Cosa sta succedendo alle relazioni?

Nella mia famiglia non ci sono divorzi. Per lo meno fino ad ora. Sono cresciuta nell’immaginario che il matrimonio duri. Ricordo una conversazione con mia madre una decina di anni fa: si stupiva che io e molte delle persone nel mio giro di amicizie, avessimo relazioni che duravano da qualche anno. Sosteneva che quando lei aveva la mia età, questo fosse raro. Non so quanto fosse trasversale e diffusa la cosa, ma è una conversazione che mi è rimasta impressa.

Nel frattempo, sono arrivati i social e le app per incontrare persone, il Covid ha annientato coppie, matrimoni e speranze e fatto nascere parallelamente amori che probabilmente mai avrebbero preso forma. Ancora, si è cominciato sempre più a parlare di forme relazionali alternative alla monogamia e i “per sempre” sembrano nel mentre essere evaporati.

A tal proposito, risuonano le parole di Bauman che già nel 2003, nel suo libro “Amore liquido”, si interrogava sulle relazioni nella società del consumo. Il celebre sociologo scriveva infatti di come oggi i rapporti vengano mossi da motivi di necessità e opportunismo e siano sempre più precari. Se l’amore implica compromesso, impegno e sforzo, sembra non esserci più la volontà di perseguirlo. Pare si sia di fronte a una cultura del sacrificio che – tanto in amore quanto sul lavoro – si è persa. È davvero così?

Oggi le persone si sentono spesso sole. Cercano legami per placare solitudine e angosce e allo stesso tempo rifuggono relazioni stabili e definitive per paura di un impegno totalizzante. Se c’è altro oltre il lavoro – leitmotiv sempre più diffuso – forse c’è altro anche oltre l’amore. Sembrano dirci. Per lo meno in riferimento a quello tradizionalmente inteso.

È questo il punto nevralgico della questione. Nelle relazioni sta forse avvenendo quanto avviene in ambito professionale. La cultura del sacrificio è messa in discussione ma non si possiede (ancora) un’alternativa valida, socialmente accettata come tale. Si è legati all’idea di famiglia, ma ci si rende conto che sposarsi e fare figli non può – e non deve – essere una tappa obbligata.

Prendono così forma nuove costellazioni relazionali e familiari, si mette in discussione il “finché morte non ci separi” e ci si ritrova spaesati in uno scenario liquido. I vecchi modelli stanno saltando ma i nuovi faticano a delinearsi e, di conseguenza, ad affermarsi.

Siamo in una fase di transizione, nella quale è lecito sperimentare e sperimentarsi. Non esiste una forma relazionale giusta a prescindere: è essenziale trovare quella che fa star bene, nel rispetto e nel consenso reciproco. E forse, vale la pena andare a riscoprire qualche pensiero sull’amore. Riflessioni che possono suonare di altri tempi, ma che, se lette attentamente, possono offrire spunti e domande da cui (ri)partire. Ecco allora le parole di Erich Fromm, psicoanalista e filosofo tedesco:

Amare qualcuno non è solo un forte sentimento, è una scelta, una promessa, un impegno. Se l’amore fosse solo una sensazione, non vi sarebbero i presupposti per un amore duraturo. Una sensazione viene e va.

Nella mia famiglia di certo sono state prese scelte e sono stati mantenuti impegni. Ne riconosco il valore, ma so anche che decisioni e dedizione possono esistere in forme relazionali diverse dalla monogamia o in relazioni che durano anche solo qualche mese. In tutta questa liquidità, preferisco avere domande, anziché risposte. Sono favorevole ai “non so” e al concedermi di immaginare scenari alternativi possibili. Conscia che forse ha ragione Bauman: abbiamo perso un po’ di capacità di sacrificio. Ma l’abbiamo persa nei riguardi di progetti di vita che non ci appartengono.

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