Salman Rushdie: “È un brutto momento per la libertà d’espressione”

“Coltello“, Knife,è l’ultimo libro di Salman Rushdie, uscito per Mondadori con la traduzione di Gianni Pannofino. Il sottotitolo è “Meditazioni dopo un tentato assassinio”. Il riferimento è all’aggressione che nell’estate di due anni fa ha sfregiato lo scrittore de “I versi satanici”, facendogli perdere l’uso dell’occhio destro.

Ne ha parlato con Roberto Saviano, al Salone del libro di Torino appena conclusosi. Ed è stata la prima volta dopo quel 12 agosto del 2022. L’ammirazione e l’affetto di Saviano saturavano il teatro. L’effetto specchio era inequivocabile: la condanna a morte, quando arriva, travolge la normalità e poi la fagocita, lasciando intorno la vita in pezzi, uno spargimento di resti. Cambia poco che sia la fatwā dell’ayatollah Khomeini, annunciata a Radio Teheran il 14 febbraio 1989, o una sentenza della camorra: certi pronunciamenti non conoscono prescrizione. Eppure c’è anche la malafede di chi si sia domandato negli anni se davvero stessero cercando di ammazzarlo o se lo scrittore non fosse solo in cerca di attenzione: il libro affronta il dolore di una ferita tuttora aperta.

L’intervista è politica e attualissima. Vietato criticare il potere: «E’ un brutto momento, questo, per la libertà d’espressione. Pensavo che certe battaglie fossero già vinte, non lo sono invece e dobbiamo ricominciare a combattere». Ha le idee chiare Rushdie: «Scrittori, giornalisti e intellettuali sono sotto attacco», dice senza mezzi termini.  E si sofferma su quell’asimmetria che è abisso, voragine quando si apre tra un ministro e un intellettuale. Riconosce come tutto sia mutato di questi tempi, con i giornalisti intesi come bersaglio. Nettissimi sono i contorni di quello che disegna: sono i tratti dei governi populisti che si sforzano di ammutolire le voci di quanti dissentono. «Più vivi e più ti daranno la colpa di non essere morto. E tu vivi, vivi. E sii gentile», insiste.

Durante l’intervista, Rushdie ha dapprima ripercorso i momenti drammatici e gli istanti convulsi dell’aggressione avvenuta al festival letterario di Chautauqua, nello stato di New York: «Dal momento in cui lo vedo venire su, a quando mi sta addosso passano pochi secondi. Mi sembra d’aver preso un pugno e poi un altro, e poi cado a terra e lui si avventa su di me, in una posa che ha quasi dell’erotico».

A distanza di anni, appare sorridente, nel suo vestito nero e camicia blu notte. È stato il momento del sangue a chiarire tutto, quasi a rischiarare: non si trattava di pugni ma di coltellate, inferte da uno sconosciuto, senza neanche un motivo apparente che potesse spiegare tanta violenza.

Dopo le prime domande, l’attenzione cade sulla moglie, conosciuta in occasione del PEN America World Voices Festival nel 2017, definita da Saviano “il cuore aggiunto” di Rushdie.

Basterà, infatti, leggere “Coltello” per comprendere come lo scrittore provi a contenere in un intero capitolo la poetessa afroamericana, scrittrice e fotografa. Racconta del loro primo incontro, con ironia e senso dell’umorismo. La descrizione del momento esatto in cui il colpo di fulmine si fa esperienza fisica ha i contorni della gag: un uomo indiano naturalizzato britannico, di mezza età, che si schianta su una vetrata, rovinando per terra, in preda allo stordimento.

Lei è la quinta moglie di Rushdie e, a differenza dell’assalitore (un assassino mancato a cui lo scrittore non concede altro se non un’iniziale), abita le pagine del libro e lo spazio del Lingotto con entrambi i suoi nomi: Rachel Eliza Griffiths. Per smentire Henry de Montherlant, la felicità non è più quella che scrive con inchiostro bianco su pagine bianche. Ha vissuto qualcosa di altamente improbabile, lo scrittore: “Mi sono ritrovato felice. È stato inebriante”.

Procuratosi da subito i lavori della poetessa appena conosciuta, letto ogni suo libro e ogni raccolta di versi, finisce per concludere che «il suo talento, la sua natura e il suo modo di essere nel mondo erano eccezionali». Ne parla, prendendo a prestito le parole di Rilke, come di “bellezza e terrore, in egual misura”. A poco più di un anno da “La città della vittoria” lo scrittore torna insomma, in chiave più intima e privata, al tema delle donne.

A chiedergli cosa sia la vita dopo che l’odio e il fanatismo vi hanno fatto irruzione, lo si sente rispondere semplicemente: «Scopri che sei molto più forte di quanto pensassi».

Anche la resistenza ha i tratti di Eliza che è cura, nei giorni della solitudine, della sala operatoria, dell’ospedale: attento a non eccedere in elogi,  ché “c’è un limite anche ai complimenti”. Ma lo scrittore dice in “Coltello” della moglie e di sé molto più di quanto creda. È un riconoscimento di debito. Pagine dense raccontano dell’intesa, dell’ammirazione, del rispetto, della cura e dell’attenzione che si fanno sentimento e creano la coppia, malgrado i trentatré anni di differenza. Parlano della voglia di riservatezza che è riparo dalla “luce acida della notorietà indesiderata”, accecante e priva di ombre.

Che ci sia un prima e un dopo nella vita di Salman Rushdie è chiarissimo. Le sue parole segnano i punti, marcano i territori. “Il coltello apre uno spazio e adesso verranno a guardare dentro”.

Il tema della privacy entra prepotente nei suoi pensieri dopo l’aggressione. Sa di aver perduto quell’incavo che custodiva la vita intima e che non può più difendere. Rushdie è modernissimo nell’affrontare la smania che appartiene ai nostri tempi e pretende di “dover stendere i panni davanti a tutti”, nell’era dei social in cui non v’è realtà se non la si mostri.

La famiglia che si trasforma è l’altro tema: “Dopo cena Eliza, un po’ titubante, mi ha ricordato che alcuni mesi prima le avevo chiesto la misura del suo anulare. Gliel’avevo chiesto a puro titolo informativo oppure, dopo quattro anni, c’era qualche intenzione concreta?”. Evolve da “origine di ogni frustrazione” a luogo amorevole, il nucleo degli affetti, diventa spazio di solidarietà e di sana sensazione di forza. Ecco che l’opera ultima dello scrittore indiano è, forse, anche opera di riconciliazione.

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Titolo: “Coltello. Meditazioni dopo un tentato assassinio”
Autore: Salman Rushdie
Traduttore: Gianni Pannofino
Editore: Mondadori
Prezzo: 21 euro

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