Che noia lo stress, che stress la noia

Non ci sono più le mezze stagioni, ma abbiamo gli stati d’animo a cadenzare l’anno. L’ansia alle porte di gennaio e settembre, lo stress in autunno e primavera, l’impazienza a ridosso delle ferie, la noia intorno a ferragosto e nelle vacanze di dicembre. Un andamento certamente non universale ma comunque comune, dettato dai ritmi di vita e lavoro.

All’interno di questo scenario, lo stress ricopre un ruolo sempre più attuale, non solo perché secondo i dati 2023 del The Global Workplace di Gallup il 39% dei lavoratori in Europa lo sperimenta quotidianamente, ma anche perché sempre più frequentemente si intreccia alla noia. Un fenomeno diffuso, che nel 2020 ha addirittura trovato un nome: stresslaxing. Termine che indica i vissuti stressanti derivanti dal rilassarsi e mettere in pausa le proprie attività. Un loop, insomma. Mi riposo per alleviare lo stress percepito, ma il farlo lo alimenta, dal momento che il relax mi impedisce di occuparmi di ciò che mi causa stress. Vi suona familiare?

A differenza di quanto si potrebbe pensare, sebbene “stresslaxing” sia un neologismo, il meccanismo che ne sta alla base è stato studiato più di quarant’anni fa da uno studio dell’American Psychology Association e più recentemente confermato da un’altra ricerca nel campo. Secondo le evidenze, le persone che sperimentano ansia e stress indotti dal rilassamento, oscilla tra il 17 e il 53%.

Il rapporto con la noia

Tipicamente, le attività rilassanti sono attività che prevedono pochi stimoli e movimenti. Una condizione nella quale molte persone faticano a stare. Siamo infatti solitamente abituati a processare un gran numero di informazioni e a dedicarci a una quantità impressionante di attività quotidiane. Sul lavoro come altrove. Nelle (rare) occasioni in cui non abbiamo nulla da fare – o ci imponiamo di non averlo – è come se battessimo costantemente il piede in segno di insofferenza.

Un’insofferenza che il più delle volte viene mitigata dallo scroll sui social, dalla musica o dalla lettura di qualche notizia o articolo. Inficiando il nostro tentativo di prenderci una pausa. Non siamo (più) in grado di fermarci. Il vuoto che si crea nell’inoperosità ha un che di minaccioso, come se potesse fagocitarci e trascinarci via. O, peggio, metterci di fronte ai nostri pensieri. Che spesso sono invasivi e scomodi e ci ricordano – giusto appunto – tutto quello che dovremmo o potremmo fare al posto di riposarci, stare nella posizione del loto o far semplicemente scorrere il tempo, lasciando vagare la mente.
Eppure, la noia è funzionale al nostro stare bene. Le ricerche ci dimostrano infatti che è utile non solo per decomprimere e far riposare il cervello, ma anche per stimolare la creatività.

Perché rifuggiamo la noia?

L’abitudine alla sovra stimolazione e al sovraccarico di informazioni gioca sicuramente un ruolo nella nostra incapacità non solo di annoiarci ma anche, e soprattutto, di tollerare la noia. Eppure, le ragioni non si limitano a questo. La motivazione che forse più di tutte ci spinge a rifuggire i momenti vuoti è l’aver profondamente introiettato un modello sociale che non contempla il tedio. Il non far niente viene spesso considerato un atteggiamento da perdi tempo. Siamo costantemente bombardati da contenuti e conversazioni che ci ricordano quanto sia essenziale darsi da fare e raggiungere traguardi. La pressione sociale che ne deriva è spesso talmente forte da indurci a riempire il nostro tempo per non rischiare di sembrare noiosi, svogliati o poco ambiziosi.

Dovremmo invece essere in grado di rivendicare il nostro diritto al “dolce far niente” e alla noia che ne può derivare. Altrimenti, rischiamo di estirparla dalla nostra gamma delle emozioni – sì, è un emozione – e di anestetizzarci. Finendo per preferire comportamenti nemici al nostro benessere, pur di non sperimentarla. Lo dimostra uno studio nel quale è stato chiesto ai partecipanti e alle partecipanti di sedersi e pensare. L’unica attività che potevano svolgere in alternativa – solo se lo volevano – era particolarmente spiacevole. Potevano infatti auto infliggersi una scossa elettrica. Come pensate sia andata? Circa il 67% degli uomini e il 25% delle donne ha preferito darsi la scossa, pur di non stare seduto a pensare. Quando è stato chiesto loro perché, la risposta più frequente è stata: beh, stare seduti a pensare è davvero noioso.

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