Era roccia, ora è montagna: la storia di Nasim Eshqi, climber iraniana

Le vie infinite della montagna indicano le vie possibili per andare oltre un mondo precluso alle donne. Nasim Eshqi è l’unica climber iraniana a praticare l’arrampicata all’aperto. È un’alpinista che ha conquistato montagne, aperto oltre un centinaio di nuove vie dal Medioriente all’Europa ma, soprattutto, grazie al suo coraggio, alla sua resistenza, è uno squarcio in un Paese, l’Iran, dove basta un hijab indossato non correttamente (e correttamente per chi, poi?) per finire nella terribile prigione di Vozara. Perché la polizia morale fa pulizia così, in modo sommario e accecata dalle regole della Repubblica islamica dell’Iran, ma Nasim ricorda a tutti che «nella differenza che caratterizza ognuno di noi ritroviamo un senso di uguaglianza mentre si arrampica: non ha alcuna importanza essere maschi o femmine, ricchi o poveri, iraniani o americani perché la forza di gravità tira giù tutti allo stesso modo. La sola cosa che conta è usare il cervello, i muscoli, l’istinto per trovare una via».

Quella che Nasim, insieme con Francesca Borghetti, racconta nel suo “Ero roccia. Ora sono montagna. La mia battaglia per la libertà delle donne in Iran e nel mondo”, un inno di libertà che tutte ci coinvolge e a ognuna di noi dice di guardare al prossimo cielo. Nasim nasce il 21 marzo 1982 a Teheran: è il giorno di Nowruz, il capodanno persiano, quasi che questa neonata avesse scritto già nella nascita l’inizio di un nuovo mondo. E con quel suo nome che in persiano significa “brezza”. Infanzia come tante, gioca con i coetanei, non sta mai ferma, poi, a nove anni, come nella consuetudine iraniana, con la “cerimonia del dovere”, il velo, i divieti e, a sostegno di una legislazione improntata alla subordinazione femminile, quella frase ripetuta in ogni occasione: il cervello di una donna è grande la metà del cervello di un uomo.

Nasim Eshqi. Foto di @monicadalmasso.com

Lei si finge maschio per continuare a vivere libera, a boxare sul ring, a curare il suo falchetto. Poi, all’università si apre un mondo: l’insegnante di fitness, la professoressa Mehrvarz, che molto aveva viaggiato all’estero, le conferma che fuori dall’Iran le donne sono star dello sport, acclamate nei palazzetti e sui campi di gara. La professoressa Shabboo le chiede di affiancarla nei corsi e grazie a questo impegno ecco le piccole entrate che determinarono una svolta, anche se tutto è buio intorno: «Tenevo i capelli corti perché non potessero essere strattonati. Per mio padre ero una vergognosa perché non stavo mai composta e non osservavo i precetti della religione. Una sera rientrai tardi e mio padre mi sbatté fuori di casa».

Nasim Eshqi in Germania. Foto di Frank Kretschemann

Aggrapparsi alla roccia come fosse una nuova vita, la vita sognata. Nessuno ferma più Nasim, duri allenamenti (sempre in palestre divise), molte uscite sulle aspre montagne dell’Iran, e fare attenzione a scalare con gli uomini perché la legge islamica lo vieta: «Il vestito lungo poteva incastrarsi nel dispositivo di sicurezza o il velo arrotolarsi nel meccanismo insieme alla corda stritolando il collo. Esisteva dunque un posto in cui l’obbligo di indossarli non c’era. In montagna le regole della città cedono il passo di fronte a una legge superiore, quella della natura, la salvaguardia della vita in montagna è più importante della religione».

I primi viaggi all’estero, per lavoro; poi, gli inviti ad arrampicare fino in Europa, di solito preclusa ai cittadini iraniani: le pareti attraggono Nasim come una calamita, e lei sale, sale portando con sé giovani donne e ragazzine che allena perché aprano le ali della libertà e coltivino i loro sogni. Tanti viaggi all’estero, ma sempre il desiderio di tornare in Iran perché il sistema si smonta dall’interno.

In carriera Nasim ha aperto più di cento vie fra Oman, Emirati Arabi Uniti, Armenia, India, Turchia e Georgia, e vie fino all’ottavo grado (8B), in stili differenti, ma con una preferenza per lo stile alpino. Nel 2018, Francesca Borghetti, antropologa e regista, scopre la sua storia, entrano in contatto e nasce – pur tra mille rischi corsi durante le riprese in Iran – l’idea del docufilm “Climbing Iran” (2020, disponibile qui su RaiPlay) e il progetto “When Mountains Speak”, grazie al quale Nasim apre nuova via sul Catinaccio, in Val di Fassa. È il 2023 e la via viene intitolata “Woman, Life, Freedom”, come lo slogan delle proteste scatenate dall’uccisione di Mahsa Amini.

Proprio dopo la rivolta di quei mesi, Nasim e il suo compagno Sina, ormai così conosciuti all’estero, hanno deciso di non fare più ritorno in Iran, troppo pericoloso per loro, e di continuare così a dar voce alle donne oppresse del mondo. Nasim è un Himalaya, i suoi capelli corvini al vento sono i sogni di milioni di donne incatenate sotto gli hijab e lo smalto delle sue unghie è energia. Le dita, aggrappate alla roccia, cercano qualche centimetro per incunearsi, e salire. Sono piene di piccole abrasioni e lo smalto si scheggia nel raggiungere la vetta, ma Nasim lo ripassa ogni sera. Come fosse una rivoluzione che è fatta di colore, femminilità e coraggio.

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Autrici: Nasim Eshqi, Francesca Borghetti
Titolo: “Ero roccia. Ora sono montagna. La mia battaglia per la libertà delle donne in Iran e nel mondo”
Editore: Garzanti, pagg. 170
Prezzo: 18 euro

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