Basta un click per ritrovare la serenità? Con l’aumento dei disturbi da ansia, stress e depressione portati dalla pandemia, sono nate moltissime nuove piattaforme di psicoterapia online: Serenis, Unobravo, InTherapy, per citarne solo alcune. Il digitale ha portato la psicoterapia sugli schermi di computer e smartphone, e anche attraverso i social, il ricorso alla terapia si è sdoganato. Bene, senza dubbio, ma aspettative, bisogni e risposte riescono sempre a coincidere?
Dal lato dei pazienti
«Ho avuto paura per molto tempo della terapia. Paura di scavare e di tornare a soffrire. Poi, ne ho parlato con un’amica che aveva iniziato a fare delle sedute online durante la pandemia e ho deciso di iniziare un percorso. A oggi posso dire che mi ha cambiato la vita». A parlare è Marisa, 35 anni e un passato irrisolto che le ha impedito di andare avanti a lungo. Poi, la svolta guardandosi dentro con l’aiuto di un professionista incontrato grazie alla forma più tradizionale e più efficace di conoscenza: il passaparola.
«Lavoravo in un ambiente tossico, in cui il mio manager non sapeva cosa fosse il rispetto per le persone. Eppure, paradossalmente, la società metteva a disposizione uno sportello d’ascolto per disagio psicologico: all’ennesimo episodio di attacco di panico, ho pensato di provare, ma ho temuto che si potesse sapere e che potesse ritorcersi contro di me. Così, mi sono rivolto alla psicoterapia online: mi sono sentito protetto nella mia privacy e più libero» confida invece Marco, 40 anni, consulente in una multinazionale.
Casi come quelli di Marisa e Marco sono tantissimi. Secondo l’ultima indagine BVA Doxa e Mindwork, condotta su dirigenti, white collar e blue collar, il 75% dei lavoratori under 34 si è dimesso almeno una volta per motivazioni legate alla propria salute psicologica. E il dato è in aumento soprattutto tra i più giovani. Secondo la Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, il 20% dei bambini e degli adolescenti italiani mostra segni di un disturbo d’ansia, il 25% di depressione con disturbi neuropsichici in aumento.
L’OMS, infatti, avverte da tempo: la depressione è il male del secolo. Una situazione che la pandemia ha peggiorato notevolmente. L’Ente Nazionale Previdenza e Assistenza Psicologi, infatti, afferma che nel 2021 gli italiani hanno usufruito di 1,7 miliardi di euro di prestazioni psicologiche, il 25% in più dell’anno precedente. Smettere di guardare alla terapia con diffidenza è, perciò, fondamentale. E i nuovi linguaggi, incluso i social, stanno facendo moltissimo in questa direzione.
La voce degli esperti
«Il Covid è stato uno spartiacque: la psicoterapia online, che prima era solo un’evenienza da utilizzare in casi eccezionali, è diventata l’unica risposta possibile e ha spinto sia pazienti che professionisti del settore a cambiare attitudini e aspettative» chiarisce la dottoressa Barbara Poletti, responsabile Centro Neuropsicologia – U.O. Neurologia e Stroke Unit – Auxologico San Luca, che sul tema ha co-condotto una review.
Dall’analisi è emerso che l’adozione di una modalità terapeutica a distanza, tramite internet, potrebbe garantire continuità terapeutica con i pazienti in carico e permetterebbe di raggiungere tutti coloro che hanno bisogno di supporto in un momento di difficoltà.
«Nonostante lo scetticismo di terapeuti e pazienti – spiega Poletti – la telepsicoterapia può rappresentare un’efficace alternativa alla terapia tradizionale. In particolare, tale efficacia è stata riportata anche in merito a condizioni psicopatologiche tipicamente associate allo scoppio di epidemie virali, come ansia, depressione e disturbo post-traumatico da stress».
In effetti, sono molti gli studi che attestano l’efficacia del digitale per la terapia: tra questi, uno studio condotto dal Dipartimento di Psicologia dell’Università del Texas, secondo il quale la videoterapia o video-delivered psychotherapy, è una modalità di erogazione della psicoterapia non solo fattibile e ben accolta dai pazienti, ma anche efficace, capace di produrre risultati equivalenti a quelli della terapia erogata in presenza.
«Non tutte le forme di psicoterapia sono efficaci allo stesso modo se trasportate online, ma alcune hanno un’efficacia anche maggiore, come per la terapia cognitivo-comportamentale – afferma Gabriele Caselli, direttore scientifico inTherapy e professore di Psicologia Clinica Sigmund Freud University -. In altri casi, invece, la terapia online potrebbe colludere con la sofferenza emotiva del paziente. Bisognerebbe valutare con coscienza se la terapia digitale può essere un limite per gli obiettivi che ci poniamo: pazienti con vissuti emotivi intensi potrebbero trovarsi improvvisamente in una condizione di vulnerabilità e la terapia in presenza è l’unico modo per contenere la risposta».
Tecnologia, ma anche relazione
Non solo, nella psicoterapia online va considerata anche la gestione della tecnologia: «Una scarsa familiarità con la tecnologia e gli strumenti di comunicazione online, così come l’incombenza di problemi tecnici durante le sedute, sono stati riconosciuti come possibili minacce alla riuscita terapeutica. – aggiunge Poletti – Allo stesso modo, la necessità di un’inaspettata transizione da una modalità terapeutica all’altra potrebbe risultare destabilizzante, in particolare per la possibilità di ricreare l’intimità e la sicurezza del setting terapeutico in presenza».
Scegliere dove e quando tenere una seduta è, infatti, centrale. «Dobbiamo assicurarci che la terapia sia condotta in un luogo in cui viene tutelata la privacy: se i miei disturbi sono collegati all’ambiente in cui vivo, ad esempio, potrei non riuscire a esprimermi liberamente se mi collego da casa. O ancora, non dovremmo accettare situazioni limite, come una seduta in mezzo al traffico» rinnova Poletti.
Dunque, va bene essere efficienti e rispondere alle nuove esigenze dei pazienti, ma occhio a non mettere in secondo piano l’elemento centrale della psicoterapia: la relazione.
«Non siamo una categoria chiamata a toccare il paziente, tranne in alcuni casi, ma abbiamo bisogno di rispettare alcune chiare condizioni di spazio e di tempo. Inoltre, dobbiamo essere coscienti del fatto che non tutte le patologie sono trattabili a distanza. Nei casi di psicosi o di gravi disturbi della personalità, è necessario un radicamento diverso, perciò dovremmo preferire la terapia in presenza» – continua l’esperta. E aggiunge: «La chiave è la sartorializzazione della consulenza e le piattaforme dovrebbero essere in grado di valutare la gravità del paziente e di indirizzarlo alla tipologia più efficace di terapia».
La prima visita per questo è fondamentale: «È in questo momento che facciamo una valutazione psico diagnostica e capiamo cosa proporre al paziente. Nel caso di InTherapy, ad esempio, i due terzi delle terapie oggi sono condotte online, ma resta una parte dedicata all’incontro in presenza. A valutare la strada da percorrere è un case manager: una figura specializzata nel comprendere il malessere del paziente, fornire un referto sanitario sul suo stato di salute e sulle sue vulnerabilità e proporre l’opzione migliore, accompagnandolo durante il percorso» chiarisce Caselli.
La risposta delle piattaforme
Serenis, ad esempio, specifica quali sono i casi trattati direttamente sul sito chiarendo che restano fuori disturbi di ADHD, autismo, disordini motori, neurosviluppo, psicosi e schizofrenia: «Qualora si rivolgesse a noi una persona che non può essere trattata online, la accompagniamo verso un percorso in presenza facendo rete o suggerendo consultori o associazioni territoriali – spiega la founder Silvia Wang -. Ciò implica la sinergia tra specialisti, permettendo a tutti i professionisti di essere correttamente informati e di orientare l’intervento nella maniera più consona».
Perciò, è vero che il setting è fondamentale, ma la psicoterapia online rappresenta un valore aggiunto secondo Wang: «Chi non ha tempo per recarsi allo studio del terapeuta non deve rinunciare alla terapia: può fare un colloquio durante la pausa pranzo, magari in auto, fermo nel parcheggio, se teme di non avere la giusta privacy sul posto di lavoro. È una cosa che si faceva già in passato con la terapia al telefono. Oppure – continua – può capitare che una mamma debba fare una seduta con il proprio neonato in braccio o accanto, perché senza aiuti esterni. Anche in un caso simile, l’accudimento del bambino non rappresenta di per sé un ostacolo, purchè non diventi un motivo di stress per la paziente».
Per Danila De Stefano, founder di Unobravo, è indispensabile creare uno spazio mentale in cui ci si possa concentrare sui propri pensieri e sulle emozioni. «Sebbene l’opzione online offra maggiore flessibilità, è importante garantire un ambiente “sicuro” dal punto di vista emotivo e della privacy. Le condizioni che non accettiamo sono quelle che clinicamente riteniamo che debbano essere affrontate in presenza o in supporto multidisciplinare con altri professionisti. I nostri psicologi e psicoterapeuti studiano le nostre policy interne, scritte e studiate sulla base anche del Codice Dentologico degli psicologi italiani, così da essere allineati a quelle che sono le best practice che consigliamo».
Inoltre, qualora si presentasse la necessità di colloqui frontali in studio per situazioni d’emergenza, per cure psichiatriche urgenti, per esigenza di seguire una terapia per ordine di un tribunale, o per i casi che per nostra policy, non vengono accettate consulenze online, ma i terapeuti aiutano i pazienti a rintracciare e contattare il servizio in loco più idoneo.
«Ricordo però – continua De Stefano – che negli Stati Uniti già più di dieci anni fa venivano pubblicati studi scientifici che dimostravano l’efficacia della terapia svolta da remoto per il trattamento di condizioni di sofferenza psicologica come depressione, disturbi d’ansia o disturbo post-traumatico da stress, ma anche gioco d’azzardo patologico o dipendenza da alcool. È importante ovviamente sempre tener conto della specificità dei bisogni portati dalla singola persona».
Il ruolo del terapeuta
A fare davvero la differenza è, quindi, il terapeuta. Spetta al professionista valutare le condizioni migliori per una psicoterapia. «La valutazione clinica del paziente, del suo rischio auto-lesivo o suicidiario, è molto delicata, per questo la formazione è fondamentale. Il rischio è che oggi un’eccessiva esposizione mediatica degli psicoterapeuti vada a banalizzare la professione e a mettere il paziente in una posizione di compiacenza» rileva Caselli.
Un pericolo avvertito anche dalla dottoressa Poletti: «Le nuove generazioni hanno sdoganato il ricorso alla terapia anche grazie alla potente voce dei social e sempre più psicologi ricorrono a pagine e profili online per promuoversi, ma spesso ne fanno un uso inadeguato. Un video di pochi secondi su TikTok rischia di mandare messaggi distorti, per questo anche la comunità scientifica sta lavorando per dare ai professionisti indirizzi e strumenti adeguati».
Un tema, quello della formazione, su cui si stanno muovendo anche le piattaforme: «Selezioniamo i terapeuti anche rispetto alle loro capacità digitali e li formiamo sulle pratiche da adottare con la piattaforma. Inoltre – spiega Wang – tutti i terapeuti hanno a disposizione, oltre all’assistenza di Serenis, anche momenti di supervisione, intervisione e formazione. Le accortezze che devono avere specificatamente per l’online sono: una connessione stabile, un setting adeguato con una buona illuminazione e un microfono adatto».
Per Unobravo, invece, non è consigliabile “improvvisarsi” terapeuti online ed è fondamentale che i professionisti siano formati adeguatamente per poter svolgere psicoterapia da remoto. «Per questo – precisa De Stefano – forniamo formazione e supporto continuo sin dall’inizio del percorso, compresi interventi ad hoc e supervisioni per coloro che incontrano difficoltà nella gestione delle sedute online o in situazioni cliniche complesse».
In digitale o in presenza, dunque, l’obiettivo finale di una terapia resta sempre – o almeno così dovrebbe essere – il benessere delle persone, sia dei pazienti che dei professionisti.
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