno adottato, vedendo nel progetto una opportunità”. Sguardi nuovi, dunque, su territori che non accettano più di essere governati da una passiva rassegnazione o dalla farraginosità di una burocrazia spesso sclerotica, ma che vogliono essere protagonisti del presente e del proprio futuro, allenandosi a essere cittadini non solo d’Italia, ma dell’Europa e del mondo.

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