Poche donne ai vertici della Pa, servono norme ad hoc

E’ occupato da donne meno del 20% delle posizioni ai vertici di università (18,4%), enti pubblici di ricerca (18,7%), ambasciate (14,4%), enti pubblici economici (18,5%) e organi costituzionali o a rilevanza costituzionale (18,9%); così come sono ‘rosa’ solo 19 posizioni su 90 di dirigenti generali centrali nei ministeri. Tra le altre posizioni dirigenziali, la maggiore presenza viene rilevata nei ministeri senza portafoglio (45,5%), a fronte di una media del 35% per i ministeri di maggior peso economico e politico.

Per quanto riguarda le partecipate pubbliche (quotate e non quotate), su 262 amministratori unici, solo 27 sono donne (il 10,3%). Servono dunque norme ad hoc per garantire un accesso paritario alle posizioni apicali, gestionali e operative nella pubblica amministrazione, compresi gli enti pubblici. E’ la proposta avanzata dalla Flepar, associazione avvocati, professionisti e tecnici sanitari, tenendo presente l’esperienza positiva della legge Golfo-Mosca.

Servono norme ad hoc

Ancora, il bilancio di genere del 2022 elaborato dalla Ragioneria generale dello Stato evidenzia come prosegua la crescita della presenza delle donne nei cda, arrivate al 42,9% per le quotate e a meno del 35% per le partecipate. Tuttavia, viene esplicitato, “non sempre la maggiore presenza delle donne tra i membri dei cda ha avuto come conseguenza il raggiungimento di posizioni di comando”: in circa tre quarti dei casi, infatti, le donne sono consiglieri indipendenti (ossia privi di deleghe gestionali/operative) e sono titolari di più di un incarico di amministratore.

Sulla base di questa fotografia, la Flepar ha lanciato la sua proposta nel corso dell’incontro a Roma sul tema ‘Rigeneriamo il sistema pubblico. Più donne nelle posizioni apicali’ con l’obiettivo, già a partire dal prossimo Def, di interventi su un doppio binario: estendere e rafforzare la legge Golfo-Mosca per le partecipate pubbliche, “focalizzando l’ambito di applicazione alle posizioni di amministrazione effettivamente gestionale e decisionale-operativo”, come quella di amministratore delegato o comunque con deleghe esecutive e operative. E varare una normativa specifica per estendere “l’obbligo della parità di accesso di genere ai ruoli apicali e direttivi centrali della pubblica amministrazione, ivi compresi quelli degli enti pubblici ove sono previsti consigli di amministrazione e organi di controllo”.

Parità di genere per la crescita

La Flepar ricorda che la parità di genere è anche una questione di competitività e crescita: i dati di diversi istituti pubblici e privati rilevano che l’aumento dell’occupazione femminile è associato alla crescita del Pil. Tra i dati più recenti, una ricerca del Boston Consulting Group ha evidenziato che nel 2022 le aziende con almeno il 30% di dirigenti donne hanno registrato un aumento del 15% della redditività, specificando che le aziende con almeno tre dirigenti donne registrano un aumento mediano del Roe superiore di 11 punti percentuali in cinque anni rispetto a quello delle aziende dirette solo da uomini.

La medesima ricerca ha dimostrato che, se donne e uomini partecipassero nella stessa misura all’imprenditoria, il Pil mondiale crescerebbe dal 3 al 6%. Secondo dati del World Economic Forum (2023), l’inclusione delle donne nelle aziende può aumentare il Pil mondiale fino al 35 per cento mentre per l’Istituto europeo per la parità di genere, ridurre il gender gap potrebbe portare a una crescita del Pil pro capite dell’Unione Europea dal 6,1% al 9,6% entro il 2050.

Una proposta normativa in arrivo

“Consegniamo al confronto con pubblico, istituzioni, esperti, politica e informazione le nostre proposte – ha sottolineato la segretaria generale della Flepar Tiziana Cignarelli – e agli esiti del dibattito la raccolta di contributi che porteranno, a costo zero per le casse dello Stato, all’estensione di un articolato normativo idoneo a spingere dall’alto il sistema ad avvalersi di più donne nelle posizioni di decisione e gestione di tutto il sistema pubblico per gli effetti positivi in termini di sviluppo e competitività generale, ma anche perché leve di un possibile cambiamento del modello di società che attualmente sta mostrando la propria profonda difficoltà a innovarsi e migliorare”.

E’ intervenuta all’incontro, tra gli altri, la sottosegretaria al Mef, Lucia Albano, che ha ricordato che con Giorgia Meloni prima presidente del Consiglio donna “è stato fatto un passo decisivo per rompere il soffitto di cristallo. Ma – ha aggiunto – dobbiamo continuare a lavorare, perché nella politica, nelle aziende, nel management più elevato le donne sono sottorappresentate. Servono quindi risposte, il Governo per questo è impegnato, anche perché sappiamo che le donne che lavorano hanno un impatto positivo sul Pil”. Il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, ha sottolineato a sua volta l’importanza di supportare l’attività lavorativa delle donne anche con “elementi all’interno dei contratti collettivi”, con “strumenti fra i quali smart working, part time, e incentivi di vario tipo”.

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