Vittoria Bussi, donna dei record che ha messo insieme matematica e ciclismo

Se questa storia fosse un libro, probabilmente sarebbe Ragione e sentimento di Jane Austen. Solo che in questo caso, al posto delle sorelle Elinor e Marianne Dashwood, la protagonista è una sola: Vittoria Bussi, ciclista su strada e pistard italiana due volte detentrice del record dell’ora. Prima nel 2018 (48,007 km) e poi a fine 2023 sul parquet del velodromo messicano di Aguascalientes, dove la 37enne romana si è ripresa il “suo” record dell’ora strappandolo all’olandese Van Diik (49,254 km) e alzando ancora una volta l’asticella (50,267 km). Un risultato che vale doppio se si considera che parliamo della prima donna che supera il muro dei 50 km/h, una soglia fisica e mentale importante.

Mente matematica e cuore sportivo

Nell’anima di Vittoria Bussi, razionalità e sentimento vivono in un equilibrio fatto di passione per numeri e formule matematiche da un lato, e amore per lo sport dall’altro. Nomen omen si potrebbe dire, anche se la storia personale e sportiva di Vittoria non è un semplice riflesso del nome ma è frutto di una serie di eventi concatenati che, nel corso degli anni, le hanno permesso di evolversi.

Tutto è cominciato su una pista di atletica con papà Valter, a suo agio sia nelle vesti di allenatore che in quelle di mentore: «I pomeriggi con papà li passavo al campetto di atletica leggera vicino casa, alle terme di Caracalla o allo stadio delle Tre Fontane. La prima volta che mi ha iscritta ad una campestre sono arrivata seconda. Era un modo per la famiglia di stare insieme».

Lo sport è sempre stato importante nella famiglia Bussi, così come lo studio. Vittoria dedica tutte le migliori energie al percorso di formativo, considerando anche il suo ottimo curriculum fin dal liceo classico. E così arriva il 2010, anno che le regala (si fa per dire) la laurea specialistica in Matematica alla Sapienza, primo scalino verso una nuova vita dove forse, per lo sport, non c’è abbastanza spazio. Già, perché la tappa successiva (quella che le cambierà la vita) si chiama Oxford. E ad aspettarla c’è il ciclo di Dottorato di Ricerca. Quattro anni intensi a livello di tempo e impegno profusi.

Dalla pista di atletica al ciclismo

Gli anni oxfordiani, però, sono quelli in cui accade un evento che rivoluziona, emotivamente e non, la vita di Vittoria: la morte di papà Valter. Un colpo durissimo da assorbire e la sfida di superarlo senza troppe turbolenze. Come il corpo ha una sua memoria muscolare (e ricorda gesti tecnici e sforzi intensi), allo stesso modo fa il cuore. Nel momento più difficile della sua vita, la memoria emotiva le ricorda quanto amore nutra ancora per lo sport e quanto esso le possa essere di aiuto in quel momento per non essere sopraffatta dal dolore che si porta dentro: «In quel periodo stavo cercando una cura per questa ferita profonda e l’ho trovata nel fare fatica nello sport. Venivo dall’atletica e a Oxford andava molto il triathlon. Così ho cominciato a provare la multi disciplina e ho capito che avevo una particolare predisposizione per il ciclismo. Da lì si sono combinate due passioni, quella per la matematica e quella appena nata per la bicicletta, che hanno rappresentato la mia personale via di fuga dal dolore».

Pedalando in direzione contraria

Dopo il dottorato ad Oxford e un postdoc a Trieste, nel 2016 Vittoria decide di dedicarsi completamente al ciclismo. Nel frattempo comincia a fare qualche gara su strada. Le gambe girano bene (grazie al motore dell’atletica leggera) ma la fatica di stare in gruppo si fa sentire, perché quando si comincia a pedalare molto tardi è difficile digerire certe dinamiche. Vittoria però è forte sul serio e rende molto meglio quando pedala da sola.

Nel 2014, l’anno del dottorato, conquista il bronzo al Campionato Italiano a cronometro. Così prende forma un’idea folle, quella del record dell’ora. Folle perché Vittoria parte da zero. Con pochissime risorse finanziarie crea un team per provare a registrare il record, disegna materiali, telaio, definisce andature e traiettorie. La scintilla che scocca alimenta un sogno impossibile per tutti ma non per lei che, scegliendo di pedalare in direzione ostinata e contraria, fa dialogare ragione e sentimento allo stesso modo di come dialogano matematica e ciclismo: «La matematica mi ha aiutato tantissimo a preparare il record. Gli studi di aerodinamica e di potenza, la galleria del vento, le traiettorie… sono matematica. Così come i materiali. Non ce n’è uno migliore dell’altro perché la loro risposta non è sempre la stessa. Ogni sistema corpo/bici è un sistema a sé. E i dati fanno la differenza».

Il primo record permette a Vittoria di incamminarsi verso una nuova versione di sé, tutta da scoprire, perché per la prima volta i suoi studi matematici diventano matematica applicata. E questo le piace tantissimo: «Sono una matematica anche in pista perché mi trovo a gestire una serie di variabili. La ricerca mi ha dato la libertà di fare, creare, sperimentare e innovare. E questa stessa modalità l’ho portata nel ciclismo creando qualcosa di mio, dove la prestazione sportiva è il terreno per coltivare i miei valori, non uno spettacolo fine a se stesso».

L’incontro con un altro matematico

Se il primo tentativo di record dell’ora era motivato dal voler dedicare qualcosa di importante a papà Valter – e allo stesso tempo riabbracciarlo e sentirlo vicino ogni giorno pedalando – il secondo record è arrivato guardandosi dentro. La psicologia afferma che «l’individuo emotivamente sano vive ragione e sentimento come due aspetti del Sé inscindibili; non controlla le sue emozioni né si lascia travolgere da esse, ma gli risponde in modo consapevole, utilizzandole per orientare il suo agire al servizio della propria crescita emotiva ed intellettiva».

Ed è stata proprio la crescita la chiave di tutto: «Dopo il primo record – racconta Vittoria – di fronte a me avevo due strade: lasciar perdere o riprovarci. Quando si prova a migliorare qualcosa che si è già raggiunto, si cresce sia a livello personale che come atleta. Raggiungere un obiettivo è un percorso che ti trasforma, e per me è l’essenza dello sport».

Nel 2019, un anno dopo il primo record dell’ora, Vittoria incontra un altro matematico che proviene dal mondo della finanza, Fabrizio Fiocchi, ceo di ESGeo, piattaforma Software as a Service (SaaS) nata dal gruppo Avvale, azienda che offre soluzioni tecnologiche per abilitare modelli circolari e promuovere la crescita sostenibile, e che tra le diverse aree di competenza ha anche quella della Topology Data Analytics, una branca della matematica che esplora l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per gestire dati complessi. Vittoria e Fabrizio parlano la stessa lingua e condividono una visione, incomprensibile a molti ma chiarissima ai loro occhi. Nasce così un sodalizio che diventa una forte amicizia.

Il manager crede moltissimo nelle competenze matematiche di Bussi e lo dice chiaramente: «Quello che Vittoria ha studiato è molto attuale oggi e queste metodologie matematiche, prettamente teoriche di come rappresentare i dati in forma geometrica, oggi trovano applicazioni importanti per la vita delle persone. Attualmente abbiamo una mole enorme di dati che non può essere processata da un computer ma deve essere rappresentata in forma geometrica. Queste tecniche, quindi, sono in grado di fare attività di pianificazione, soprattutto sulle anomalie, permettendo la gestione di dati complessi. In altre parole parliamo di una mole di dati non processabile con i soliti modelli di statistica che superano quello che accade con l’intelligenza artificiale e il machine learning».

Oltre a supportarla per riprendersi il record dell’ora per la seconda volta ed entrare nella storia come prima donna a superare il muro dei 50 km/h, Fiocchi propone all’atleta anche un progetto lavorativo altrettanto sfidante che le consente di mettere insieme la formazione accademica all’applicazione pratica della topologia dei dati nel mondo reale. L’obiettivo è migliorare la vita delle persone: «Quando ero ad Oxford – continua Vittoria – mi sono occupata di topologia da un punto di vista matematico, ma è solo recentemente che si è entrati nella sua fase applicativa: dalla previsione dei tumori, grazie all’analisi del network delle cellule, alla medicina cardiovascolare, nella quale può essere molto utile per rilevare alterazioni»

«Ci sono però – continua Bussi – altri campi di applicazione. Se per esempio filmassi le immagini di un ponte e vedessi tutte le crepe che questo ponte ha, la topologia mi direbbe quali di queste crepe potrebbero dare dei veri problemi, scartando quelle non problematiche. In altre parole, mi consentirebbe di guardare non più la singola informazione, quindi la singola crepa, ma la forma geometrica nella sua complessità, una forma che quando cambia e racconta di certe caratteristiche, può indicare anche se quel ponte rischia di crollare o meno. Oppure, potremmo prevedere i rischi rispetto agli incidenti autostradali, lavorando contemporaneamente su una mole di dati che spaziano dal meteo al numero delle auto presenti in un determinato tratto, fino alle condizioni dell’asfalto, al numero dei camion sulla carreggiata e via discorrendo. Si tratta di problematiche molto complesse – conclude Vittoria – e parliamo di applicazioni che in Italia sono agli albori ma che all’estero trovano già applicazione nel campo della medicina e della finanza».

Rimanere fedeli a se stessi

Durante il percorso verso il secondo record dell’ora, Vittoria Bussi ha imparato a maneggiare progetti complessi elevando le proprie competenze gestionali e manageriali ma, soprattutto, ad accettare la propria unicità: «Come matematica, dopo il primo anno di preparazione al secondo record, sapevo che avrei potuto farcela. Oltre ai numeri, le formule, la determinazione e i sacrifici, la cosa più importante è stata accettare la mia unicità come atleta che inizia la propria carriera a 27 anni. Ho abbracciato questa mia diversità e ne ho fatto il mio valore, capendo che qualsiasi percorso possa fare una persona, l’unica cosa che conta è la fedeltà a se stessi».

Questo approccio le ha permesso di equilibrare ancora di più ragione e sentimento, dando loro un terreno fertile in cui far vivere e crescere la passione naturale per la matematica e quella indomabile per il ciclismo: «Lo scorso novembre ho sentito fortemente il bisogno di riprendere in mano la matematica e, al tempo stesso, affrontare un percorso sportivo e lavorativo altrettanto sfidante. In questo periodo mi sto allenando al velodromo di Aigle, in Svizzera, per il record nell’inseguimento individuale sui 3 km che proverò a settembre in Messico, dove ci sono le migliori condizioni possibili e, soprattutto prevedibili, rispetto ai livelli di densità dell’aria e a tutta una serie di parametri scrivibili in formule. Se il record dell’ora è stato come correre una maratona, in questo caso parliamo di tre minuti di adrenalina pura con uno sforzo fisico paragonabile a quello dei podisti che corrono i 1500 metri. Bisogna andare a 60 km/h nel minor tempo possibile, coprendo una distanza di 3 km».

Dal lato lavorativo, invece, l’intuito di Fiocchi è stato quello di far combaciare i due lati di Vittoria, quello matematico e quello sportivo, che per molto tempo hanno avuto una vita l’uno indipendente dall’altro: «Con Fabrizio – conclude Bussi – abbiamo pensato di portare in Italia una metodologia sulla quale all’estero si è già cominciati a lavorare, e che permette di dare un ordine a tutta questa intelligenza artificiale di cui si parla tanto in questo periodo. Perché la verità è che abbiamo talmente tanti dati a disposizione che non sappiamo che farci e come gestirli».

Scrive Guido Rubino, una delle penne più romantiche del ciclismo moderno: «C’è un rispetto nel mondo del ciclismo che diventa riconoscimento di valore. Perché se è vero che il ciclismo è superare le sofferenze più grandi, è anche vero che quella criniera bionda che sfodera levandosi il casco corrisponde al nome di Bussi Vittoria da Roma, il contrario di tutto rispetto a una carriera da ciclista. Una promessa di successo. Stringetele la mano se ne avete il coraggio».

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