“E pensare che c’era il pensiero”, 20 anni senza (e con) Giorgio Gaber

L’ultima immagine che abbiamo di Giorgio Gaber risale al febbraio del 2000, in quella che, da sempre, è stata la sua Casa. Il teatro. Seduto su una sedia, con la gamba sinistra distesa per alleviare il dolore causato da una poliomelite debilitante che non gli ha mai dato tregua. Fin da bambino.

Gaber sta portando in tournée la terza stagione di Un’idiozia conquistata a fatica, l’ultimo spettacolo (che si chiuderà in anticipo per l’aggravarsi dello stato di salute del Signor G) frutto di un sodalizio trentennale con l’amico di sempre, Sandro Luporini.

Il ritiro dalle scene teatrali, però, non ferma lo spirito di Gaber, che un anno dopo riappare in pubblico. Anche se soltanto in due occasioni. La prima, per registrare l’album La mia generazione ha perso. La seconda in tv, luogo a lui ostico ma per il quale fa un’ultima eccezione. Non è il fascino della prima serata su Rai Uno a convincerlo, né le luci o lo share (che su di lui non hanno alcun effetto se non respingente) ma la presenza rassicurante di tre suoi grandi amici: Adriano Celentano, Dario Fo ed Enzo Jannacci.

A loro, e a quella serata, probabilmente si deve anche la voglia di Gaber di rimettersi al lavoro per un nuovo disco, a soli sei mesi dall’uscita dell’ultimo. Io non mi sento italiano verrà pubblicato postumo, a seguito dell’ulteriore aggravarsi della malattia. Se ne va, solo fisicamente, il 1 gennaio del 2003. Troppo presto per un Paese come il nostro, per molti aspetti assuefatto e che ha bisogno di scosse continue per reagire. Specie in un momento storico come quello attuale.

Ricordare il Signor G

Ma chi era nel profondo Giorgio Gaber? Come si è evoluto il suo pensiero negli anni? E cos’è rimasto della sua eredità? Ma soprattutto, come avrebbe parlato alla Generazione Z? Ci sarebbe stata, forse, una Generazione G? Sono solo alcune delle domande che hanno spinto la Fondazione Gaber a realizzare una serie di iniziative in occasione del ventennale dalla scomparsa del Signor G. Per ricordarlo, festeggiarlo e portare alla luce tanto materiale inedito sfruttando la potenza e l’utilità del digitale.

Il primo contributo è stato annunciato lo scorso 25 gennaio (giorno del suo compleanno). Si tratta di un docufilm scritto e diretto da Riccardo Milani, da sempre grande estimatore della figura e dell’opera gaberiana che, tra i tanti successi, ha di recente convinto e commosso pubblico e critica con uno splendido documentario dedicato a Gigi Riva.

Il primo ciak è stato battuto lunedì 30 gennaio a Milano (la messa in onda nell’autunno 2023) nella casa di Giorgio Gaber e Ombretta Colli, e segna la prima iniziativa cinematografica intrapresa in stretta collaborazione con gli eredi nonché la più importante per la Fondazione Gaber all’interno di questo progetto: “Riccardo è la persona che meglio di chiunque altro può raccontare il Signor G. Lo conosce, lo stima, lo ha visto varie volte a teatro e pensiamo che sia senza dubbio colui che può tratteggiare il carattere del Gaber uomo e artista – hanno dichiarato Paolo Dal Bon e Dalia Gaber, rispettivamente presidente e vice presidente della fondazione – e ringraziamo RAI Documentari per aver voluto questo progetto che sarà arricchito da un grande repertorio, a cominciare dalle stupende immagini del teatro canzone che lo stesso Gaber ha voluto realizzare sul palcoscenico di quello che oggi si chiama Teatro Lirico Giorgio Gaber”.

Palco Gaber

E a proposito del Teatro Lirico Gaber, al suo interno, di recente è stato inaugurato il PALCO GABER, un’installazione multimediale realizzata in collaborazione con Intesa Sanpaolo e pensata per raccontare contenuti speciali e inediti del poliedrico cantautore milanese. I totem, disponibili in due inedite ed esclusive postazioni sempre attive per tutto il 2023, non sono altro che schermi touch (dotati di cuffie) costruiti grazie alle nuove tecnologie utilizzate nelle più importanti esposizioni artistiche internazionali.

PALCO GABER offre un’ampia selezione di contenuti: dalla gallery di scatti inediti ai video rari di alcune esibizioni, dalla playlist con le canzoni e i testi più iconici della discografia gaberiana fino agli approfondimenti biografici, alle interviste e testimonianze di personaggi del mondo dello spettacolo, della musica e delle istituzioni vicini a Giorgio Gaber. E non è tutto, perchè i totem contengono anche le puntate del nuovo podcast “E pensare che c’era il pensiero”, per una panoramica a 360 gradi dell’artista più rivoluzionario del nostro secolo.

“E pensare che c’era il pensiero”

Ed è proprio questo podcast a celebrare in modo nuovo e fresco un intellettuale unico (e probabilmente irripetibile), restituendolo alla Generazione Z attraverso un formato fruibile e, in un certo senso, “virale”. E pensare che c’era il pensiero, infatti, rappresenta in toto un progetto esclusivo e originale per la natura dei suoi contenuti. La cura editoriale è di Lorenzo Luporini, nipote di Giorgio Gaber, autore di riferimento per la Gen Z e voce introduttiva di ogni episodio.

Il percorso sonoro, ad eccezione delle prime due puntate, è cronologico. E rappresenta anche uno spaccato storico-sociale del nostro Paese nel periodo 1970-2000. La voce principale è quella di un Giorgio Gaber che si racconta tramite alcune interviste d’epoca restaurate e rimasterizzate per l’occasione, intervallate da monologhi e canzoni commentate per la prima volta dall’autore stesso, che ne svela aspetti inediti e spesso sorprendenti.

In chiusura, c’è sempre una testimonianza degli artisti che hanno scelto di omaggiare il cantautore, tutte raccolte dalla Fondazione Gaber in questi 20 anni di attività. Da Lucio Dalla a Pino Daniele, da Dario Fo a Cesare Cremonini passando per Paolo Jannacci, Ligabue, Franco Battiato (di cui Gaber fu scopritore e primo produttore) e la PFM. Occasionalmente, poi, anche contributi inediti di persone che hanno vissuto accanto a Gaber e che più di chiunque altro possono fornire chiarimenti e svelare inediti “dietro le quinte”.

Le iniziative della fondazione

Per raccontare Gaber nell’anno del ventennale, l’omonima fondazione ha pensato anche a due ulteriori progetti, uno editoriale e l’altro digitale dedicato al teatro canzone. Anche in questo caso il desiderio è lo stesso: regalare un prodotto fruibile a tutti. Dai gaberiani della prima ora a quelli che lo sono diventati da qualche anno, fino ai giovani che non hanno avuto la possibilità temporale di ascoltarlo.

“Io parlo attraverso i miei spettacoli, così esprimo le mie idee e racconto quello che sono. Quando dico le stesse cose a un giornalista, ecco, mi vengono sempre peggio”. Descriveva così, Giorgio Gaber, il suo rapporto con il giornalismo in generale. Il virgolettato lo terrorizzava, perché (a suo dire) sottraeva tono, espressione ed empatia al contatto umano. Ma la sua memoria, ancora oggi viva e pulsante, andava raccontata anche attraverso la magia della carta.

Così è nata Gaber racconta se stesso, una speciale monografia edita da Sprea Editori (che si inserisce in una serie di eccellenti pubblicazioni dedicate ai protagonisti dello spettacolo), ricca di contenuti d’epoca, recensioni, foto, articoli e interviste. Un volume da collezione con una preziosa copertina lavorata a caldo, disponibile nelle edicole e acquistabile online sia in formato cartaceo che digitale: “Al di là di tutti i legittimi dubbi e ritrosie di Giorgio nei confronti delle interviste – ha dichiarato la fondazione – abbiamo selezionato quelle dichiarazioni che, a nostro avviso, rispecchiano meglio il suo pensiero, confortati in questa ricerca dall’intima conoscenza con la persona oltre che con l’artista“.

Non c’è torta senza la sua ciliegina. A completare il ciclo di attività della Fondazione Gaber c’è il progetto audio-digital dedicato al teatro canzone: REMASTER-G. Su tutte le piattaforme digitali, ogni mese viene pubblicato un album dell’ampia produzione teatrale realizzata dalla coppia Gaber-Luporini, con rinnovate qualità audio che esaltano le sonorità e le adeguano alla modernità digitale. E pensare che c’era il pensiero, Il teatro canzone e Far finta di essere sani, sono solo alcuni dei titoli di cui si può godere e fare memoria. Ad un orecchio attento, sembrerà che Gaber sia ancora vivo. Non solo per la voce profonda e strutturata con cui canta e recita (molto è merito del teatro, moltissimo del suo talento), ma soprattutto per la disarmante attualità degli argomenti trattati che sembrano scritti ieri.

A vent’anni dalla sua scomparsa, oggi, grazie all’impegno della Fondazione e alle possibilità offerte dagli strumenti digitali, chi non ha conosciuto Giorgio Gaber o lo ha solo incrociato rimandando a un “dopodomani” infinito un ascolto più approfondito, può colmare quel vuoto che il Signor G riempiva con la sua presenza scenica e la sua imprevedibilità. Non dava certezze Gaber. Ma dubbi sempre. Per andare davvero “oltre”, spiccare il volo e cominciare a volare. Sul serio. E pensare che c’era Giorgio Gaber: che fortuna che abbiamo avuto. E che grande occasione che abbiamo.

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