Sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie italiane. È l’Istat questa volta a confermarlo, dopo che già a luglio il rapporto Ocse “Prospettive dell’occupazione 2023” aveva delineato uno scenario in cui l’aumento dell’inflazione e la debolezza dei salari vedeva l’Italia particolarmente sofferente. Si parla di oltre 5,6 milioni di individui.
L’incidenza a livello familiare si attesta all’8,3% e quella individuale arriva al 9,7% mentre, secondo i dati ricostruiti, nel 2021 i corrispondenti valori si attestavano rispettivamente al 7,7% e al 9,1%. In larga misura l’aumento è imputabile alla forte accelerazione dell’inflazione registrata nel 2022, risultata particolarmente elevata per le famiglie meno abbienti.
Chi vieve nelle condizioni peggiori?
In uno scenario in cui continuano ad aumentare i prezzi ma non i salari, la spesa equivalente ha registrato il livello della disuguaglianza. Una nota metodologica: il dato della spesa familiare equivalente tiene conto del fatto che nuclei familiari di numerosità differente hanno anche differenti livelli e bisogni di spesa. Utilizzando opportuni coefficienti, l’Istat può comprarare i livelli di spesa di famiglie di diversa ampiezza: ordinando le famiglie in base alla spesa equivalente, vengono divise in cinque gruppi di uguale numerosità (quinti). Il primo quinto comprende il 20% delle famiglie meno abbienti, l’ultimo quinto il 20% di famiglie più abbienti. Qui si registra che la spesa equivalente è diminuita del 2,5% per le famiglie meno abbienti, mentre per le famiglie più abbienti risulta aumentata dell’1,8%.
L’incidenza di povertà assoluta nel 2022 è più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: raggiunge il 22,5% tra quelle con cinque e più componenti e l’11,0% tra quelle con quattro. Segnali di peggioramento provengono dalle famiglie di tre componenti (8,2% da 6,9%). Il disagio più marcato si osserva per le famiglie con tre o più figli minori dove l’incidenza arriva al 22,3%; e, più in generale, per le coppie con tre o più figli (20,7%).
Per quanto riguarda i minori, nel 2022 la povertà assoluta in Italia interessa quasi 1 milione 269 mila minori (13,4%, rispetto al 9,7% degli individui a livello nazionale). L’incidenza varia dall’11,5% del Centro al 15,9% del Mezzogiorno. Si colgono segnali di peggioramento per i bambini da 4 a 6 anni del Centro, per i quali l’incidenza arriva al 14,2% dal 9,3%, ma anche per quelli dai 7 ai 13 anni del Mezzogiorno, per i quali si arriva al 16,8% dal 13,8% osservato nell’anno precedente.
Gli stranieri in povertà assoluta sono invece oltre un milione e 700mila, con un’incidenza pari al 34,0%, più di quattro volte e mezzo superiore a quella degli italiani (7,4%). Anche se come si è detto per gli italiani si è registrato un incremento della povertà assoluta a livello nazionale dal 7,4% dal 6,9% del 2021, di certo, se si prendono in considerazione i nuclei familiari con almeno uno straniero, i dati relativi alla povertà sono significativamente più elevati rispetto ai dati che riguardano i nuclei composti solo da italiani.
Le famiglie in affitto sono le più povere
Nel 2022 il 17,6% delle famiglie residenti in Italia paga un affitto; il 73,2% possiede un’abitazione di proprietà. Le elaborazioni dei dati Istat hanno annotato che l’incidenza di povertà assoluta varia anche a seconda del titolo di godimento dell’abitazione in cui si vive. Il 45% di tutte le famiglie povere sono in affitto, con un’incidenza dunque di povertà assoluta del 21,2% contro il 4,8% di quelle che vivono in abitazioni di proprietà. Entrambi i valori sono in crescita rispetto al 2021, quando l’incidenza era 19,1% per le famiglie in affitto e 4,3% per quelle in proprietà.
Considerando le differenti tipologie familiari in affitto, l’incidenza di povertà assoluta è più elevata per le famiglie con persona di riferimento fra i 45 e i 54 anni (pari al 24,7%), mentre per quelle con persona di riferimento anziana (65 anni e oltre) si nota rispetto al 2021 una crescita dell’incidenza per le famiglie (17,9% dal 13,3% del 2021). Peggiora la situazione per gli italiani in affitto e rimane stabile su valori decisamente più elevati, quella degli stranieri in affitto.
Quale Italia per il futuro?
Un dato che non bisognerebbe trascurare è che a livello nazionale la crescita dell’incidenza della povertà si registra soprattutto per le famiglie in cui la persona di riferimento (intestataria della scheda anagrafica) ha un’età tra i 35-44 anni, oltre che per le famiglie con minori e per le famiglie con stranieri. È solo la conferma di un allarme che già da tempo viene sollevato da più voci: questa Italia non si prende cura dei giovani, ha lasciato un’intera generazione in balìa del precariato e se ne è lavata le mani etichettandola come “generazione perduta” e ora sta facendo la stessa cosa con i Millennials, salvo chiedere a più riprese che si facciano i figli, quando spesso non si è nelle condizioni nemmeno per soddisfare il diritto abitativo.
Vero è che il report Istat mostra come l’incidenza della povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento della famiglia: l’istruzione è un salvagente contro la povertà? Può darsi, ma spesso dall’istruzione restano esclusi proprio quegli individui che già vivono in una condizione di marginalità dove il diritto allo studio è seriamente compromesso. E da questo impasse, solo una politica lungimirante e in grado di agire sulla complessità può portarci fuori.
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