È stato un viaggio straordinario, quello di Sara Gama con la maglia azzurra, un viaggio lungo quasi due decenni e 140 partite oltre i confini dei luoghi comuni fino a una nuova era di rispetto e pari opportunità per le donne che vogliono giocare a calcio. Ma c’è un errore nel tempo verbale usato dalla numero 3 della Nazionale, nel comunicare l’addio alla maglia azzurra con la gara Italia-Irlanda del 23 febbraio 2024. Il viaggio di Sara Gama, capitana delle Azzurre, non è stato straordinario, è straordinario. Perché certi atleti e certe atlete segnano un’era, un mondo nuovo che, da quel momento, è per sempre. L’era sportiva in cui Sara Gama ha traghettato il calcio femminile italiano ora è di tutte e di tutti. È presente e lo sarà per sempre.
L’alba di una calciatrice
Nata a Trieste nel 1989 da padre congolese e madre triestina, ha iniziato a giocare per strada con gli amici, tutti maschi, poi, un giorno, quando aveva 7 anni, la invitano a giocare con loro alla Zaule Rabuiese. Ecco l’alba di una calciatrice per sempre, centrocampista prima, baluardo della difesa in seguito: gli anni alla Polisportiva San Marco, poi al Tavagnacco e al Chiasiellis (in Friuli), l’arrivo a Brescia, lo sbarco negli Usa e al Paris Saint-Germain. E anche una laurea in lingue. Dal 2017 è alla Juventus Women, con cui ha vinto cinque scudetti, tre coppe Italia, tre supercoppe italiane, che si sommano ai trofei vinti a Brescia (uno scudetto, una coppa nazionale e due supercoppe italiane).
Capitana del cambiamento
Una bacheca che luccica ma il suo viaggio è straordinario per come ha cambiato da dentro il movimento, soprattutto nel percorso che ha portato il calcio femminile italiano al professionismo. Quando Sara Gama aveva vent’anni le tesserate erano poco più di 18mila, oggi sono più del doppio. In mezzo c’è stato il Mondiale esaltante in Francia quando l’Italia si è arrampicata fino ai quarti di finale della manifestazione, uscendo per mano dell’Olanda campione d’Europa.
Gli sponsor si sono accorti che le donne che fanno gol hanno un appeal incredibile e sfondano fra i giovanissimi e le giovanissime come esempi di fair play, dedizione e sogno. E a sognare Sara Gama ha insegnato per davvero a tutte le bimbe che l’hanno scelta come modello, e non solo perché c’è anche una Barbie con il suo volto.
Nel 2018, in occasione della festa per i 120 del calcio azzurro alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella, la capitana azzurra così aveva raccontato il lungo viaggio azzurro: «Noi ragazze abbiamo avuto una forza in più che ci ha mosso con moto costante ed è la forza che solo la capacità di sognare qualcosa di più grande ti può dare, questa forza è il coraggio di pensare di cambiare il volto del nostro sport in Italia».
Il calcio continua a cambiare stagione dopo stagione, le ragazze in gonnellone e scarpe con il tacco dell’immagine apparsa sulla rivista di moda Harper’s Bazaar, nel 1869, mentre tirano calci a un pallone sono storia, ma il viaggio è ancora lungo, lunghissimo per il calcio italiano se lo confrontiamo con i milioni che girano negli Usa o dei Paesi del Nord Europa.
Sara Gama lo sa meglio di molte altre colleghe perché ha già dimostrato di saper pensare da politica, da manager dello sport per provare a prendere in contropiede luoghi comuni e pregiudizi. La storia la aspetta ancora perché il viaggio del calcio è sempre straordinario.
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