Tratta, fra le vittime soprattutto donne e ragazze che viaggiano sole

Sono centinaia di migliaia le persone vittime di tratta ogni anno: una moderna forma di schiavitù, a scopo di sfruttamento sessuale o lavorativo, che colpisce spesso persone in condizioni di fragilità come i migranti, più facili da adescare e mantenere sotto controllo dei trafficanti con false promesse di un futuro migliore. Spesso le vittime vivono in situazioni di povertà e provengono da ambienti socioeconomici marginalizzati, da Paesi a basso reddito o da zone di conflitto.

Per la Giornata Internazionale contro la tratta di esseri umani che cade il 30 luglio, WeWorld denuncia i numeri e le conseguenze della tratta. Numeri in crescita, purtroppo, in Italia e nel mondo, le cui principali vittime sono i più deboli, donne e bambini.

I numeri di Ventimiglia

Dal 2016 WeWorld è presente a Ventimiglia, sul confine italo-francese, uno dei punti di snodo di rilievo all’interno delle rotte dei migranti. Per diverso tempo, la sospensione unilaterale da parte del governo francese del trattato di Schengen nel 2015 ha causato il respingimento alla frontiera di migliaia di persone: tra queste anche donne e minori stranieri non accompagnati, costretti a stazionare a Ventimiglia, in una situazione in cui è altissimo il rischio di cadere vittime da un lato di reti criminali che organizzano attraversamenti irregolari delle frontiere, dall’altro di una vera e propria tratta di esseri umani a fini di sfruttamento.

Solo presso lo spazio di WeWorld a Ventimiglia sono quasi 4.000 le persone accolte da novembre 2020 a luglio 2024, di cui 1.745 donne, 674 uomini, 1.558 minori accompagnati. Solo prendendo in considerazione gli arrivi da gennaio a metà luglio 2024, sono 396 donne (di cui 14 incinte), soprattutto da Eritrea, Etiopia, Costa d’Avorio, Nigeria e Tunisia. In aumento, soprattutto a luglio, gli arrivi dalla rotta libica, di giovani uomini e donne minorenni.

I numeri italiani

Il numero delle vittime di tratta in Italia, calato durante la pandemia,

è ricominciato a salire raggiungendo le 2.422 persone nel 2022. La maggior parte delle possibili vittime di tratta in Italia è donna (circa l’80%), ma la percentuale di uomini e persone trans è aumentata nel corso degli anni.

Questi dati, tuttavia, rileva WeWorld, risulterebbero sottostimati perché una parte del fenomeno rimane sommersa. La scarsità di canali legali per entrare in Italia, unita alla paura di essere detenute nei centri di permanenza e rimpatrio e, successivamente, espulse dall’Italia, può spingere le persone vittime di tratta – il più delle volte senza un regolare permesso di soggiorno – a non denunciare gli abusi subiti.

La tratta in Europa

Secondo i dati diffusi dal Parlamento europeo, ogni anno più di 7.000 sono vittime accertate della tratta di esseri umani nell’Unione europea. Il 2022 ha fatto registrare un numero di vittime pari a 10.093 casi accertati. Anche se il numero reale potrebbe essere molto più alto, poiché anche in questo frangente molti casi non vengono identificati.

La maggior parte delle vittime sono donne e ragazze, ma è in aumento il numero degli uomini, in particolare per svolgere lavori forzati. Sono varie infatti le tipologie di sfruttamento: dallo sfruttamento sessuale, dove le vittime sono prevalentemente donne e bambini, al lavoro forzato, in cui le vittime provenienti principalmente da paesi in via di sviluppo, sono costrette a lavorare in posizioni ad alta intensità di manodopera o tenute in una situazione di schiavitù domestica.

Vi sono poi le attività criminali forzate, le vittime sono costrette a svolgere una serie di attività illegali, spesso con quote per queste attività e possono affrontare severe punizioni se non le rispettano, ma anche le donazioni di organi: per questa fattispecie le vittime generalmente ricevono un risarcimento minimo o quasi nullo e vengono esposte a alti rischi per la salute.

«L’Italia rimane uno dei principali luoghi di destinazione finale delle vittime della tratta di esseri umani, nonché una tappa di transito per altre mete europee. Proprio per l’estrema mutabilità della situazione, è necessario monitorare il fenomeno, fare rete ed essere presenti alle frontiere» commenta Dina Taddia, consigliera delegata di WeWorld.

«Per sradicare la tratta di esseri umani, bisogna contrapporre alle false promesse dei trafficanti l’impegno concreto per proteggere i diritti delle potenziali vittime, e toglierle così dalla spirale del trafficking: il diritto alla vita, a un lavoro dignitoso, alla salute, la libertà da lavori forzati, torture e trattamenti crudeli, inumani o degradanti».

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